Omelia (28-07-2024) |
diac. Vito Calella |
Il pane avanzato per completare la comunione eucaristica fuori della chiesa Dalla lettura orante del Vangelo di Marco alla lettura orante di Giovanni 6 Domenica scorsa abbiamo sentito che Gesù era pieno di compassione per la moltitudine di persone, che erano «come pecore senza pastore» (Mc 6,34a). Per primo donò, da buon pastore, il "pane" dei suoi insegnamenti (Mc 6,34b). Solo più tardi compì il miracolo di con-dividere i cinque pani e i due pesci con cinquemila uomini (Mc 6,35-42). A partire da questo "giorno del Signore", la commissione, che ha elaborato il calendario liturgico per l'anno "B" della Chiesa Cattolica, ha scelto di offrire a tutti noi, per cinque domeniche consecutive, la lettura orante del capitolo 6 del vangelo di Giovanni. Oggi il Vangelo ci offre il racconto dello stesso miracolo della condivisione di «cinque pani d'orzo e due pesci» (Gv 6,9b), donati alla stessa folla di «circa cinquemila uomini» (Gv 6,10b). Sentiamo che, dopo aver compiuto quel grande miracolo, «Gesù si ritirò da solo sul monte, perché la folla voleva prenderlo e proclamarlo re» (Gv 6,15). Proseguendo la lettura, i discepoli scesero «al mare di Galilea o Tiberiade» (Gv 6,1) e «salirono su una barca e si diressero verso Cafarnao, dall'altra parte del mare» (Gv 6,17a). Mentre Gesù rimaneva solo durante la notte sul monte a pregare, essi, avendo ubbidito all'invito del maestro, rimasero terrorizzati in mezzo al mare, agitato dal forte vento. Ma furono salvati vedendo Gesù «avvicinarsi alla barca camminando sul mare» (Gv 6,19). Il giorno successivo, Gesù, a Cafarnao, pronunciò il famoso discorso rivelandosi come «Pane di vita disceso dal cielo». Sarà oggetto di meditazione nelle prossime quattro domeniche. Il cap. 6 di Giovanni è una meditazione simbolica sul sacramento dell'Eucaristia L'evangelista Giovanni non riporta il racconto dell'istituzione dell'Eucaristia nel contesto dell'ultima cena pasquale, come fanno gli altri evangelisti (cfr. Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,19-20), confermando quanto già aveva scritto l'apostolo Paolo in 1Cor 11,23-27. Solo Lui ci offre il gesto simbolico della lavanda dei piedi, dove Gesù ci esorta a completare la comunione eucaristica con la scelta pratica della diaconia, cioè del servizio gratuito nelle nostre relazioni fraterne e nella cura dei più poveri e sofferenti (cfr. Jo 13,1-15). Pertanto, il miracolo della condivisione dei cinque pani d'orzo e dei due pesci in Giovanni 6,1-15 è la contemplazione del dono dell'Eucaristia per la vita della Chiesa. Ogni volta che celebriamo l'Eucaristia, la forza liberatrice della morte e risurrezione di Gesù diventa attuale per noi oggi. Perciò, il miracolo di Gesù che cammina sulle acque del mare è la contemplazione della sua risurrezione! Egli è il vincitore su tutte le forze del male e della morte, simbolicamente rappresentate dalle onde increspate del mare. Ringraziamo allora Dio Padre, per il dono dell'Eucaristia, meditando il vangelo di Giovanni! Il dono dell'Eucaristia, prefigurato nell'Antico Testamento Questo meraviglioso dono di salvezza e di comunione era già stato prefigurato, nella storia della salvezza, dalla manna che sfamò il popolo d'Israele nel cammino attraverso il deserto, come Gesù stesso ricorderà nel suo discorso. Il dono dell'Eucaristia era già stato prefigurato dal miracolo della condivisione del pugno di farina e del pochissimio olio rimasto nella casa della vedova di Serepta di Sidone, che sfamò lui, suo figlio e il profeta Elia durante il lungo periodo di carestia in Israele (cfr. 1Rs 17,7-16). Il pane trovato ai suoi piedi nel deserto salvò lo stesso profeta e lgli permise di arrivare sul monte Horeb (cfr 1Re 19,1-8). Il dono dell'Eucaristia è stato prefigurato anche dal miracolo della condivisione dei «venti pani d'orzo», che sfamaronoo «cento persone», nel contesto della missione profetica di Eliseo (cfr. prima lettura di 2Re 4,42-44), confidando nella parola del Signore che disse: «Mangeranno e ne faranno avanzare» (2Re 4,43). La stessa cosa accade nel racconto evangelico: «Li Raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato» (Gv 6,13). Interpretando simbolicamente gli atteggiamenti di Gesù, i personaggi, i pesci e i pani Leggendo attentamente il linguaggio simbolico del vangelo di Giovanni, ci accorgiamo che il dialogo tra Gesù e Filippo serve a esprimere l'impossibilità economica di soddisfare la fame di tutta quella folla affidandosi unicamente ai calcoli matematici dell'iniziativa umana. La disponibilità di donare a Gesù quella piccola quantità di «cinque pani d'orzo e due pesci» da parte di un solo «ragazzo», per compiere il miracolo di saziare la fame di tutti e di far avanzare anche il pane, può avere il seguente significato: il poco che ciascuno di noi ha ed è, donato al Padre, per Cristo, con Cristo e in Cristo, diventa benedizione di salvezza per tutti, con la forza dello Spirito Santo. Sembra che Gesù faccia tutto da solo: «Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano» (Gv 6,11). É lui che dona se stesso in favore di tutti. Ora, la figura di un solo «ragazzo», in una folla di circa cinquemila uomini, che possiede, da solo, «cinque pani d'orzo e due pesci» è più simbolica che realistica. Quel «ragazzo», solitario in mezzo alla folla, in possesso del cibo, potrebbe simbolicamente rappresentare ogni comunità cristiana che, dopo la morte e risurrezione di Gesù, è presente in mezzo alla moltitudine dell'umanità! Ed è disposta ad offrire a tutti l'annuncio pasquale di "Gesù Cristo, figlio di Dio Salvatore", disceso dal cielo con il dono delle sue parole di vita eterna e dell'Eucaristia. Per i primi cristiani, che conoscevano la lingua greca, Gesù è il «Ιχϑύϛ»: pesce ([Ι] Iesùs [χ]Cristòs [ϑ]Zeou [ύ]Iiòs [ϛ] Sotèr = Gesù Cristo, Figlio di Dio Salvatore. I due pesci potrebbero rappresentare il dono che Gesù ha fatto di sé nell'evento centrale di tutta la sua missione: la sua morte in croce e la risurrezione. I cinque pani potrebbero rappresentare il dono dello Spirito Santo, che ci permette di realizzare relazioni vere e durature di rispetto con gli altri e con tutte le creature della natura, perché fondate nella nostra comunione con Dio Padre, per Cristo, con Cristo e in Cristo. Potremmo associare i cinque pani d'orzo alle cinque promesse dello Spirito Santo che troviamo nel vangelo di Giovanni, quando riporta il testamento finale di Gesù, nel contesto della cena pasquale (cfr. Gv 14,15-17. 25-26; 15,26-27; 16,7-11 e 12-15). Il «ragazzo» potrebbe rappresentare ogni comunità cristiana presente nel mondo, perché un gruppo di persone ha creduto alla predicazione apostolica trasmessa di generazione in generazione ed è diventato «un solo corpo, un solo Spirito, motivato da una sola speranza, alla quale tutti sono stati chiamati», perché credono fermamente che «c'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo; un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6). «Le dodici ceste con gli avanzi dei cinque pani» (Gv 6,15) possono rappresentare la chiamata a fare l'esperienza completa della comunione eucaristica fuori della chiesa. In chiesa, quando ci riuniamo in assemblea liturgica, la comunione con il corpo e il sangue di Cristo, simbolicamente rappresentato nel Vangelo con l'atto di mangiare il pane e il pesce, ci fa sperimentare la bellezza di essere, tutti insieme, corpo ecclesiale di Cristo, «conservando l'unità dello Spirito nel vincolo della pace» (Ef 4,3). Fuori della chiesa, dopo la celebrazione eucaristica, siamo chiamati a offrire a tutti quei «resti di pane», segno della sovrabbondanza di gratuità che ci mantiene uniti nella carità. Siamo chiamati a vivere le relazioni umane fuori della Chiesa dove, in nome della nostra vocazione cristiana, con l'aiuto dello Spirito Santo, ci relazioniamo con gli altri «con ogni umiltà e dolcezza, sopportandoci a vicenda con pazienza e amore» (Ef 4). :2), essendo promotori di giustizia e di pace. I «resti di pane» potrebbero rappresentare il nostro impegno a vivere fuori dalla chiesa la comunione e la fraternità che celebriamo nella liturgia eucaristica, con la santa comunione. Il salmista pregava: «Gli occhi di tutti, Signore, sperano in te, e tu dai loro il cibo al momento opportuno; tu apri prodigiosamente la tua mano e sazi con abbondanza ogni vivente» (Sal 144,15-16). La mano provvidente di Dio Padre si manifesta fuori della Chiesa, tra gli uomini e tutte le creature della natura, attraverso il corpo ecclesiastico di Cristo, che siamo noi, affinché le nostre opere di carità lo glorifichino con la potenza dello Spirito Santo. |