Omelia (23-06-2024) |
don Giampaolo Centofanti |
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Così si esprime san Paolo nella seconda lettura. E questo è proprio il passaggio nuovo nel quale Gesù porta i suoi discepoli in questo brano. Essi ancora lo seguivano come un bravo maestro a cui appoggiarsi. Ma ora lo prendono sulla barca così com'era, stanchissimo. Non a caso Gesù ha detto loro di passare all'altra riva: mette loro in cuore il seme di grazia di un nuovo salto nella fede. La tempesta rappresenta anche il disorientamento interiore di questo andare oltre una fiducia umana, verso l'intuire la divinità di Gesù, l'abbandonarsi in lui a Dio. Gesù invece è abbandonato al Padre e non teme nulla. Sa che se dovesse succedere qualcosa i discepoli lo sveglierebbero, ha fiducia anche nei discepoli. Infatti non li rimprovera per averlo svegliato ma per la paura eccessiva. Qui infatti va sottolineato che una certa ansia è naturale: aiuta a valutare e ad affrontare adeguatamente il pericolo. Dei sentimenti umani, di tutto quello che l'uomo sperimenta nulla va disprezzato ma solo la fede aiuta a gradualmente non disprezzare ma anche mettendo ogni cosa al giusto posto. Tutto, nella fede, concorre a stare con i piedi per terra e lo sguardo alzato al cielo. Dunque è giusto che i discepoli sveglino Gesù ma possono imparare a farlo con la fiducia in lui e in lui nel Padre. Dio può tutto, ha tutto in mano lui e ci ama infinitamente. Sulla via dell'abbandono in lui siamo più sereni e anche otteniamo risultati migliori perché lasciamo operare Dio e noi operiamo nella sua volontà. Invece quando cerchiamo scorciatoie nostre la vita è più difficile perché non diamo ad ogni cosa la sua giusta importanza, ci attacchiamo a cose precarie perché non le viviamo nell'unico modo che vivifica, nello Spirito. Insomma possiamo ingarbugliare ancora di più i nodi della nostra vita che il Signore va dipanando e possiamo deviare, ritardare, il cammino verso la vita con ogni bene per noi e per gli altri. Si tratta di una maturazione graduale, ci conforta vedere anche i discepoli impauriti, scoprire gradualmente i doni e anche l'efficacia, della fiducia in Dio mentre l'inganno terreno è pensare che con i nostri metodi e per le nostre vie le cose andrebbero meglio. Invece siamo figli di Dio abbiamo bisogno di vivere nel suo Spirito, fuori di esso non stiamo bene né spiritualmente, né umanamente, né materialmente. La nostra vita ripiegata su noi stessi si nevrotizza, si complica, perde tanti beni. Il Signore nella sua bontà è vicino, ci sostiene in qualche modo, anche in questi frangenti ma anche i discepoli di allora sperimentano la differenza nell'imparare a fidarsi di lui. E gradualmente arrivano ad un punto che vorrebbero gridarlo al mondo intero di non perdersi questa vita, di invocarla, di cercarla, di farsi aiutare a trovarla. Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono? |