Omelia (16-06-2024)
diac. Vito Calella
Voglio star “dentro” o stare “fuori” dall'avventura della salvezza?

In questa decima domenica del tempo ordinario, Cristo risuscitato ci parla attraverso due delle cinque parabole che si trovano nel "discorso in parabole" del quarto capitolo del vangelo di Marco. In esso si trova la parabola del seminatore (cfr Mc 4,3-9) e la sua spiegazione (cfr Mc 4,13-20). Poi ci sono due piccole parabole sulla lampada e sulla misura (cfr Mc 4,21-25). In seguito, vengono le due parabole del seme di questa domenica. Il racconto del seme che cresce, formando la spiga, senza che il contadino faccia più alcun lavoro dopo averlo seminato in terra, si trova solo nel vangelo di Marco.
Al centro di questo capitolo, in Mc 4,10-12, dopo la prima parabola, quella del seminatore, troviamo un dialogo "strano" tra Gesù e i suoi discepoli: «Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: "A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato"».
Di fronte alle parabole di Gesù, ogni essere umano è chiamato a prendere una decisione importante: se stare fuori, oppure stare dentro; cioè: o riconoscere Gesù Cristo come unico salvatore della propria vita e della storia dell'umanità, perseverando nel gruppo dei Dodici e dei discepoli che godono con Lui momenti di intimità; oppure rifiutare Gesù Cristo decidendo di restarne fuori.
Solo riconoscendo la presenza dello Spirito Santo dentro di noi e invocandolo incessantemente, senza soffocarlo (cfr. 1Ts 5,19), possiamo dire che «Gesù Cristo è il Signore» della nostra vita. Soffocando la presenza divina dello Spirito dentro di noi, corriamo il rischio di unirci al gruppo dei duri di cuore che bestemmiano dicendo: «Gesù Cristo è malvagio!» (cfr 1Cor 12,3).
Quando Gesù parlava in parabole, non voleva solo raccontare storie. Egli voleva rivelare l'accadere del Regno di Dio Padre nella storia dell'umanità attraverso la "seminagione" della sua Parola nella storia del popolo d'Israele e attraverso il suo essere "Parola" definitiva, venuta nel mondo per rivelarci volto trinitario di Dio che offre la salvezza a tutta l'umanità, attraverso la sua missione e quella dello Spirito Santo, anima della Chiesa.
Purtroppo chi decide di «stare fuori» da questa storia di salvezza, che già sta accadendo, pecca contro lo Spirito Santo. Sta indurendo il suo cuore e la sua mente all'azione della grazia divina!
Oggi vogliamo pregare per queste persone chiuse alla possibilità di salvezza che si realizza nella storia dell'umanità, a partire dalla conversione del cuore di ogni essere umano, da cuore di pietra a cuore di carne.
Una possibile interpretazione della parabola del seme che cresce da sé (Mc 4,26-29)
Questa parabola può essere interpretata come la sintesi di tutta la storia della salvezza fino alla venuta di Gesù Cristo nel mondo, paragonata al tempo della mietitura.
Il seminatore è Dio Padre che ha il suo disegno di salvezza per la storia dell'umanità. I semi sparsi sulla terra rappresentano l'intera tradizione dell'Antico Testamento attraverso i libri sacri del Pentateuco, dei Profeti, dei libri sapienziali e storici.
La terra rappresenta l'umanità, in particolare il popolo d'Israele, scelto da Dio per sviluppare, pazientemente e nel corso di 1800 anni, la storia della salvezza fino all'arrivo del Figlio prediletto del Padre: Gesù Cristo.
La crescita del campo di grano non dipende solo dalla terra, ma dipende anche dal sole e dall'acqua piovana. Il sole e l'acqua piovana possono rappresentare la compartecipazione del Figlio, unito al Padre (sole) con la forza e la potenza dello Spirito Santo (acqua) lungo tutta la storia della salvezza.
La pienezza dei tempi, quando tutto era pronto per la realizzazione del mistero dell'incarnazione del Figlio unigenito del Padre, corrisponde al tempo della mietitura.
Contemplare il campo con le spighe giunte a maturazione significa contemplare le parole e i gesti di Gesù, che rivelano al mondo il tempo della realizzazione della nuova ed eterna alleanza di Dio con tutta l'umanità, avvenuta effettivamente con l'evento della morte e della risurrezione di Gesù.
Il duro gesto di prendere la falce e tagliare le spighe mature dal campo può rappresentare simbolicamente l'evento della morte di Gesù. Per avere il pane vivo della nuova ed eterna alleanza è necessario attraversare questa difficile esperienza della mietitura, passaggio necessario per donare abbondanza di vita con i chicchi nuovi, di grano diventando pane.
Gesù Cristo è il compimento delle promesse messianiche dell'Antico Testamento
Vale la pena credere in Gesù Cristo! È stupido chi indurisce il cuore e persevera in un atteggiamento di voler restare fuori da questa meravigliosa storia di salvezza che si realizza nella vita personale di ogni essere umano e nella storia di questo mondo, coinvolgendo l'umanità in relazione con tutte le creature. dalla natura.
La prima lettura, dal libro del profeta Ezechiele, ci offre oggi una bella profezia messianica, che, per noi cristiani, si è avverata quando «il Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Ezechiele, profeta di speranza nell'esilio babilonese, denunciò l'arroganza del potente re di allora, Nabucodonosor di Babilonia, che, paragonato ad una maestosa aquila, aveva il potere di strappare il ramo più alto del cedro, che rappresentava Ieconia, il re di Gerusalemme discendente della casa di Davide, e trapiantarlo nella sua terra straniera, poiché fu portato prigioniero a Babilonia nell'anno 597 a.C. Ezechiele denunciò anche l'audacia del re di Giuda, Sedecia, posto a governare Gerusalemme come un vassallo di Babilonia, paragonato ad una vite. Questa vite ebbe l'arroganza di chiedere aiuto all'altra aquila, il faraone d'Egitto e questa scelta costò la distruzione di Gerusalemme, del tempio e altre deportazioni. In questo contesto si inserisce la promessa che si è compiuta con il mistero dell'incarnazione del Figlio eterno del Padre. Dio dice, parlando per mezzo del profeta: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà» (Ez 17,22-23).
Una possibile interpretazione della parabola del granello di senape (Mc 4,30-32)
Gesù conosceva le profezie di Ezechiele. Nella sua saggezza non scelse l'immagine simbolica del maestoso cedro del Libano, che nella tradizione dell'Antico Testamento esprimeva potenza e forza.
Tutta la sua missione pubblica fino alla sua morte e risurrezione può essere paragonata ad un piccolissimo granello di senape. È uno dei semi più piccoli tra tutte le piante presenti in natura. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha assunto la nostra condizione umana e ha scelto la via dell'umiltà per compiere la sua missione. Rimase in silenzio per trent'anni nel villaggio di Nazaré. Per tre anni annunciò il Vangelo con parole, gesti e miracoli. Ha concluso la sua missione con la morte in croce. Il granello di senape rappresenta tutto questo. La sua vita è passata come un soffio di nulla nella storia della nostra umanità: come un granello di senape che dona tutto di sé nella terra.
Ma dalla sua morte e risurrezione è nata la Chiesa. È iniziato il tempo dello Spirito Santo, che anima ogni comunità cristiana affinché essa sia segno nel mondo della realizzazione del Regno di Dio Padre nella storia.
Ed ogni comunità cristiana è come la pianta di senape che può ospitare tutti coloro che vogliono entrare in questa meravigliosa avventura della storia della salvezza.
La testimonianza dell'apostolo Paolo (2Cor 5,6-10: seconda lettura).
Come l'apostolo Paolo, vogliamo mettere a disposizione i nostri corpi affinché lo Spirito Santo possa agire e irradiare l'amore gratuito di Dio nel mondo, facendo risplendere la sovranità di Cristo Signore e realizzando il Regno di Dio di giustizia e di pace. Così, alla fine della nostra vita, non avremo paura di essere giudicati tra coloro che hanno scelto di restare fuori da questa avventura: «riceveremo la dovuta ricompensa per tutto ciò che avremo fatto quando eravamo nel corpo» per Cristo, con Cristo e in Cristo.