Omelia (28-07-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Parola e pane

Sembrerebbe che il tema della Liturgia cambi improvvisamente, anche per la variazione del fautore del brano evangelico, oltre che per l'argomento di cui si tratta. Si passa infatti dal Vangelo di Marco alla versione di Giovanni e ci si imbatte nel famoso episodio della moltiplicazione di pane e pesce per le oltre cinquemila persone convenute.
E tuttavia, se si considerano i vari aspetti della narrazione, ci si ritrova ad affrontare lo stesso argomento delle Domeniche precedenti, con un fattore di complementarietà.
Ancora una volta protagonista della vicenda è la Parola divina che Gesù proferisce a una foltissima turba di gente, che lo segue senza sosta dovunque lui si rechi. Anche se nella versione di Giovanni non se ne fa menzione diretta, è chiaro che la gente è accorsa a lui, in questa circostanza anche per ascoltare la sua Parola, come del resto descrivono gli altri evangelisti che raccontano dello stesso avvenimento. La gente che lo segue ha sentito parlare di miracoli, di prodigi e di interventi prodigali nei confronti di tanta gente soprattutto fra i malati e i bisognosi e allora accorre all'altra riva del Mare di Galilea, dove lui si trova a parlare a tantissima gente seduto su un monte. Gesù insegna, esorta, proferisce parole divine di verità e di vita, come tante altre volte lo si è visto fare nella sinagoga o a bordo di una barca lontano da riva per non essere schiacciato dalla turba (Mc 3, 7 - 12). Questa volta però arringa il popolo da un monte, che nella Bibbia indica sempre il luogo della comunicazione delle verità divine più importanti, ovvero dell'incontro personale Dio - uomo. Gesù tuttavia non vuol limitarsi al solo cibo spirituale da donare ai suoi discepoli, ma comprende che l'impegno di attenzione e di ascolto verso la Parola che lui proferisce non può prescindere dai bisogni neurovegetativi; dicavano i pensatori antichi che per filosofare occorre aver già provveduto a mantenersi e a provvedere al proprio sostentamento materiale, ma anche per accogliere contenuti di profondità divina e spirituale vale una simile concezione: ci si deve nutrire di pane oltre che di sola parola. Non si vive di solo pane, ma in assenza di pane non si riesce a vivere. Per farla breve, Gesù asseconda anche la fame materiale di tutta questa gente, ben sapendo quello che sta per compiere. Da una minuscola quantità di pane e di pesce ecco scaturire abbondante cibo che sfama cinquemila persone sedute sull'erba e alla fine vengono portati via gli avanzi: 12 ceste piene di pane. Il numero dodici rappresenta la pienezza della maturità umana, non per niente dodici sono anche gli apostoli, dodici le tribù d'Israele e molto altro nella Scrittura si descrive con questa cifra.
Siamo davanti a un esempio lampante di come la Parola, apportatrice di vita, si fa vita essa stessa, sia nel senso fisico che nel senso morale, rivelativo e spirituale: Gesù, che è il Verbo stesso fatto carne, annuncia la Parola divina e questa sortisce immediatamente i suoi effetti, capace non solamente di appagare il desiderio consapevole di verità e di valori che è insito nel cuore dell'uomo, ma anche la fame materiale. Certamente non possiamo pretendere che ogni volta che si ascolti la Parola del Signore ci vengano conferite porzioni abbondanti di pane, pesce o altri generi alimentari in grado di soddisfarci, tuttavia nel Signore e nella manifestazione della sua volontà l'uomo può trovare la via congeniale anche per soddisfare le proprie esigenze fisiche. La Parola di Dio, appunto perché orienta per la vita, può ispirarci anche affinché guadagniamo la vita fisica e il sostegno materiale e del resto è pur vero che il "pane quotidiano" deriva pur sempre dalla misericordia del Padre. Geremia dimostra come sia opera di Dio che un solo pezzo di pane si moltiplichi fino a sfamare una moltitudine di persone (Prima Lettura), così analogamente anche in Elia ci viene rammentato come farina e olio possono moltiplicarsi a beneficio di coloro che confidano in Dio, ma l'episodio di cui al v angelo di oggi ci ragguaglia di come Gesù Parola incarnata, offra se stesso come Verbo di sapienza oltre che come che estingue la fame materiale. La Parola stessa è pane per noi e produce pane per tutti. Essa è infatti il procedimento attraverso il quale Dio si rivela orientando l'uomo costantemente e tale prerogativa di sostegno è già un alimento; la stessa rivelazione poi coglie l'uomo fino in fondo e lo raggiunge fin nella sua realtà più estrema e recondita.
Ma la moltiplicazione dei pani nel bel mezzo del verde della prateria, quando si sfama un'intera turba di popolo anticipa la realtà del Risorto, che è la Parola che si rende per noi cibo, alimento di vita e farmaco di immortalità. Egli stesso infatti nel medesimo brano di Giovanni annuncia di essere il Pane vivo disceso dal Cielo, invitandoci tutti a "mangiare la sua carne e bere il suo sangue", perché possiamo avere la vita in abbondanza. E in effetti sarà egli stesso l'alimento di vita quando manifesterà la sua volontà di rendersi presente "fino alla fine del mondo" nel pane eucaristico che ogni Domenica, tutt'oggi, fa seguito alla Parola proclamata nella celebrazione Eucaristica. Anzi, il Pane vivo che è Gesù è propriamente la Parola che, ascoltata e assimilata, viene spezzata per essere condivisa dalla comunità radunata nel suo nome. La Parola che già si era fatta carne presenzia in una forma di pane quando questo sull'altare diventa il suo Corpo per apportare i benefici medesimi di redenzione che Essa operò in Giudea e in Galilea.