Omelia (07-07-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Ascolta, la Parola si fa vita La liturgia di oggi solitamente si concentra sull'episodio dello stupore dei conterranei di Gesù mentre questi commenta un passo del Profeta Isaia realizzando in se stesso il compimento della profezia che esso contiene. Quello che attira normalmente l'attenzione è in commento di Gesù che ne consegue, ormai diventato famoso: "Nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Nella versione di Luca (4, 16 - 30) queste parole sono accompagnate da una constatazione globale di fondo: Gesù proferisce la parola ai suoi concittadini, ma non realizza gli stessi prodigi che l'avevano reso famoso a Cafarnao e in altre terre. Questo e altro suscita lo sdegno degli stessi suoi interlocutori che affollano la sinagoga, i quali, accusandolo di bestemmia e di empietà, si scagliano su di lui per metterlo a morte. Agli occhi dei Nazareni Gesù si presenta come il Messia tanto atteso che viene a liberare il popolo dal peccato e dalla morte, che annuncia la buona notizia del Regno ai poveri, cioè a tutti coloro che non confidano nelle loro ricchezze materiali, di qualunque natura esse siano, ma che si affidano alla misericordia e alla provvidenza divina. Gesù si presenta come il restauratore e il rinnovatore del cuore umano, che viene ad apportare "l'anno di grazia e di misericordia", il quale si inaugura con la sua incarnazione e terminerà nel giorno del giudizio. Gesù è Dio fatto uomo, via, verità e vita, che anche in forza dello Spirito Santo condurrà gli uomini alla verità per intero. Questo non riescono ad accettarlo i suoi compaesani, da sempre abituati a vedere in lui l'amico, il compagno di giochi da ragazzi, il figlio di... Si parla anche di presunti "fratelli" di Gesù, ma come si sa nel linguaggio orientale non c'erano termini espliciti per designare le relazioni di parentela o di vicinanza anche geografica. Fratelli potevano essere anche i parenti lontani o addirittura i compatrioti, gli appartenenti allo stesso movimento o partito. Fatto sta che Gesù non viene accolto per quello che realmente è nella sua patria. In altri luoghi, dove non lo si conosce quanto alle sue origini, costituisce una novità o almeno non vi è tanta familiarità che possa inficiare i suoi rapporti e pertanto il messaggio che rivolge è accolto con maggiore sensibilità e immediatezza. Quello che a mio giudizio tuttavia deve risaltare in una simile circostanza è il rapporto personale con la Parola di Dio. Essa viene annunciata e dev'essere accolta nella fede, cioè nell'adesione libera e fiduciosa. "La fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo" (Rm 10. 17). E' questo in effetti che manca ai Nazaretani, complice l'eccessiva familiarità con il Signore Messia: l'ascolto; ma è anche una lacuna ricorrente nella nostra vita spirituale non essere in grado di porci in attenzione della Parola che ci viene annunciata. Dio parla inequivocabilmente attraverso tanti modi e in tutti i mezzi. Parla attraverso i profeti, nella Scrittura ispirata, per mezzo dei ministri e soprattutto per mezzo dello stesso Signore Gesù Cristo che è la Parola stessa fatta carne. Così pure per mezzo degli apostoli che sono latori del suo mandato di evangelizzazione in tutto il mondo. Essi sono stati incaricati di annunciare senza riserve il vangelo come la buona notizia, come la Parola definitiva di salvezza del Signore Gesù Cristo e nei loro successori (il papa e i vescovi) tale ministerialità è continua e apporta i suoi frutti grazie all'assistenza dello Spirito Santo che agisce assieme allo stesso Gesù Risorto. La Parola proclamata tuttavia non ci impone all'animo umano e non vi irrompe violentemente. Occorre corrispondervi con l'ascolto, cioè con l'orientamento di noi stessi secondo ciò che essa stessa suggerisce. Ascoltare significa anche valutare con attenzione il contenuto della Parola che ci viene rivolta e considerare questo in relazione alla nostra situazione esistenziale, alla realtà che ci circonda e al contesto del mondo e della società che ci riguarda. L'ascolto impone a sua volta il silenzio perché esso non può trovare consistenza nel frastuono e nelle devianze a cui siamo continuamente esposti. Silenzio vuol dire non solo astensione fonetica, ma anche isolamento, solitudine e raccoglimento almeno periodico che consenta di concentrarci e di meditare. Quando la Parola ci si propone, restare in silenzio e ascoltare conduce alla riflessione e alla ponderazione di ogni cosa, alla valutazione... insomma alla conversione. E ciò che ne consegue è l'accoglienza della fede, risorsa fondamentale con cui si aderisce e ci si abbandona. Le interferenze nazaretane tipiche di chi si sofferma sulla persona del profeta con gratuite considerazioni del tipo "Questi è il figlio di... " ecc costituiscono un procurato ostacolo al silenzio e all'ascolto: Sono da scongiurare e va ripulita l'aia dai detriti di simili occlusioni e distrazioni che ci distolgono dall'apprendimento, dalla riflessione, dalla considerazione e che tendono a fare della Parola un peso morto che cade restando sterile. Tali possono essere le familiarità congenite ma anche i costumi, la propaganda, le devianze e le aberrazioni ricorrenti. In una sua poesia dal titolo "Sera" sembra che Ungaretti, immerso in una situazione di silenzio e di solitudine, non sia in grado di vedere dal troppo fumo, ma l'acqua che scorre chiara gli fa affiorare i ricordi e gli fa sentire ciò che di solito non riesce a percepire: il rumore dei grilli e delle rane. Nel silenzio e nell'attenzione si arriva cioè a percepire e a comprendere per fare propria una realtà affincché questa diventi vita. Questa realtà è quella della Parola di Dio, che in ogni caso no si arrende mai alle nostre ostinazioni e che continua imperterrita il suo corso, contro ogni possibile ostacolo. Così afferma Dio stesso rivolgendosi ad Ezechiele (I lettura) che viene inviato a un popolo abbastanza refrattario e ostile: "Ascoltino o non ascoltino, sapranno che un profeta è in mezzo a loro". |