Omelia (25-08-2024)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Gs 24,1-2.15-17.18; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69

La prima lettura è tratta dal libro di Giosuè, il condottiero scelto da Mosè come suo successore. La lettura di questo libro è interessante, ma non dobbiamo lasciarci ingannare: è ormai riconosciuto dalla maggioranza degli studiosi, esegeti ed archeologi, che il Libro di Giosuè abbia poco valore storico e che le vicende narrate risentano di fatti storici molto successivi. Però Giosuè è una figura mitica e affascinante. Dante lo colloca nel Paradiso, tra gli spiriti beati, i «militi» della fede, nel quinto cielo (Paradiso, XVIII, vv.37-39). Nel 1747, Georg Friedrich Händel compose Joshua, oratorio musicale in tre atti, il cui racconto segue gli Israeliti dal loro passaggio sul Giordano fino a Canaan. Se storicamente non possiamo accreditare le notizie fornite dal libro, ma attribuire ad esso un prevalente significato teologico, resta però il fatto che Giosuè, dopo la morte di Mosè, ha ricevuto da Jahvè un'eredità non facile: condurre i figli d'Israele verso il paese che Dio ha concesso loro in eredità. Giosuè è un uomo con un notevole ascendente sul popolo, e riuscirà ad assolvere il suo compito.

Verso la fine della sua vita, prima che tutti si disperdano per occupare i territori, Giosuè indice una grande assemblea a Sichem, nello stesso luogo in cui Dio era apparso ad Abramo e gli aveva promesso una terra e una lunga discendenza. Al popolo, ai capi ed agli ispettori, egli rivolge un discorso duro. Chi volete servire - chiede loro - Jahvè o altri dei? Se scegliete Jahvè sappiate che egli è un Dio geloso il quale, dopo avervi beneficato, non perdonerà il vostro tradimento. Egli vuole essere servito con sincerità ed integrità...«Ora, dunque, temete il Signore e servitelo con integrità e fedeltà. Eliminate gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume e in Egitto e servite il Signore. Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gs 24,14-15)».

A Sichem, il popolo stringe un patto di fedeltà al Signore. Questo è il messaggio che oggi la sapienza della Chiesa vuole donarci attraverso la lettura di questo brano del Primo Testamento: chi vogliamo servire, il Signore o gli idoli che, in gran quantità ci vengono proposti? A chi vogliamo essere fedeli?

Passano lunghi anni. In mezzo, vicende liete e tragiche, tempi di guerre e stagioni di pace. Cambia la scena. Gesù stringe con il suo popolo un altro patto. Non solo più con il popolo d'Israele, ma con tutti i popoli della terra.

Siamo nella Sinagoga di Cafarnao e il Maestro ha appena pronunciato un altro discorso: Nessuno ha veduto il Padre eccetto colui che viene da Dio. Chi crede ha («ha», non «avrà») la vita eterna. E offre se stesso come pane della vita. Lo abbiamo visto domenica scorsa.

Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dicono: Questo linguaggio è duro. Chi lo può capire?

È vero: si tratta di un discorso duro, proprio come quello di Giosuè e, come in quello del successore di Mosè, vanno colte le importanti valenze teologiche. E questo vale anche per quanto concerne il nostro rapporto di coppia. Perché?


Anche ai tempi di Giosuè, così come in quelli di Gesù, e come per noi oggi, chi ascolta un discorso è istintivamente portato a cercare conferme alla propria verità. Vogliamo ascoltare ciò che ci piace sentirci dire. Applaudiamo con enfasi coloro che la pensano come noi e che non ci obbligano a modificare i nostri punti di vista e, di conseguenza, i nostri comportamenti. Questo è il nostro impianto ideologico, e le ideologie non sono state per nulla abbattute. Permangono soprattutto le nostre piccole ideologie personali perché ci danno sicurezza, ci consentono di sterilizzare le novità, di stare nel nostro nido caldo e confortevole, non mettono a soqquadro le nostre certezze. Abbiamo la tendenza a dividere gli altri tra «in» e «out», tra «amici» e «nemici»: con i primi instauriamo rapporti di vicinanza, talvolta di clientela, spesso collusivi; con gli altri... è guerra, e non solo metaforica. Tutto questo è inevitabile, quando agiamo «secondo la carne». Lo è nello stesso rapporto di coppia. Spesso al centro non c'è lui o lei, ma il proprio «io». Mettiamo noi, non l'altro, al primo posto.


Eppure come coppia - anche senza etichette - abbiamo una responsabilità enorme, come ci dice Paolo nella seconda lettura. Lasciamo perdere i dettagli. Paolo era figlio del suo tempo, come noi del resto. Non c'è pericolo più grande che leggere la Parola di Dio in senso letterale, integralistico. Paolo viveva in una società maschilista (ma resta da dimostrare che oggi questo pericolo sia scomparso, come dimostrano i sempre più diffusi femminicidi...). È certo che oggi il marito non è il capo della moglie; è certo che oggi la moglie non deve essere sottomessa al marito... È fuori discussione, e non sarà certo Paolo a farci cambiare idea. Ma se ci fermiamo a questo nel messaggio di Paolo rischiamo di perdere l'essenziale. Scriveva Paolo Mirabella in Famiglia domani 2/2024: «Noi accostiamo solitamente questo testo soffermandoci sui soggetti della coppia: il marito da una parte e la moglie dall'altra, Cristo da una parte e la Chiesa dall'altra. In realtà l'analogia non è tra i singoli, ma tra le coppie: marito-moglie e Cristo-Chiesa. Dunque è la tipologia del rapporto che deve attirare la nostra attenzione. Un rapporto di dono che richiede accoglienza e reciprocità di offerta. Una circolarità che muove da Cristo verso la Chiesa e che coinvolge la stessa coppia marito-moglie in quanto, essi stessi, chiamati ad accogliere l'amore di Cristo, a vivere di quell'amore e ad amare del suo stesso amore». Marito e moglie si amano - si devono amare - come Cristo ama la Chiesa e la rende santa e immacolata. Non solo, ma l'amore di una coppia, di un uomo e di una donna, assurge a segno dell'amore di Gesù per la sua comunità. E allora non ha neppure più senso dire chi comanda e chi sta sottomesso, chi è il capo, perché nell'amore c'è solo dono.

Sì, è un discorso duro anche questo... Ma Gesù ci dice: "Soltanto lo Spirito di Dio dà la vita, l'uomo da solo non può far nulla. Le parole che vi ho detto hanno la vita perché vengono dallo Spirito di Dio... " (Gv 6,63-64).

Gesù ascolta lo Spirito; semplificando, la propria coscienza. La coscienza è una componente molto scomoda della nostra esistenza, se potessimo ne faremmo volentieri a meno. Gesù però non scende mai a patti con essa. Adegua il suo comportamento alle esigenze concrete degli altri. Al loro «qui» e «ora». Si tratta di una grande lezione per la coppia: mettere al centro l'altro e la sua libertà.


Come Gesù, il cristiano non è dunque un «benpensante» che ragiona per ideologie. Che dice quelle cose che presume facciano piacere all'interlocutore. Rispetta la propria coscienza, operando in se stesso uno slittamento da una coscienza divisa ad una coscienza universale. Disposto a scendere in piazza per far valere i diritti dei più deboli, non collabora a modificare le leggi sulla base di interessi corporativi. In coppia, cresce con l'altro aspettandolo quando questi è in ritardo, fa con lui un chilometro di strada, quando gli viene richiesto di fare cento metri. Non rimuove le difficoltà, ma le affronta, senza temere «perdite». Non ha paura di essere strumentalizzato. Si sente in fase di conversione continua, non pretende che siano prima gli altri a convertirsi. Questo sarebbe un ricatto, anche all'interno della coppia.

Sì, questo discorso è duro.

Eppure è il progetto di Dio per noi.


L'anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

È in lui che gioisce il nostro cuore,

nel suo santo nome noi confidiamo.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo. (Salmo 33, 20-22).


Traccia per la revisione di vita
1) Siamo disposti alla conversione, oppure il nostro cuore è ancora duro?

2) Sappiamo discernere l'impianto ideologico nei nostri pensieri?

3) Sappiamo distinguere la voce dello Spirito che ci parla? Siamo disposti a seguirla? Quale rapporto abbiamo con la nostra coscienza? Affrontiamo in coppia questi temi?

4) Come ci comportiamo nella vita di coppia e di famiglia di fronte a scelte difficili che ci interpellano? Troviamo alibi? Scegliamo la comodità o accettiamo il rischio?

5) Siamo disposti a lavorare nella nostra comunità affinché l'azione sia sempre improntata all'attenzione e alla fedeltà al reale?

Luigi Ghia - Direttore di Famiglia domani