Omelia (05-02-2006)
don Bruno Maggioni
La «fretta» di annunciare il Regno

La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là».
subito: questo avverbio dice che l'attività di Gesù è segnata dalla fretta: l'avverbio subito, scandisce la narrazione e più ampiamente l'intero Vangelo. Gesù è in perenne movimento e ha molte cose da fare, a volte neppure trovando il tempo per mangiare (Mc 3,20; 6,31). Una fretta, questa di Gesù, che però non ha nulla da spartire con la fretta dispersiva e distratta che troppe volte rovina le nostre giornate. Gesù è incalzato dall'urgenza del Regno, totalmente proteso nella missione di annunciare il suo arrivo. Ha fretta e ha molte cose da fare, tuttavia trova il tempo per ritirarsi nella solitudine a pregare (1,35). Nel ritmo intenso della sua giornata non manca mai lo spazio per il colloquio col Padre (1,35).
Il racconto della guarigione della suocera di Pietro è semplice e vivace. Ma se vogliamo leggerlo con gli occhi dei primi cristiani, non dobbiamo semplicemente vedervi un prodigio, bensì cogliervi un messaggio. Due frasi sono da evidenziare: «la fece alzare» (letteralmente «la fece risorgere») e «si mise a servirlo». Alla luce delle due espressioni indicate il gesto di Gesù acquista un valore simbolico: Gesù fa risorgere per incamminare sulla strada del servizio.
Sorprendente è il breve dialogo - il primo del vangelo di Marco - fra i discepoli e Gesù: «Tutti ti cercano», dicono i discepoli aspettandosi che Egli si affretti incontro alla folla che già lo attende. Ma Gesù risponde: «Andiamocene altrove perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto» (1,37-38). Risposta sorprendente e sconcertante. «Sono venuto per» dice la ragione profonda della missione di Gesù. Egli è venuto per andare altrove. Non è venuto per una sola folla ma per tutte le folle. Nessuna folla può impadronirsi di Lui trattenendolo, nessuno può vantare nei suoi confronti una precedenza particolare. Gesù non è un Messia di parte e nessuno può dire: «È nostro». Appena qualcuno vorrebbe tenerlo per sé, Egli sfugge: deve andare altrove.
Il rapporto di Gesù con la folla può sembrare contraddittorio: Egli cerca la folla e, nel contempo, se ne separa. Ma non è un atteggiamento contraddittorio. Egli cerca le folle ed è venuto per loro, ma proprio per questo prende le distanze dagli equivoci delle folle e dai loro tentativi di strumentalizzazione. Egli deve portare il messaggio «dovunque», a tutti, e non è prigioniero di nessuno. Egli è venuto ad annunciare il Regno di Dio, non a realizzare i progetti (per lo più egoistici e di parte) che gli uomini vorrebbero sottoporgli.