Omelia (04-08-2024) |
don Giacomo Falco Brini |
Gesù, il pane di Dio Domenica scorsa abbiamo visto che la folla, saziata dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci, vuole fare di Gesù il proprio leader, perché diceva: "questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!" Un'espressione di fede solo apparente. Provando a declinare, era come se dicesse: "questo è il profeta che ci serve, uno capace di risolvere i problemi di approvvigionamento del cibo per tutti, uno che può rispondere ai bisogni della nostra pancia, a tutti i bisogni primari dell'uomo". Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo - concludeva il testo del vangelo. Il vangelo odierno è una naturale prosecuzione del confronto tra la folla sfamata di pane materiale e Gesù. Quella stessa folla si mette alla ricerca del Signore e quando lo trova a Cafarnao gli domanda: Rabbi, quando sei venuto qua? È evidente che quella gente cercava Gesù, ma perché? Ecco allora che il Signore non risponde alla loro domanda ma esprime una osservazione critica che vuol correggere la prospettiva di questa ricerca. La gente non ha compreso il segno del miracolo dei pani e dei pesci, ma ha solo approfittato di quella abbondanza e su di essa ha ragionato per un tornaconto personale. Il confronto che nasce dal dialogo tra Gesù e la folla allora diventa il confronto tra un modo di concepire la vita e un altro, tra un modo di leggere la realtà e un altro. Se infatti la folla ha cercato Gesù, lo ha fatto unicamente perché si è saziata materialmente. Invece il miracolo compiuto da Gesù era segno di qualcosa di ben più grande che Dio vuol donare agli uomini: datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà - dice il Signore alla folla al termine della sua osservazione critica. C'è un pane nuovo da conoscere e da accogliere, un pane che viene a sfamare i desideri più profondi del cuore umano. L'uomo è un desiderio di vita infinita, diceva S. Agostino. Eppure la ricerca dell'uomo può clamorosamente restringersi e limitare il proprio orizzonte. Come vediamo nella 1a lettura di oggi, dove ci viene ricordato nel cammino percorso da Israele nel deserto, che si può cercare di vivere per il solo soddisfacimento dei bisogni primari e arrivare a lamentarsene con Dio che invece vuol donare di più all'uomo, perché lo ha creato per questo "di più". Si tratta di acquisire una prospettiva di vita nuova che solo la fede dona. È interessante che la gente sia colpita da quel datevi da fare che Gesù ha espresso. Gli ebrei da convinti credenti nella Legge mosaica subito ribattono domandando al Signore: che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio? Hanno udito che devono darsi da fare, allora gli chiedono: dicci cosa dobbiamo fare. E qui giunge ancora una volta una risposta inattesa, una prospettiva talmente diversa che per essere compresa richiede una conversione totale: questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato. Ovvero: voi pensate che principio dell'opera di Dio sia un vostro "fare"? No, principio dell'opera di Dio è il dono della fede in suo Figlio Gesù Cristo. È credere in Gesù l'inizio dell'opera di Dio, è stabilire una relazione con Lui il fondamento perché un'opera possa dirsi "di Dio". Non c'è da discutere su questo: è Dio che ha preso l'iniziativa e in Gesù ha portato la sua principale opera a compimento. Se non c'è prima l'accoglienza di questo dono non si può cogliere il senso profondo del dialogo successivo. Infatti la gente replica: quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto...La gente sfida Gesù a compiere un segno. Sembra sentirsi in difficoltà a causa delle parole di Gesù. Per questo, con la richiesta evocano anche un prodigio che i loro padri vissero nel deserto. Il miracolo della manna che era stato per loro come un pane proveniente dal cielo. E Gesù di nuovo corregge la prospettiva della gente, invitando ad aprire la mente su una interpretazione di quel dono assolutamente diversa dalla loro comprensione. La manna che scese nel deserto per venire a sfamare il popolo in cammino era solo figura del pane di cui parla Gesù: in verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo. Queste parole giungono al cuore della gente che esclama meravigliata: Signore, dacci sempre questo pane. A questa richiesta, Gesù senza alcun indugio rivela apertamente di essere Lui il vero pane del cielo mandato da Dio. Solo Gesù può soddisfare i nostri desideri più profondi. Altre persone o altre creature o cose possono dare solo soddisfazioni temporanee o parziali. Chi accoglie Gesù invece per quello che è verrà riempito di un dono che non deluderà e che rimane per sempre. In mezzo a quella folla, ci sarà stato qualcuno che ha creduto in Gesù? Chiediamo insieme al Signore la grazia di saperlo riconoscere e accogliere come pane divino in ogni eucarestia per trovare in Lui la nostra felicità. |