Omelia (31-07-2024)
Missionari della Via


L'umanità è stata da sempre cercatrice di tesori: in noi abbiamo un innato desiderio di trovare cose preziose, ricchezze, fortune, vincite, riuscite. Ciò accade in tutti i campi! La presenza di Gesù, il regno dei cieli, ci viene presentato come la vera ricchezza, quella che l'uomo è disposto ad accogliere vendendo tutti i suoi beni. Si tratta di un bene incommensurabile, senza misura, impagabile. Nella vita possiamo comprare tante cose, fare gli amiconi di tutti, ricevere l'attenzione di tutti, sentirci dei grandi benefattori, delle persone realizzate e anche essere acclamati, applauditi, ma quando non riusciamo a capire che per ottenere il bene più grande dobbiamo togliere, perdiamo tutto. Funziona al contrario, più togli beni superficiali, più prepari lo spazio al vero bene, la presenza di Dio, la perla preziosa. Il problema è che noi utilizziamo i beni perché ci fanno sentire pieni, in fondo perché vogliamo essere noi la perla preziosa, perciò ci riempiamo di convinzioni, di fonti di benessere, ci impegniamo per avere potere, per essere riconosciuti e visti, cerchiamo di apparire in tutti i modi, pur di sentirci perle preziose di cui gli altri hanno bisogno per stare bene. Dio è l'unica perla preziosa, noi così fragili, sempre a rincorrere il riconoscimento degli altri, comunque non valiamo poco, infatti, siamo capaci di "contenere Dio", la nostra anima può essere lo scrigno della perla preziosa. Così possiamo essere luminosi realmente! Dio non ci viene a togliere la possibilità di essere belli, preziosi, di valere, ma ci viene a dire che non sono le cose, le relazioni, niente nel mondo può colmare quella sente di grandezza che abbiamo nel cuore, quello è lo spazio di Dio che ci vuole partecipi della sua grandezza.

Noi spesso ci chiudiamo nei nostri pianeti, nei quali cerchiamo gloria nel potere e nell'ammirazione, eppure dimentichiamo di essere piccoli principi, partecipi della regalità di Dio.

«Il secondo pianeta era abitato da un vanitoso. "Ah! ah! ecco la visita di un ammiratore", gridò da lontano il vanitoso appena scorse il piccolo principe. Per i vanitosi tutti gli altri uomini sono degli ammiratori. [...] "Buon giorno", disse il piccolo principe, "che buffo cappello avete!" "È per salutare", gli rispose il vanitoso. "È per salutare quando mi acclamano [...]". "Ah sì?" disse il piccolo principe che non capiva. "Batti le mani l'una contro l'altra", consigliò perciò il vanitoso. Il piccolo principe batté le mani l'una contro l'altra e il vanitoso salutò con modestia sollevando il cappello. Dopo cinque minuti di questo esercizio il piccolo principe si stancò della monotonia del gioco: "E che cosa bisogna fare", domandò, "perché il cappello caschi?" Ma il vanitoso non l'intese. I vanitosi non sentono altro che le lodi. "Mi ammiri molto, veramente?" domandò al piccolo principe. "Che cosa vuol dire ammirare?" "Ammirare vuol dire riconoscere che io sono l'uomo più bello, più elegante, più ricco e più intelligente di tutto il pianeta". "Ma tu sei solo sul tuo pianeta!" "Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!" "Ti ammiro", disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, "ma tu che te ne fai?" E il piccolo principe se ne andò. Decisamente i grandi sono ben bizzarri, diceva con semplicità a se stesso, durante il suo viaggio» (Antoine de Saint-Exupéry).