Omelia (01-06-2024)
Missionari della Via


«Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l'autorità di farle?». Sono le domande che gli scribi, gli anziani e i capi dei sacerdoti rivolgono a Gesù. Sono le domande che pongono coloro che hanno un ruolo di potere e si vedono minacciati perché hanno paura di perdere il consenso del popolo. Ancorati al vecchio modo di pensare e di agire hanno paura del nuovo che irrompe. In fondo, tante volte è anche il nostro pensiero! Anche noi siamo spesso ancorati ai nostri ruolo, ai compiti di servizio anche in chiesa e, credendoli possessi, vediamo gli altri come nemici usurpatori dai quali difenderci. Anche noi siamo spesso quelli che dicono: "ma si è sempre fatto così!", finendo col ridurre le nostre liturgie, le nostre iniziative a inutili riti privi di ogni fecondità; quando sarebbe invece bene chiedersi: "Stiamo moltiplicando le attività ma stanno portando frutto?". Siamo molto attenti ai numeri di coloro che partecipano a iniziative varie ma non ci domandiamo se quello che facciamo sia comprensibile e utile per la loro fede e le loro vite! Con quanto dolore vediamo a volte consacrati e pastori della chiesa che, invece di pascere il gregge a loro affidato, pascono se stessi e la loro poca umiltà! Preghiamo il Signore affinché illumini coloro che esercitano ruoli di potere, affinché siano autorevoli e non autoritari, siano padri e non padroni.

«Gli scribi e gli anziani del Vangelo di oggi si comportano come quei commercianti che invidiosi dell'apertura di un nuovo locale vicino al loro, mandano i vigili urbani, la finanza e i Nas a verificare che tutte le carte siano a posto. Di fondo non c'è amore per la legalità ma invidia e paura che qualcuno possa rubare la scena, il guadagno, i clienti. Gesù non è ascoltato da queste persone. Questa categoria di persone ha troppa paura e troppa invidia per poter ascoltare Gesù. E la cosa più triste è che smascherati continuano a fare i furbi. E a chi non è leale non si può nemmeno dare una cosa vera. È infatti forse il problema di tutti noi, che facciamo fatica a riconoscere nell'atteggiamento di questi scribi e di questi anziani la nostra medesima mentalità. Il più delle volte infatti a noi interessa cadere in piedi e non prendere sul serio la verità che Cristo è venuto ad annunciarci. Invece una fede autenticamente cristiana innanzitutto è l'esperienza di lasciarsi mettere in crisi dal messaggio di Cristo. Di sentire rivolte personalmente a ciascuno di noi le sue parole. Di smettere di volerlo manovrare e interpretare a nostro piacimento. E soprattutto di pensare che Gesù è venuto a "toglierci qualcosa". Il cristianesimo non inizia quando smettiamo di sbagliare, ma quando cominciamo ad essere così leali da ammettere i nostri sbagli» (don Luigi M. Epicoco).