Omelia (28-07-2024)
don Lucio D'Abbraccio
Riponiamo la nostra fiducia in Cristo che è Pane dei poveri e Cibo del pellegrino!

Quest'oggi la liturgia prevede come pagina evangelica l'inizio del capitolo VI di Giovanni. Questa pagina evangelica presenta il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci. L'autore sacro scrive che Gesù vedendo la grande folla che veniva da lui, nei pressi del lago di Tiberiade, si rivolge all'apostolo Filippo e domanda: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». I «duecento denari» che Gesù e gli apostoli possiedono, non bastano per sfamare quella moltitudine. Ed ecco che Andrea, un altro dei Dodici, conduce da Gesù un ragazzo che mette a disposizione tutto quello che ha: «cinque pani e due pesci»; ma, continua l'evangelista, Andrea dice: «ma che cos'è questo per tanta gente?». Eppure Gesù ordina ai discepoli di far sedere la gente: «Fateli sedere», poi prende «i pani e, dopo aver rese grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci», e tutti possono avere cibo a sazietà. Tutti hanno mangiato quello che volevano. Narrando il "segno" dei pani, l'Evangelista sottolinea che Cristo, prima di distribuirli, li benedisse con una preghiera di ringraziamento.
Il verbo è eucharistein, e rimanda direttamente al racconto dell'Ultima Cena, nel quale, in effetti, Giovanni non riferisce l'istituzione dell'Eucaristia, bensì la lavanda dei piedi. L'Eucaristia è qui come anticipata nel grande segno del pane della vita. Come non ricordare che specialmente noi sacerdoti possiamo rispecchiarci in questo testo giovanneo, immedesimandoci negli Apostoli, là dove dicono: Dove potremo trovare il pane per tutta questa gente? E leggendo di quell'anonimo ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci, anche a noi viene spontaneo dire: «Ma che cos'è questo per una tale moltitudine? In altre parole: come posso, con i miei limiti, aiutare Gesù nella sua missione?». E la risposta la dà il Signore: proprio mettendo nelle sue mani "sante e venerabili" il poco che essi sono, noi sacerdoti diventiamo strumenti di salvezza per tanti, per tutti!
Poi, alla fine del racconto, quando tutti furono saziati, Gesù disse ai discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Pensiamo alla gente che ha fame e a quanto cibo avanzato noi buttiamo... Ognuno di noi pensi: il cibo che avanza a pranzo, a cena, dove va? A casa nostra, cosa si fa con il cibo avanzato? Si butta? Impariamo a non buttare mai il cibo avanzato.
Con questa pagina evangelica, la liturgia ci induce a non distogliere lo sguardo da quel Gesù che domenica scorsa, nel Vangelo di Marco, vedendo «una grande folla, ebbe compassione di loro» (cf Mc 6,34). Oggi, infatti, Giovanni ci mostra nuovamente Gesù attento ai bisogni primari delle persone. L'episodio scaturisce da un fatto concreto: la gente ha fame e Gesù coinvolge i suoi discepoli perché questa fame venga saziata. Alle folle, Gesù non si è limitato a donare il «pane e i pesci», ma ha offerto la sua Parola, la sua consolazione.
Di fronte al grido di fame - ogni sorta di "fame" - di tanti fratelli e sorelle in ogni parte del mondo, non possiamo restare spettatori distaccati e tranquilli. L'annuncio di Cristo, pane di vita eterna, richiede un generoso impegno di solidarietà per i poveri, i deboli, gli ultimi, gli indifesi. Questa azione di prossimità e di carità è la migliore verifica della qualità della nostra fede, tanto a livello personale, quanto a livello comunitario.
Ebbene, il racconto evangelico che abbiamo oggi ascoltato, ci fa comprendere che il vero prodigio non è tanto la moltiplicazione dei pani e dei pesci, bensì il coraggio di condividere quel poco che si ha, anzi, la nostra stessa povertà, cioè quel poco che si è. Facciamo nostra la logica del dono, della prossimità, della carità, dell'amore che non calcola. Prendiamoci cura gli uni degli altri, riconoscendo il grido del povero e dell'affamato.
L'Eucaristia che stiamo celebrando è cibo del pellegrino, pane dei poveri, sacramento di vita dei peccatori. A tal proposito, concludo questo mio pensiero con una preghiera di san Tommaso d'Aquino.
«O Dio, onnipotente ed eterno, mi accosto al sacramento del tuo unigenito Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo; mi accosto come un infermo al medico della vita, un assetato alla fonte della misericordia, un cieco alla luce dell'eterno splendore, un povero al padrone del cielo e della terra. Perciò invoco la tua immensa generosità: degnati di curare la mia infermità, di illuminare la mia cecità, di arricchire la mia povertà, di rivestire la mia nudità, affinché riceva il pane degli angeli per la mia salvezza. Concedimi, ti prego, che io riceva non solo il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, ma anche la grazia e la virtù di questo Sacramento. Amen!».