Omelia (09-06-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Rimedio al male, ma non chi ama il male Il maligno, Gesù e l'uomo. Sono questi gli argomenti che emergono dalla liturgia domenicale che oggi ritorna nella via ordinaria. Il maligno, come si sa è il "grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce la terra e fu precipitato con i suoi angeli"(Ap 12, 9). A lui si deve fondamentalmente la disobbedienza del primo uomo (I lettura), che dal canto suo, assieme alla donna, ha mostrato però negligenza e lassismo nel vigilare nella tentazione di essere come Dio. E così, mentre il demonio è stato condannato all'espulsione dal novero della grazia di Dio, l'uomo è chiamato a porre rimedio alla sua situazione di disobbedienza e a redimersi dal peccato. L'uomo è stato però raggiunto dalla grazia divina, che più volte si è manifestata attraverso le varie alleanze e la parola dei profeti, ripetutamente però cadendo vittima della sua stessa infedeltà e della propria tracotanza. Dio però non si è mai arreso all'ostinazione umana verso il male e ha sacrificato il suo unico Figlio, Gesù Cristo, incarnatosi appunto per riscattarci dal peccato e dalla condanna eterna. Dio ha mandato il suo Figlio per amore per noi, e Questi quale Cristo e Salvatore, è stato vittima di espiazione per i nostri peccati. Nostri e del mondo intero (1Gv 4, 10). Nella pagina odierna del Vangelo di Marco sembra che ci sia il compendio attualizzato di queste considerazioni, peraltro evinte anche all'apostolo Paolo: se per la disobbedienza di uno solo tutti siamo stati costituiti peccatori, così per l'obbedienza e per amore di uno solo siamo costituiti giusti (Rm 5, 17 - 19). Il potere di Gesù sul maligno, che si presenta nello specifico degli spiriti immondi che si impossessano delle persone, è indiscusso e reale. Gesù emerge sul male, sulla morte e ha la prevalenza sul demonio mentre questi per invidia di Dio tenta l'uomo verso il male e in casi speciali può anche invadere il corpo delle persone. Di fronte a lui i demoni (uno o tanti che siano), sia nelle comuni occasioni sia nelle circostanze straordinarie, temono, lo riveriscono e fuggono, riconoscendolo anche il Santo di Dio (Lc 4, 34). Gesù ogni volta li tratta in modo che non possano nuocere ancora all'uomo, ciononostante avverte i suoi discepoli che, mancando loro nella vigilanza e nell'attenzione, il maligno può anche moltiplicare la sua presenza in un solo corpo umano (Lc 11, 5 - 27). E al di la' dei casi di possessione, quando non si vigila su se stessi usando lassismo e negligenza spirituale, il diavolo trionfa con le sue tentazioni ordinarie. Occorre sempre resistergli saldi nella fede (1Pt 5, 9). Com'è possibile allora negare l'evidenza del primato di Gesù sul maligno? Contornato da una folla considerevole che gli fa ressa da tutte le parti, Gesù è raggiunto da ogni sorta di richieste, da quella delle guarigioni, alle grazie miracolose fino agli esorcismi e anche in quest'occasione, a detta di Marco, gli spiriti impuri, che certamente si confondono fra la folla, cadono ai suoi piedi (Mc 3, 11). Gli scribi, che assieme ai farisei non possono fare a meno di tentare di delegittimare Gesù o di coglierlo in fallo, si ostinano adesso a giustificare i suoi esorcismi affermando che lui caccia i demoni nel nome di Belzebu, loro principe. Qualcuno di loro addirittura gli da dell'indemoniato, commentando: "è posseduto da uno spirito impuro". Lui che estromette gli spiriti dalle persone e ottiene la loro riverenza. Qualche commentatore nota una certa antitesi fra il commento degli invidiosi scribi e farisei (E' posseduto da uno spirito immondo) e quello dei suoi parenti che vanno a trovarlo (E' fuori di sé). Nel primo caso si tratta di cattiveria, nell'altro di preoccupazione e di premura, perché comunque Gesù attende così tanto alla gente che gli si accalca attorno al punto da non avere il tempo di mangiare. Gesù a mio giudizio trova una risposta adeguata sia quanto alla prima sia alla seconda soluzione. Chi infatti nega la salvezza di Dio illustrata dalla concretezza delle opere di Gesù suo Figlio, chi si ostina a non credere, a non ammettere la sua divinità e il suo messianismo nonostante l'evidenza delle opere e dei fatti e addirittura bestemmia contro di lui, pecca contro lo Spirito Santo e non può essergli perdonato. Quale bestemmia più grave se non quella di dare dell'indemoniato al Figlio di Dio, sebbene sia inequivocabile che egli agisca contro il maligno? "Bestemmiare contro lo Spirito Santo" equivale a rifiutare l'amore di Dio, il suo perdono e la sua misericordia e banalizzare così ogni suo benefico intervento nei nostri confronti, poiché' tutto questo proviene appunto dallo Spirito. Vuol dire rifiutare categoricamente la salvezza che lo Spirito ha voluto mostrarti indubbia e palese nelle opere di amore di Gesù Cristo, ostinandoci così nella volontà di perseverare nel peccato e nell'errore. Dio non si stanca mai di amare e di perdonare, la sua misericordia è infinita e non resta disattento alle invocazioni di perdono. Dio ha pazienza nei confronti dell'uomo peccatore, ma come può concretizzare il suo amore nei tuoi confronti, quando ti mostri dichiaratamente avulso e refrattario? Come può perdonarti se rifiuti il suo perdono? Se ti ostini nella preferenza del peccato e nel rifiuto della salvezza, Dio non può obbligarti ad acconsentire al suo amore e alla sua misericordia. E' come affamati non mangiare davanti a piatto pronto. Oppure come camminare ad occhi chiusi nonostante la luce del sole. Nessuno può costringerti ad aprire gli occhi o la bocca. Tuttavia qualche parola c'è anche nei confronti di coloro che sono venuti a prenderlo perché sarebbe "fuori di sé". Non pervaso da uno spirito impuro, ma colto da chissà quale disturbo psichico. Gesù è fuori di sé, oppure spasima di amore per le folle e per la gente che pende dalle sue labbra o che vuole una sua attenzione qualsiasi? Dipende da come lo concepiscono coloro che lo ascoltano: quanti si affidano a lui e seguono con passione e disincanto la sua Parola, saranno a lui familiari quasi come i parenti più stretti. Lo dirà anche in tempi successivi, che preferisce chiamare amici e confidenti tutti coloro che crederanno in lui e si prodigheranno a fare la sua volontà (Gv 15, 9 - 17) e li renderà partecipi anche della sua comunione di amore con il Padre. Possono essere quindi paragonabili ai suoi parenti coloro che ben si dispongono alla fiducia e alla sequela. Fra Gesù e il maligno l'uomo ha libertà di scelta. E' personalmente responsabile dei suoi errori o delle sue conquiste ma in Gesù che è via, verità e vita ogni cosa gli viene illustrata, ogni realtà commisurata e ogni ambito specificato perché possa decidersi. Vincere o perdere se stesso. |