Omelia (15-08-2024)
don Andrea Varliero
Lo spazio e la luce per non farti invecchiare

«Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare», canta un poeta. La luce, l'anno scandito al ritmo di santa Maria per non invecchiare: l'8 dicembre il suo concepimento, l'Immacolata; nove mesi dopo la sua nascita, l'8 settembre, Maria bambina; il 21 novembre la sua presentazione al Tempio da parte di Gioacchino ed Anna, Madonna della Salute; il 25 marzo il suo «Eccomi» davanti alla proposta di Dio, l'Annunciata; il 31 maggio il suo pellegrinaggio di fretta verso Elisabetta, la Visitazione; il primo gennaio la sua maternità, la Theotokos, la Madre di Dio; il 2 febbraio la sua offerta al Tempio del figlio, la Candelora; il 15 settembre il suo stare ai piedi della Croce, l'Addolorata; il lunedì dopo Pentecoste il suo essere Madre della Chiesa; il suo Cuore Immacolato contemplato nel giugno del Sacro Cuore. Ogni mese scandito dalla sua vita e dai suoi passi, ed oggi la solennità mariana più bella, quella più vicina alla Pasqua, quella che più avvicina noi a Lei, quella che più ci allena lo sguardo: Maria assunta in Cielo. È il giorno della sua Pasqua, della sua luce che non ci fa invecchiare.
Lo spazio: oggi siamo pellegrini in tre luoghi diversi per portare un fiore alla sua tomba. Il primo fiore lo deponiamo a Gerusalemme, ai piedi del monte degli Ulivi, che tra le fronde sussurrano ancora quella notte di solitudine e di tradimento. Uno stretto passaggio fa scendere alla Grotta del Getsemani: è qui, in questa grotta naturale, che si fa memoria del tradimento di Giuda e dell'arresto di Gesù. Proprio lì vicino troviamo la memoria della tomba di Maria: non è un caso, il campo del Getsemani era probabilmente proprietà di una famiglia amica di Gesù; appare verosimile che Maria abbia ricevuto sepoltura nel terreno di quella stessa famiglia. Maria vicina alla grotta del tradimento, Maria accolta nella notte del Getsemani, Maria che illumina la notte del silenzio di Dio.
Il secondo luogo dove portiamo un fiore è nel punto più alto di Gerusalemme, sul monte Sion, la chiesa madre di tutte le chiese, vicino al Cenacolo dove Lei è stata presente il mattino di Pasqua e la sera della Pentecoste. Lì deve essersi addormentata, insieme ai discepoli, insieme alla Chiesa. Maria accolta nella Chiesa, Maria che come madre sollecita custodisce i propri figli, la Vergine figlia di Sion, Maria che veglia sulla Chiesa.
Il terzo luogo dove portiamo un fiore è a Efeso, la bellissima città ellenistica sulle coste della Turchia, con i resti della biblioteca e del più grande tempio antico dedicato alla Bellezza. Lì deve essere stata di casa insieme a Giovanni evangelista. Ai piedi della croce si sono sentiti dire: Donna, ecco tuo figlio! Ecco tua madre! Si sono accolti, la madre e il discepolo, tra le identità più care. Lì Maria deve essersi addormentata, Maria accolta nella casa insieme ai nostri affetti più cari, insieme al discepolo amato, insieme a ognuno di noi.
Tre luoghi, tre spazi che non ci fanno invecchiare: in tutti e tre i luoghi troviamo la tomba vuota, svuotata nel suo interno della morte stessa, svuotata della paura che la morte porta con sé. Maria vive, cammina con noi: la sento presente nella liturgia, la sento partecipe del mistero di quel Corpo, è lei il silenzio materno e accogliente delle nostre chiese. La sento presente nelle donne che animano la Chiesa e la società, uno sguardo femminile necessario all'uomo, uno sguardo altro, complementare, per questo necessario. La sento presente nei momenti di generosità e di poesia, e nella forza del canto del Magnificat che rovescia le prospettive. La sento presente nell'ascolto della Parola e del mondo, nei momenti di piena umanità, quando le scelte sono di vita piena. La sento presente quando accompagno qualcuno all'incontro con sorella morte: in Lei intravvedo quello che è destino per tutti noi. Che la testa del piccolo o grande drago che ci portiamo dentro non avrà l'ultima parola: sarà schiacciato dal bene, non da altra violenza. Che il nostro corpo non è la tomba dell'anima, ma Tempio dello Spirito, che il corpo è luogo e profezia di salvezza. Che il bene si diffonde come la luce, il male contagia come un virus. Che Lei è sempre un passo sollecito più avanti di noi, per questo contemplandola oggi ritrovo il mio volto, ritrovo me stesso, la mia vita e il mio destino. «Siamo nati e non moriremo più» ha scritto nella sua esistenza sofferta una santa di ventotto anni, Chiara Corbella. La festa di oggi la intoniamo così, insieme a Chiara, come Maria: «Siamo nati e non moriremo mai più».