Omelia (07-07-2024) |
diac. Vito Calella |
La spina nella carne dell' incredulità altrui supportata con il dono della grazia Il profeta Ezechiele faceva parte del primo gruppo di esuli, portato a Babilonia nel 597 a.C.; in quella terra straniera, lui, che proveniva da una famiglia sacerdotale, sentì la chiamata divina a diventare profeta in mezzo al suo popolo, che soffriva l'umiliazione dell'esilio forzato. La spina nella carne è il cuore di pietra dei destinatari della parola di Dio «Una spina nella carne, come un inviato di Satana» (2Cor 12,7b) accompagnerà tutta l'attività profetica di Ezechiele: la durezza di cuore dei suoi connazionali. Il profeta si relazionava continuamente con persone che erano indurite dentro. Lo abbiamo ascoltato: «Figlio dell'uomo, io ti mando ai figli d'Israele, a una razza di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. [...] Quelli ai quali ti mando sono figli testardi e dal cuore indurito, cuore di pietra» (Ez 2,3a.4a). Il figlio dell'uomo, chiamato Gesù di Nazareth, un giorno ritornò al suo villaggio, dove era cresciuto, dopo una stagione fortunata della sua missione evangelizzatrice, iniziata nella città costiera di Cafarnao e nel circostante territorio della Galilea. «Una spina nella carne, come un inviato di Satana» fece soffrire Gesù tra i suoi parenti e amici d'infanzia. La loro ammirazione per la sua «sapienza» e i miracoli da lui compiuti si trasformò in un atteggiamento di rifiuto. Quella «sapienza» e il suo potere di curare i malati li lasciò scandalizzati. Il loro cuore di pietra non permise a Gesù, il profeta, di essere accolto e stimato nella propria patria (cfr Mc 6,4). «Una spina nella carne, come un inviato di Satana» tormentava l'apostolo Paolo, lasciandolo debole. Possiamo immaginare che questa «spina nella carne» sia stato il rifiuto da parte di molti giudei ad aderire al mistero pasquale di Cristo, morto e risuscitato. Continuarono a perseguitare l'apostolo e la sua èquipe missionaria in ogni luogo dove quell'annuncio era seminato. L'immagine del cuore di pietra rappresenta la chiusura della mente e della coscienza umana di fronte alla «sapienza» della Parola di Dio, annunciata e testimoniata da coloro che veramente si sono lasciati trasformare e rinnovare dall'annuncio pasquale di Cristo e hanno assunto con coraggio e gioia la vocazione profetica, servizievole e sacerdotale, da loro celebrata con i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Come Ezechiele e Paolo, con il coraggio di Gesù di mettersi in relazione con persone che dimostrano di avere cuori di pietra Vogliamo ringraziare Dio per tutti i cristiani che ci hanno dato finora quella luminosa testimonianza di aver messo la loro umile corporeità vivente al servizio dello Spirito Santo, affinché, come membra vive del corpo ecclesiale, possano contribuire a realizzare relazioni umane di rispetto e di gratuità, che rendono possibile la giustizia e la pace nella storia dell'umanità. Vogliamo far parte di questo gruppo di persone. Vogliamo essere come Ezechiele e come Paolo. Vogliamo essere discepoli di Gesù e accettare la sfida di essere evangelizzatori missionari, avendo la «spina nella carne, come un inviato di Satana» che ci accompagna e ci tormenta, cioè l'incredulità e l'indifferenza di molti, di fronte alla nostra azione missionaria e pastorale. Rafforzati dal ricordo della nostra conversione Abbiamo anche avuto alcune significative esperienze di conversione. Abbiamo già avuto il coraggio di spogliarci delle nostre sicurezze materiali, dei nostri attaccamenti affettivi, del nostro orgoglio e della nostra arroganza di voler confidare solo nelle nostre capacità umane e nella nostra illusoria libertà assoluta. In un momento di crisi della nostra vita, entrando in contatto con la povertà radicale della nostra condizione umana, siamo arrivati a sentire la voce di Cristo risorto che ci ha detto: «La mia grazia ti basta. La forza, infatti, si manifesta pienamente nella debolezza!» (2Cor 6,9a). Abbiamo già sentito avvenire dentro di noi la trasformazione del nostro cuore di pietra in cuore di carne, dal giorno in cui abbiamo scoperto la presenza viva e liberatrice dello Spirito Santo, riversato gratuitamente nel nostro corpo da Cristo risuscitato. Ciascuno di noi potrebbe venire qui e dare una meravigliosa testimonianza dicendo, con le stesse parole dell'apostolo Paolo: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10). Lo Spirito Santo, vivo e operante in ciascuno di noi, «viene in aiuto delle nostre debolezze» (Rm 8,26) e ci fa perseverare con «gli occhi fissi nelle mani del Signore» (Sal 122,2), che per noi è Gesù Cristo. Ci sentiamo così sostenuti, protetti, rafforzati, diretti da quelle mani vive, che portano i segni dei chiodi della croce. Ci sentiamo perseveranti e forti, con la testa dura come un diamante (cfr Ez 3,9) per affrontare il disprezzo dei superbi, che continuano a sfidare la nostra fede con la durezza del loro cuore. Gli angeli di Satana dell'orgoglio dell'ego e dell'idolatria del denaro Gli «inviati di Satana», che induriscono anche oggi molti cuori, possono essere identificati, alla luce del Salmo 122, nel pensiero egoistico dell'orgoglio, che porta la persona a divinizzare il proprio "io" e nell'illusione del potere illimitato dell'idolo chiamato "denaro". La vanagloria, la ricerca del successo individuale, l'attaccamento al denaro e ai beni materiali soffocano il dono e l'azione dello Spirito Santo nelle persone ed esse rimangono, interiormente, bloccate nell'esaltazione del proprio individualismo e nell'ostentazione delle proprie ricchezze. Le nostre suppliche oranti... Oggi vogliamo chiedere a Dio, nostro Padre, unito al Figlio, che lo Spirito Santo, in noi, si prenda cura del nostro cuore di carne, ci renda attenti alla «sapienza» del vangelo di nostro Signore Gesù Cristo e ci renda missionari, seminatori della stessa Parola che ha già trasformato la nostra vita. Vogliamo chiedere anche per quelle persone che vivono ancora con il cuore di pietra. Queste persone possono far parte della nostra cerchia di parenti e amici, come è successo con Gesù, quando tornò a stare tra i suoi cugini/fratelli «Giacomo, Ioses, Giuda e Simone» (Mc 6,3) e i suoi amici dell'infanzia nel villaggio. di Nazaré. Vogliamo sperare che, anche attraverso la nostra testimonianza di vita, rinnovata dalla grazia di Cristo, possano conoscere e amare Gesù, sentendosi sempre più attratti dalla «sapienza» dei suoi insegnamenti. Vogliamo chiedere, nelle nostre preghiere, che i loro cuori di pietra siano spezzati, frantumati dalle mani misericordiose e fedeli di Dio Padre, che agisce attraverso il suo amato Figlio, morto e risuscitato. Chissà: potrebbe iniziare in loro quel processo di conversione, da un cuore di pietra a un cuore di carne, per unirsi infine a noi, «servi e serve, che umilmente vogliono tenere lo sguardo sempre fisso nel Signore». |