Omelia (18-05-2024) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su Gv 7,37-39 Questo vangelo è un grido, un appello urgente di Gesù. Molti confessano di sentirsi come "un vulcano spento". Anche noi tante volte ci troviamo in un deserto, ci sentiamo aridi. Gesù vuole irrigare tutta la nostra vita con lo Spirito Santo. Il progetto di Dio su di noi è lo Spirito; e lo Spirito è dentro di noi. Il dono dello Spirito è molto particolare perché non è separabile dal donatore, da Gesù, che è dentro di noi. Lo scopo del nostro percorso è imparare ad ascoltare la voce di Gesù dentro di noi. Per questo è importante la preghiera in silenzio, davanti a Gesù. Anche noi dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo parlare con lui. La verità nasce proprio da questo dialogo tra Gesù che ci parla e noi che gli parliamo. Gesù dice che sgorgheranno "fiumi di acqua viva". Dal costato di Gesù crocifisso e trafitto dalla lancia escono sangue e acqua: sono questi i fiumi di acqua viva. È molto importante che questi fiumi di acqua viva escano da una ferita. Noi abbiamo paura delle ferite, di essere feriti, ma queste sofferenze sono la finestra attraverso la quale passa l'amore e dunque non dobbiamo temere le ferite della vita. L'amore esce da quest'uomo che dà la vita, dalla sua ferita. Impariamo anche noi a far uscire l'amore dalle nostre ferite. Gesù dice che c'è una condizione sola perché tutto questo accada: "CHI HA SETE". Perché tutto questo avvenga bisogna fare una cosa molto semplice: avere sete. S. Agostino ha detto che la fede è desiderio. L'amore ha sempre fame e sete. Sarebbe molto bello se noi avessimo sempre fame e sete di Dio; allora sarebbe sempre Pentecoste.
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