Omelia (21-07-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il riposo e le condizioni per un buon servizio La volta scorsa si vedevano gli apostoli partire a due a due per una missione temporanea nella quale, senza garanzia di successo, avrebbero dovuto annunciare a tutti il Regno di Dio, invitare alla conversione e istruire i loro interlocutori su quanto il Maestro Gesù aveva detto loro. Le loro opere sarebbero state accompagnate da fatti concreti di amore e di solidarietà. Adesso li notiamo mentre vanno a rapporto da Gesù per riferirgli gli esiti della loro esperienza, il loro impegno, le iniziative intraprese e le difficoltà incontrate. Certamente riferiranno di persone entusiaste di ascoltarli, di altre molto contente della loro presenza e del loro operato, altre ancora propense all'accoglienza, alla generosità anche nel rifocillarli, come del resto aveva previsto il loro Maestro, e di altre persone entusiaste e riconoscenti per aver ottenuto una grazia o un beneficio miracoloso. Così pure gli apostoli avranno raccontato di delusioni personali nell'essere stati respinti da altre persone refrattarie, ma questo doveva essere nel computo della loro missione, secondo le parole dello stesso Signore che li aveva anche istruiti su come atteggiarsi in casi come questi: "Se non vi accoglieranno, scuotete la polvere dai vostri calzari a testimonianza contro di loro." Si svolge attorno a Gesù una verifica e una revisione, simile a quella che da seminaristi anche noi si faceva con i Formatori al ritorno dalle esperienze pastorali incipienti, come i campi scuola, le missioni di casa in casa, le catechesi nelle parrocchie o nelle scuole pubbliche. Anch'esse regalavano molte soddisfazioni, ma anche qualche perplessità dovuta a coloro che ci avevano respinti. Quale sarà stata la replica di Gesù dopo aver ascoltato la relazione di ogni coppia di missionari che gli riferivano questo e quello? Certamente l'approvazione per quanto di bene avevano potuto operare, il plauso e l'incoraggiamento per il futuro. Tutto questo perché, come già si diceva nelle Domeniche precedenti, la Parola percorre sempre le sue vie e non cambia i suoi interlocutori, non importa se questi l'ascolteranno o la trascureranno. I risultati non dipendono da chi predica, ma dal vero Padrone della storia e della vita dell'uomo, che apporterà i frutti a suo tempo secondo i suoi programmi; la Parola in se stessa non è ostacolata, ma incide sempre nella realtà e soprattutto nel cuore, sebbene questo resti chiuso e refrattario. E' chiaro che se si vuole che essa rechi i suoi vantaggi e i suoi benefici, occorre disporsi all'ascolto, all'accoglienza e alla conversione e deve trovare un cuore ben disposto alla stregua di un terreno fertile; ma essa non si arrende alle eventuali recalcitrazioni dei suoi destinatari e non perde la sua efficacia. Per questo gli apostoli non devono desistere dal loro annuncio e nemmeno deprimersi o demotivarsi in presenza di occasioni di sconforto, ma sempre agire con lo stesso entusiasmo e con la stessa tenacia degli esordi, senza mancare mai di considerare la Parola stessa. Anzi, essa va assimilata innanzitutto da loro stessi, che sono tenuti ad affascinarsene essi per primi per poi esserne annunciatori. Ezechiele, prima ancora di essere inviato a un popolo ottuso e refrattario, viene invitato da Dio a "mangiare" un rotolo con su scritta la Parola divina; egli lo assapora e lo trova dolce come il miele (Ez 3, 1 - 15); così ogni altro annunciatore non esclusi gli apostoli è tenuto a gustare la bontà di quanto poi è chiamato ad annunciare. E per farlo è normale che ci si conceda almeno un po' di riposo e di considerazione, lontani dal volgo e dalla confusione. Non ci si può rifocillare della Parola di Dio e poi portarla agli altri senza isolarsi per concedere uno spazio a se stessi, così come un furgone non può dispensare carburante a terzi, senza prima farne carico egli stesso e controllare le gomme e il motore. Il riposo non va confuso con l'ozio o con l'inerzia. E' necessario per la salute fisica personale, per il recupero delle forze e della concentrazione e anche per la considerazione di quanto si è fatto e di quanto ancora si dovrà fare. E per coloro che recano un annuncio divino è indispensabile per ritemprarsi spiritualmente e per fare personale esperienza di quel Dio che poi si deve testimoniare agli altri. Quanto alle vacanze, a Dio piacciono tantissimo ma non le concede a nessuno. La vacanza è solamente una modifica della testimonianza cristiana: non giustifica la trasgressione e l'incoerenza. Essa comporta la distrazione, ma è irrinunciabile il riposo autentico e congeniale, quello finalizzato alla ripartenza produttiva. Gesù lo coltiva egli stesso nei periodi di solitudine su un monte e lo raccomanda anche ai suoi discepoli qui nel mare aperto. Esso è sempre finalizzato alla Parola. Occorre in una parola porre tutte le condizioni perché la Parola sia accolta qual è veramente, non parola di uomo, ma quale è veramente, Parola di Dio (1Ts 2, 13), senza mistificazioni e travisamenti di personale comodità, ma in ossequio alla verità oggettiva. Essa a sua volta opera sempre in coloro che credono e in ogni caso ha la sua incidenza nella contingenza umana. E soprattutto occorre che si pongano, per ciò stesso, le condizioni per cui coloro che ne sono annunciatori si rendano pastori solleciti e premurosi del gregge, come Geremia rivendica nella Prima Lettura facendo eco a Ezechiele e ad altri latori della Parola medesima, anche fra i Padri della Chiesa (Agostino) oltre che agli apostoli. Codeste condizioni non possono che essere la coerenza di vita, l'esemplarità, la premura per ciascuna delle pecorelle che ci sono state affidate, l'amabilità e la trasparenza. Non saranno mai abbastanza neppure la sollecitudine e l'amore disinteressato e l'obiettivo che il gregge progredisca nell'ascolto attento della Parola. Quindi anche i moniti, le esortazioni, i consigli e l'accompagnamento spirituale esercitato su ciascuno. Una persona amabile ed esemplare attira la gente come api al miele e sarà sempre considerata come affidabile e degna di fiducia. Dio, radunatore di tutte le pecorelle disperse perché formino un unico ovile e nessuno vada perduto, si premura di guidarci tutti al pascolo per mezzo della testimonianza di annunciatori coerenti e speculari della sua Parola, che non si limitino a proferire e ad insegnare, ma che sappiano farsi modelli del gregge (1Pt 5, 1 - 4) e per questo si premura che siano essi stessi per primi a innamorarsi di quanto sono chiamati a proferire ad altri. Una sollecitudine e una premura che non viene smentita nell'atteggiamento di Gesù, che non si lascia prendere comunque dalla stizza per non potersi concedere una giornata di pace non appena nota che la folla si è messa comunque sulle sue tracce. E non lesina a concedere se stesso e il suo messaggio a quella turba che ancora una volta pende dalle sue labbra. |