Omelia (14-07-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
La Parola e il suo veicolarsi Il ministro della Parola potrà trovare opposizione e refrattarietà da parte dei suoi interlocutori, specialmente se predica e opera nella sua terra di origine, dove giocano brutti scherzi la familiarità e la stretta vicinanza con gli interlocutori. Il ministro può anche non vedere immediatamente i frutti del suo operato e anche sentirsi frustrato dalla mancata corrispondenza fra quanto annuncia e quanto vede realizzato attorno a sé. Ciò però non pregiudica il fatto che la Parola di Dio sia sempre frugifera in se stessa e che abbia le sue capacità intrinseche di produrre. E' assai famoso il passo di Isaia: "Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della Parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò per cui l''avevo mandata"(Is 55, 10 - 11). Anche la mia esperienza personale mi suggerisce che la Parola opera sempre e in ogni caso, anche se nei tempi ben differenti e impensabili per noi. I tempi di Dio non sono i nostri e ciò che si semina non si raccoglie mai immediatamente. Bisogna aspettare che il seme germogli e si riproduca nelle piante e che queste producano i loro frutti. Durante il tirocinio apostolico mentre svolgevo gli studi teologici, mi capitò di ascoltare un discorso di un esperto di pastorale giovanile che diceva che non ci si deve mai meravigliare se i ragazzi a volte ridono dei nostri discorsi o delle attività che proponiamo nei campi scuola e nelle catechesi. Non soltanto è normalissimo che ci deridano, ma anche molto utile: è segno che stanno seguendo e assimilando, ma il momento in cui rifletteranno sugli argomenti proposti e prenderanno sul serio quello che viene loro detto non è immediato. A lungo andare torneranno a pensare agli assunti per cui hanno riso e si sono divertiti, cominceranno a prenderli sul serio e avranno desiderio di approfondirli. Sempre nella mia esperienza pastorale mi è capitato di incontrare, nelle trascorse attività oratoriane e di catechesi, ragazzi e adolescenti che mi guardavano con sospetto o che non nutrissero particolare attrattiva nei miei confronti e quanto a loro proponevo restava apparentemente estraneo. Con il passare degli anni sono diventato però per loro un amico e un confidente e tuttora essi, ormai adulti e sistemati ciascuno nel proprio lavoro, continuano a ricordarmi e a volte a ricontattarmi con molto affetto e simpatia. Taluni hanno anche cambiato radicalmente il parere iniziale quasi distruttivo che esternavano nei miei riguardi. Al profeta Ezechiele Dio dava la famosa esortazione: "Quelli da cui ti mando sono figli testardi dal cuore indurito. Tu dirai loro: dice il Signore Dio. Ascoltino o non ascoltino, sapranno che un profeta è in mezzo a loro. La Parola di Dio infatti non è incatenata (2Tm 2, 10) e non perde la sua efficacia intrinseca. Apporterà i suoi benefici e realizzerà sempre i propositi divini, anche se non nei tempi che noi ci aspettiamo. Proprio questo dovrebbe essere di sprone ad "annunciare il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte" (1Ts 2, 2) senza demotivarci né disanimarci di fronte alle difficoltà o agli insuccessi, che in realtà sono sempre apparenti. Ecco perché Gesù da' ai suoi discepoli indicazioni semplici ma precise: portare con sé nient'altro che un bastone e un paio di sandali a testa; il primo simbolo biblico di autorità divina e di dominio del Signore sul popolo; gli altri allusivi alla cura che Dio concede ai suoi messaggeri. Disporre dell'assistenza di Dio simboleggiata da questi due elementi, la quale qualificherà la missione del profeta e lo renderà sempre più sollecito e ben disposto, è già sufficiente e deve rappresentare la nostra unica sicurezza da annunciatori. Quanto a tutto il resto, provvederà il Fautore della storia nonché artefice di ogni progetto e anche il successo o meno di questo dipenderà da lui. Se i tempi di Dio non sono uguali ai nostri, neppure i suoi strumenti e i latori del suo messaggio sono assimilabili a quelli a cui noi siamo soliti immaginarci. Amos parla di se stesso quando il sacerdote di Betel gli dice di non predicare più in quella città e riferisce di non essere uomo all'altezza di grande eloquenza o di dottrina. Si definisce semplice pastore e raccoglitore di sicomori, eppure proprio a lui Dio da' il compito di denunciare le grandi aberrazioni degli Israeliti e del Regno di Giuda, soprattutto la corruzione e il malcostume. La sua parola non passerà inosservata, nonostante l'ostracismo subito da Geroboamo. Dio stesso mette in bocca a questo profeta minore le parole che dovrà dire e sempre lo stesso Signore lo approverà e lo sosterrà nel suo ministero. Così come sosterrà i Dodici e ancor pima Mosè, Gedeone, Ezechiele e diversi altri. Se infatti la Parola di Dio è sempre apportatrice di vantaggi e di benefici anche a prescindere da coloro ai quali viene annunciata, anche il suo ministro è abilitato a farla propria. |