Omelia (10-08-2024)
Missionari della Via


Commento al Vangelo

San Lorenzo, di cui celebriamo la festa, e con lui tutti i santi, ci mostrano la verità assoluta delle parole del Signore: come chicchi di grano sono morti a sé stessi e hanno portato tanto frutto, sia durante la loro vita terrena che dopo! Hanno odiato la loro vita in questo mondo, cioè non hanno vissuto per sé stessi, non hanno seguito la mentalità mondana ma hanno fatto spazio all'amore di Dio. Hanno seguito Gesù in questa vita vivendo il Vangelo, e ora sono per sempre con Lui, nella gioia e nella gloria eterna, onorati dal Padre, venerati e invocati dagli uomini. I santi ci gridano che vale la pena scommettere sulle parole del Vangelo e, con il loro esempio, ci invogliano a correre sulla via della santità. L'alternativa? «Chi ama la sua vita in questo mondo la perde». Tradotto: vivere per sé, avere come centro io proprio ego, significa perdersi, non vivere appieno, restando chiusi negli angusti anfratti del proprio io egoista. «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo» ci ha detto Gesù. Quante persone sono rimaste sole perché non hanno imparato ad amare; come il chicco di grano che, anziché lasciarsi andare e marcire, ha voluto "resistere" pensando unicamente a salvaguardare se stesso. Quanti uomini e donne saltano "di pali in frasche" da una relazione vuota a una vana, ritrovandosi soli. Quanti hanno assolutizzato il loro lavoro, i loro progetti e qui sulla terra hanno costruito imperi; sono stati ammirati, temuti, "usati" ma non sono stati amati; e in cielo non hanno mandato neanche "una pietruzza" d'amore... Per "mandare in cielo" almeno una pietruzza, prendiamo per oggi un piccolo impegno: rinunciare a qualcosa (che sia una cosa o un'attività che piace) per donarlo a qualcun altro; rinunciare a un po' del "proprio" tempo per dedicarlo a qualcun altro... Che il Signore ci aiuti, a piccoli passi, a camminare sulla via della santità!

«Penso a ciò a cui tengo di più. La persona più cara; la relazione più importante; il progetto su cui ho investito di più; il luogo a cui sono più legato; la cosa di cui ho più bisogno... Come puoi, Signore, chiedermi di odiare tutto questo? Penso a ciò che temo di più, a quello che assolutamente non sopporterei di perdere, alle cose senza cui non posso vivere. Come puoi, Signore, chiedermi di morire? Perché? Il Signore non ci chiede di morire, ma di lasciarci trasformare. A volte la trasformazione potrà assomigliare a una spoliazione, potrà essere così radicale da sembrare una morte. Ma in realtà è vita: come quella del nuovo germoglio, della farfalla, del bambino strappato al tepore dell'utero??? Vita violenta, forse, ma vita. A volte è l'unico modo di ricordarci che non c'è niente che ci siamo meritati o guadagnati coi nostri progetti, non c'è niente che possiamo pretendere di mantenere per sempre perché è ‘nostro di diritto': tutto è dono. È proprio per questo che noi possiamo stare tranquilli e sereni, senza arrabattarci a difendere i confini di quello che è nostro. Il Padre ha donato, lui saprà come far fruttare e come continuare a nutrirci. Il Signore non ci chiede di "odiare" la nostra vita: nella lingua di Gesù questo verbo non aveva la connotazione emotiva negativa che ha nella nostra. "Odiare" qui significa semplicemente "non preferire", "mettere al secondo posto". Riservare il primo posto a Dio perché è Dio, e non per i doni che mi fa; così posso godermi fino in fondo tutti i beni che mi sono donati, perché rimangono segni che aprono a un amore più grande, e non diventano idoli che rendono schiavo» (Harambet).