Omelia (02-06-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Eucarestia: Gesù c'è davvero e del tutto

Asceso al Cielo, Gesù conferisce lo Spirito Santo e in virtù di Questi ci ragguaglia che il Dio al quale ci affidiamo è una Trinità. Inoltre, già prima di tornare nella perenne sfera del Divino, aveva fatto una promessa solenne ai suoi: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo." (Mt 28, 20). L'aveva fatta mentre dava loro il mandato di viaggiare per ogni luogo e destinazione e recare a tutti l'annuncio della sua Resurrezione e della vita nuova, e questo aveva incoraggiato gli apostoli che manifestavano zelo e impegno nella loro missione e nelle loro intraprendenze, anche perché corroborati dallo stesso Spirito, che appunto attualizza la presenza di Gesù Risorto e la rende esplicita e manifesta. Gesù risuscitato non muore più e vive per Dio (Rm 6, 9 - 10). Oggi siamo invitati a considerare con più attenzione una particolare forma di presenza di Gesù, che va oltre la semplice ideologia e supera anche i canoni della spiritualità: Gesù non è solo presente nello spirito, non si limita alla memoria, ma la sua presenza è reale, indubbia e sostanziale: si tratta dell'Eucarestia, il Pane vivo disceso dal cielo.
Questo Sacramento non perdura in una particolare circostanza o nell'arco di tempo in cui esso mostra la sua efficacia, ma protrae la sua attualità ad oltranza, in modo tale che Gesù Cristo sia presente in ogni istante e di una presenza efficace pari a quella che di lui si esperiva in Galilea e in Giudea. Nell'Eucarestia, presenza reale a sostanziale, Gesù vive con noi in ogni parte del mondo, finché ci sarà un sacerdote che vorrà celebrare questo Sacramento. E allo stesso modo, egli sarà operante e fautore di doni e di grazie.
Di cosa si tratta effettivamente? Della memoria della cosiddetta Ultima Cena, nella quale Gesù, di fronte agli sguardi attoniti e smarriti degli apostoli, prende del pane e lo distribuisce loro esprimendosi in questi termini: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo". Spezzare il pane equivaleva nella gestualità allora vigente a donare interamente se stessi, a suddividersi per gli altri in una generosa oblazione disinteressata. Ripartire il pane significava comunicare il proprio amore la cui massima espressione sarebbe stata il sacrificio. E Gesù in effetti in quel gesto singolare allusivo fa' dono di sè, offre la propria vita e inequivocabilmente si autoconsegna per la salvezza dei suoi e di tutti. Le parole che seguono "Questo è il mio Corpo", infatti, non consentono devianze ermeneutiche di interpretazione: esse significano esattamente "Questo Sono Io" che mi offro gratuitamente e senza riserve a voi. Gesù si identifica con il pane che sta elargendo in dono e offre se stesso come alimento. Ma c'è di più: nelle parole pronunciate di fronte al calice: "Questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza" Gesù sottolinea non soltanto che il vino in esso contenuto è veramente il suo Sangue, ma che esso viene versato per il nostro riscatto, che questo Sangue espia i nostri peccati e ci riabilita davanti a Dio. Nella Bibbia il sangue delle vittime animali è stato segno di Alleanza fra Dio e il suo popolo, come nel caso dell'aspersione del sangue animale di Mosè su tutto il popolo e nel sangue di capri e di agnelli avviene il sacrificio espiatorio di tutti i peccati. Nel Sangue di Cristo sulla croce prefigurato dal segno sacramentale del vino si realizza l'alleanza definitiva ed esaltante che raduna tutti gli uomini salvati nel Cristo.
In sintesi, in questo duplice gesto Gesù si rende presente nel pane e nel vino e al contempo rende manifesto in anticipo ciò che gli accadrà effettivamente qualche ora più tardi: i segni e le parole dell'Ultima Cena manifestano inconfutabilmente il sacrificio che Gesù sta per affrontare spontaneamente sulla croce per la salvezza di tutti. "Fate questo in memoria di me" è l'invito a protrarre nel tempo questo stesso Sacrificio sul pane e sul vino in modo tale che Gesù possa presenziare costantemente fino alla sua venuta nel tempo finale. L'Eucarestia è questa sua presenza nel nostro frattempo finché il tempo non giunga all'epilogo definitivo. Ogni volta che ci si riunisce nella celebrazione della Messa si perpetua il sacrificio dell'Ultima Cena e Cristo si fa presente realmente nel suo vero Corpo del quale ci nutriamo. Nell'Eucarestia siamo certi del presenziare di Cristo effettivo, concreto e reale che supera la sola presenza dal punto di vista spirituale e sconfessa quella metaforica o allusiva. E' una presenza corporea, reale, costante e senza limiti di tempo; la medesima presenza che Gesù manifestò da Risorto in Galilea mostrandosi ai suoi in carne e ossa. Essa si protrae fin quando ci saranno Ostie consacrate. Cioè per sempre. Si diceva che essa è da interpretarsi come un Sacramento sostanziale oltre che reale; ciò per un fenomeno di mutazione della sostanza del pane e del vino, che da semplici alimenti diventano rispettivamente Corpo e Sangue del Signore. Al proferimento delle famose parole succitate la sostanza del pane e del vino muta in quella di Corpo e Sangue, seppure le sembianze esteriori rimangono le stesse. Tutto questo ovviamente non lo si può percepire con espedienti sensoriali o per mezzo di raffinate elucubrazioni, ma come nel caso di ogni mistero dogmatico, è una certezza che va accolta con la sola risorsa della fede, la quale si rivela in tal senso l'espediente migliore. Meglio credere che bizantineggiare di fronte al dono di Dio. Credere, affidarsi e vivere il rapporto con lui che è pane vivo disceso dal cielo, la cui carne va mangiata e assunta senza riserve. Mangiare del Corpo di Cristo ogni Domenica e tutte le volte che ci si trovi alla presenza di una celebrazione eucaristica è fonte di consolazione e di forza spirituale che ci incute fiducia e costanza nel continuo pellegrinaggio della nostra vita. Cibarsi di Gesù Eucarestia che nel Sacrificio ha ripresentato sull'altare l'immolazione di se stesso sul Golgota, incute sollievo e serenità al presenziare dei sacrifici e delle difficoltà che la vita ci riserva e assumere il Corpo del Signore con fede e con rinnovata motivazione personale garantisce che ogni problema giungerà alla sua soluzione e se resta irrisolto ci si presenterà comunque gestibile e meno gravoso. L'Eucarestia è la nostra forza e lo sprone a fare sempre di bene in meglio.
Sottolineava papa Francesco che essa "non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e alimento dei deboli", atto cioè a risollevare proprio coloro che soffrono di deficienze morali e materiali, quindi finalizzato agli ultimi e ai peccatori.
Il presenziare di Cristo nel pane e nel vino e la sua continua donazione di se stesso ci rendono fiduciosi della gratuità dell'amore di Dio che ci sprona all'impegno costante nella lotta; alimentano in noi il fervore della carità operosa e dell'abnegazione, con la quale si rendono partecipi gli altri del dono che Gesù ha fatto di se stesso a noi. Tutto opera del Risorto che vive con noi