Omelia (28-07-2024) |
don Alberto Brignoli |
Quel poco che fa molto Giunti esattamente a metà del Tempo Ordinario, il Vangelo di Marco lascia il posto, per alcune domeniche, al Vangelo di Giovanni e al discorso sul Pane di Vita, come conseguenza del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci narrato questa domenica. Il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni a ragione è considerato da molti studiosi come il testo in cui viene narrata l'istituzione dell'Eucaristia secondo il discepolo prediletto, che invece nell'Ultima Cena si concentra sul gesto della Lavanda dei Piedi. In questo brano ci sono diversi elementi che ci portano a pensare a una narrazione anticipata dell'istituzione del Sacramento dell'Eucaristia: la prossimità della Pasqua, la presentazione delle umili offerte da parte dell'assemblea, i gesti del sedersi e alzarsi tipici di un gesto liturgico, la benedizione pronunciata da Gesù sui doni, la distribuzione ai presenti, la conservazione di ciò che avanza "perché nulla vada perduto"... sono tutti elementi che ci parlano in maniera inequivocabile della Liturgia Eucaristica, la Celebrazione Domenicale della Santa Messa. E su ognuno di questi elementi si potrebbe costruire una riflessione teologica e spirituale capace di attirare la nostra attenzione e di animare la nostra preghiera. Ma c'è qualcos'altro che sempre mi colpisce di questo brano, ed è la figura del ragazzo che ha con sé i suoi cinque pani d'orzo e i due pesci, che a sua insaputa diventa il protagonista di quanto sta per avvenire. Egli non si rende conto del fatto che il suo povero spuntino, messo nella sua bisaccia come ogni mattina prima di uscire da casa, sarebbe divenuto il più conosciuto della storia; e ancor meno, i discepoli potevano immaginare altra soluzione al problema di sfamare la folla se non quello di un calcolo economico. Un calcolo improbabile, visto che avere duecento denari voleva dire avere a disposizione il corrispondente del fabbisogno giornaliero di duecento persone. Ma lì si stava parlando di cinquemila uomini... Qualcuno che già "sapeva quello che stava per compiere" in realtà c'era. E sapeva bene che la soluzione non era quella di affidarsi al capitale economico a disposizione, ma alla condivisione di quanto ognuno possedeva, tanto o poco che fosse, purché equamente ridistribuito. Gesù non era certo un economista, e forse nemmeno lui oggi farebbe miracoli di fronte alle numerose e frequenti crisi economiche e finanziare che attanagliano l'umanità, ma una soluzione alla fame del mondo l'avrebbe trovata forse proprio attraverso il concetto dell'equa ridistribuzione di ciò che - tanto o poco che esso sia - ognuno ha disposizione. Concetto, questo, che nelle "Piazze Affari" di ogni angolo del pianeta non sembra essere molto "afferrato"... Avere tanto o avere poco: con Dio, non è questo ciò che conta. Conta il solo fatto di sapere che nessun uomo è inutile. Conta il fatto di essere ben coscienti che ognuno di noi può fare - ed è chiamato a fare - la propria parte perché "ognuno possa ricevere un pezzo" di pane. Conta che non esistono pregiudizi di sorta legati all'età delle persone, alla pochezza dei loro mezzi, ai limiti della loro cultura, alla scarsità del loro accesso ai mezzi d'informazione, tali da poter condizionare la buona riuscita di un'azione solidale per chi si trova in qualsiasi stato di necessità. Ma soprattutto, questo brano ci vuole aiutare a comprendere che ognuno di noi ha qualcosa da offrire agli altri. La logica del Vangelo, forse, è proprio questa: anche il più piccolo, nel Regno di Dio, vale quanto i grandi della storia; anche il più scarso degli uomini ha le sue ricchezze; anche il più banale tra gli uomini ha la sua utilità, anche il più misero o il peggior peccatore tra gli abitanti di questa terra vale molto agli occhi di Dio. E quello che agli occhi degli uomini è considerato un nulla (cinque pani e due pesci per cinquemila persone), agli occhi di Dio vale più di qualsiasi cosa comprata a suon di quattrini. Stiamo ben attenti, ogni volta che ci permettiamo di giudicare la validità delle persone dal loro aspetto, dai loro comportamenti, dal loro carattere o dal loro passato. Perché Dio sconfigge la forza di un potente esercito nemico con la bella faccina imberbe di un ragazzino come Davide; Dio fa di un corrotto esattore delle tasse un redattore del suo Vangelo; Dio è un Padre che abbraccia nuovamente un figlio di ritorno da un viaggio tutt'altro che di affari leciti e redditizi, e con il suo amore gli trasforma la vita; Dio scopre la fede più grande d'Israele nel cuore di un centurione romano, uno fuori dall'orbita della salvezza, uno straniero (un extracomunitario, diremmo oggi); Dio fa entrare la sua salvezza nella casa del capo dei pubblicani e degli strozzini della città solo chiamandolo per nome ed esortandolo a scendere dalla pianta su cui si era arrampicato per nascondersi. E ignora totalmente le soluzioni proposte dai suoi fedeli discepoli: Filippo, che aveva già fatto i suoi calcoli monetari, e Andrea, che banalizza l'offerta del ragazzino: "Cos'è mai per tanta gente, un ragazzo con cinque pani e due pesci"? Anche Gesù - lo abbiamo ascoltato alcune domeniche fa nel Vangelo - viene minimizzato e banalizzato dai suoi compaesani come "il figlio del falegname le cui sorelle vivono qui in mezzo a noi...". "Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono", scriveva Paolo ai cristiani di Corinto. E allora, ben venga la pochezza di cinque pani e due pesci: perché anche se agli occhi del mondo vale un nulla, la potenza dell'amore di Dio e la logica della condivisione sanno trasformarla in abbondanza di vita per l'umanità. |