Omelia (30-06-2024)
padre Antonio Rungi
Due donne miracolate da Gesù

Il Vangelo della XIII domenica del tempo ordinario ci presenta, nel brano di san Marco, due miracoli di Gesù: il primo riguarda una persona adulta, da dodici anni affetta da emorragia, al punto che nel vangelo è indicata come emorroissa, come una donna che perde sangue e non trova nessuna cura al suo male. Ha fatto di tutto e di più presso medici e utilizzando cure, ma nulla è servito e lei continua a soffrire; il secondo miracolo riguarda il ritorno alla vita della figlia di uno dei capi della Sinagoga, di nome Giairo, che si rivolge a Gesù perché salvi sua figlia.
Nell'uno e nell'altro caso Gesù sprigiona tutta la sua potenza divina per guarire l'emorroissa e riportare in vita una bambina di 12 anni. Alcune considerazioni importanti vanno fatte in merito a questo brano evangelico. Si tratta di due donne, di età diverse di in condizioni diverse, eppure Gesù interviene nell'uno e nell'altro caso per far capire che la donna sta nel suo cuore divino e per ogni donna e tutte le donne egli sceglie la via della guarigione sempre, da quella dello spirito a quella della salute fisica. Chiede in entrambi i casi la base sulla quale potere intervenire ed operare e questa base è la fede della donna affetta da perdite di sangue da 12 anni e la fede del padre della bambina, sempre di 12 anni, da cui parte Gesù per riportare in vita la fanciulla. Altri elementi significativi di questo vangelo vanno considerati alla luce dello svolgimento di tutta la doppia scena, del doppio miracolo che compie Gesù. Uno lungo la strada, l'altro a casa di un responsabile della sinagoga. In ogni luogo e posto Dio non ci abbandona e ci aiuta, quando la richiesta per l'aiuto celeste parte da cuori sinceri e da fedi autentiche e sentite profondamente.
Il duplice miracolo avviene quando Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla mentre egli camminava lungo il mare. Intorno a Gesù che sempre gente e folla bisognosa di ascoltare la sua parola e di ricevere le grazie e i miracoli di cui vanno alla ricerca. La scena raccontata da Marco circa la guarigione della donna emorroissa ci fa pensare all'eccezionalità di un evento che sfugge inizialmente dal controllo dello stesso Gesù. Una donna, di cui non conosciamo il nome, né l'età, né la provenienza avendo sentito parlare di Gesù, anche lì si infiltrò tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Cosa spinge questa donna a toccare il mantello di Gesù? La sua convinzione interiore e quindi la profonda fede che parlando a se stessa e di se stessa, diceva: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E infatti la cosa successe. Riuscì a toccare il mantello di Gesù e subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. Poteva andare via o Gesù neppure accorgersi di quello che era successo. Invece, sia Gesù che la donna vengono riportate al centro del racconto evangelico. Gesù essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». Come succede quando uno ha fatto qualcosa e si sente in colpa, per cui nessuno di fa avanti. I suoi discepoli invece gli fanno osservare che è fuori luogo fare quella domanda, in quanto c'era tanta gente che si stringeva intorno a Gesù ed era difficile individuare chi fosse stato. La scorta che i discepoli facevano a Gesù non aveva funzionato. Tutto si risolve quando la donna che era stata guarita, tutta impaurita e tremante, andò direttamente da Gesù, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Possiamo dire che è una delle tante confessioni ascoltate da Gesù e considerate autentiche al punto tale che egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male». Gesù conferma il dono fatto a quella donna anonima che pure aveva fortemente confidata nel Signore. Esempio straordinario per tutti noi a non perdere mai la fiducia e la speranza e in ogni cosa confidare nell'aiuto del Signore.
Di altrettanta importanza spirituale e religioso è il miracolo della dodicenne riportata in vita, andando Gesù direttamente a casa dell'ammalato. Qualcuno aveva sconsigliato Gairo di non portare Gesù alla sua casa, in quanto la bambina era morta da un po' di tempo. Ma il Capo della sinagoga confida fortemente nel Signore e quando Gesù arrivato a casa di questa famiglia chiede di lasciarlo solo con gli apostoli e i genitori, in quanto c'era troppo chiasso e tanta sofferenza nell'ambiente familiare e circostante di Giairo, lo fa semplicemente per concentrarsi su quello che tra lì a poco avrebbe compiuto, riportare in vita una ragazza morta. Non si trattava di una morte apparente, ma vera e confermata da quanti aveva assistito all'immane tragedia di quella famiglia e di quell'ambiente. Gesù si accosta alla piccola, le prende la mano in senso di trasmissione della vicinanza del Figlio di Dio a quella giovane creatura e le ordina di alzarsi da letto. Cosa che avviene subito, al punto tale che la bambina si alza e si mette a camminare autonomamente. Ormai ha ripreso la vita e può continuare a camminare nel tempo con la protezione sicura e certa del cielo. Quel cielo in cui vi era entrata per un momento e che ha potuto vedere con i suoi occhi di bambina e riprendere la vita con altre prospettive. Solo chi tocca con mano il cielo può davvero incominciare a vivere serenamente in terra e camminare con passi più certi. Ecco perché Gesù a conclusione del suo intervento miracoloso, rivolgendosi ai genitori della bambina, dice due cose precise: raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. Gesù chiede silenzio e riflessione, non pubblicità e propaganda. Quello che dovremmo imparare tutti a fare anche noi ogni volta che facciamo un'opera buona.