Omelia (12-02-2006) |
Comunità Missionaria Villaregia (giovani) |
Baricentro verso l'altro Al tempo di Gesù la legislazione relativa alla purità-impurità era molto complicata e tendeva a investire tutti i momenti e gli ambiti della vita privata e pubbica. Tutto ciò che riguardava il sangue, il contatto con la morte, con i cadaveri, rendeva impuri; avvicinarsi a un lebbroso rendeva impuri, per cui egli doveva vivere isolato e senza avvicinarsi agli altri. E' importante comprendere questo per capire il significato della guarigione del lebbroso che la Parola di questa domenica ci propone. Questo racconto, collocato all'inizio del Vangelo di Marco, esplicita la posizione che Gesù assume di fronte al lebbroso e quindi difronte alla questione puro-impuro. IL LEBBROSO Il lebbroso va da Gesù e, raggiuntolo, compie tre azioni: lo supplica, s'inginocchia e gli parla. Segue la reazione di Gesù che si commuove, e poi, a sua volta, compie tre azioni: stese la mano, lo toccò e disse: "Voglio, sii mondato". A tre azioni del lebbroso che supplica, corrispondono tre azioni di Gesù che risponde manifestando la sua volontà. Il lebbroso si rivolge a Gesù in atteggiamento di supplica, riconoscendogli implicitamente l'autorità di guarirlo: "Se vuoi, puoi". Il lebbroso si affida a Gesù, si abbandona al suo potere di dare la vita, ma anche di purificare dal peccato. Vi è pertanto una duplice richiesta da parte del lebbroso: essere guarito dalla lebbra e anche dal peccato, per rientrare totalmente nella sfera della pienezza della vita. Vi era infatti la convinzione - che persiste ancora nell'inconscio collettivo quando davanti a una malattia grave ci chiediamo: "Che male ho fatto?" - di ritenere che la malattia era legata al peccato. Nello stesso tempo vi era un duplice riconoscimento del potere di Gesù: di compiere l'impossibile, la lebbra era infatti considerata una malattia molto grave, impossibile da risanare - guarire un lebbroso al tempo di Gesù, equivaleva a resuscitare un morto - e purificare dal peccato, cosa che solo Dio poteva compiere. GESU' Gesù, non solo si commuove, ma agisce: "Stese la mano e lo toccò". Gesù non fa un miracolo a distanza, avrebbe potuto farlo, così come ha guarito il servo del centurione romano, ma vuole, facendo il miracolo, esprimere il suo amore totale verso l'uomo. Per questo non rifugge il contatto, anzi si lascia contaminare. Gesù entra pienamente nella situazione di male, la condivide fino ad esserne a sua volta modificato. Per questo non potrà più entrare nelle città, ma dovrà restare in luoghi deserti. Prende seriamente su di sè la lebbra dell'uomo, si sostituisce in qualche modo al lebbroso, assume le sue colpe e porta il peso dell'esclusione dalla società civile e religiosa. Questo gesto anticipa la parola: "Lo voglio, sii mondato". Gesù ristabilisce la comunione con la vita, combatte ed elimina ciò che impedisce il rapporto con Dio. L'effetto è immediato: "Subito la lebbra scomparve". Gesù ci invita a spostare il nostro baricentro da noi stessi agli altri. Sappiamo che noi restiamo in piedi in quanto abbiamo il nostro baricentro perpendicolare alla base e questo va bene nella vita fisica, ma non va bene nella vita spirituale. Per essere cristiani, il nostro baricentro deve andare verso l'altro. La dimostrazione che siamo cristiani è data dal fatto che "pendiamo" verso gli altri. NOI Il Vangelo ci permette di trarre alcune conclusioni: noi non abbiamo il potere di Gesù, ma possiamo lasciarci toccare dalla sofferenza di tanti fratelli che sono esclusi, per i motivi più diversi, dalla società. Possiamo condividere la loro sofferenza e individuare strade praticabili per non arrenderci al male, come se fosse una fatalità, peggio, come se fosse l'espressione della volontà di Dio. Oggi, la lebbra è una malattia curabile, non ancora debellata perché insufficiente l'amore e la volontà di farlo. "Sheila ha 15 anni, si è ammalata di lebbra lepromatosa, quella con un'alta carica batterica e che, a lungo andare, provoca disabilità. Per Sheila le cure sono arrivate tardi, quando la malattia aveva già segnato i suoi arti; oggi zoppica leggermente e la mano destra conserva la forma di artiglio. A 15 anni ci si affaccia alla vita, si fanno progetti, si desidera amare. Sheila però è segnata, certo non è più costretta a vivere segregata in un lebbrosario, ma è una disabile da lebbra e questo in molte parti del mondo condanna ancora ad una vita sociale "minore". Sheila per la sua comunità rimane una lebbrosa e la sua vita ne sarà condizionata per sempre. Eppure si poteva evitare. Sarebbe bastato diagnosticarle la lebbra e darle i farmacui solo qualche mese prima. L'ironia della sorte è che oggi Sheila, così evidentemente segnata dalla lebbra, non esiste nelle statistiche ufficiali sulla lebbra nel mondo. In quelle statistiche troviamo solo le persone che oggi stanno assumendo i farmaci. Quando costoro termineranno il periodo di trattamento farmacologico saranno considerati guariti (clinicamente) anche se molto di loro rimarranno dei 'lebbrosi' per la propria comunità. Accanto a queste persone ci sarà solo la solidarietà internazionale. Tornano alla mente le parole di Follereau: "A che serve guarirli dalla lebbra, se è per farne dei lebbrosi a vita?". (Amici dei Lebbrosi 11/2002) Ancora oggi il lebbroso ci dice: "Se vuoi, puoi". Basterebbero pochi euro, una piccola rinuncia e la malattia potrebbe essere sconfitta per sempre. Un lebbroso potrebbe essere riabilitato alla società per sempre, senza il marchio dell'escluso. Ci sono altri "lebbrosi" che camminano sulle nostre strade, e che sono oggi i nuovi "intoccabili", coloro davanti ai quali "voltiamo la faccia", gli "impuri" di oggi, della nostra società consumistica e del benessere e questi sono i POVERI, senza nome come il lebbroso del Vangelo. I poveri non hanno nome, sono solo "i poveri", troppi per ricordare il nome di tutti, per contabilizzarli nelle nostre economie del profitto. Riportiamo lo stralcio di una lettera di Raul Follereau, un uomo che i lebbrosi li ha amati davvero, un uomo che ha avuto il coraggio di "toccare l'impuro". E' stato provato, con metodo rigorosamente scientifico, che circa due terzi dell'umanità vivono continuamente sotto l'incubo della fame permanente. Carestia totale o sottoalimentazione sono la cuasa di terribili epidemie che condannano a morte popoli interi. Perché loro e non io? E non tu? Lontana da me l'idea che un tale problema - legato al mistero stesso dell'umanità - possa essere risolto unicamente con ritrovati, fossero anche elevati a leggi. La distribuzione artificiale delle ricchezze creerebbe nuove ingiustizie e nuovi odi. Io non credo affatto all' "era sociale" dell'uomo, a questa specie di fraternità "legale", con i suoi regolamenti e i suoi gendarmi, ma all'avvento, al regno libero e vittorioso dell'amore. Quello che ci vuole - ciò che risolverà tutto e deciderà tutto - è l'amore. E' imparare subito a preoccuparsi degli altri. Non di quando in quando, vagamente, fra una tazza e l'altra di tè, ma sempre. Ciò che occorre è vivere con la miseria degli altri. E soffrire del loro ingiusto disagio. La fame è lontana... in paesi che la gente non conosce... E poi, siccome non ci possiamo fare nulla... Ecco l'esempio caratteristico della scusa meschina. E che si riduce a una genuina confessione della nostra vigliaccheria. Non ci puoi far nulla? Che cosa ne sai? Che cosa hai tentato di fare? Nulla, beninteso. Pensi a te stesso, e poi a te stesso, e infine a te stesso ancora. E' il tuo universo? Va bene. Ma allora non dire più che tu sei un cristiano e nemmeno, semplicemente, un essere civile. Perché non si potrà parlare di civiltà e tantomeno di civiltà cristiana, finché qualcuno di noi accetterà di vivere mentre altri muoiono, perché noi abbiamo in sovrappiù quanto a loro basterebbe per vivere. Non si potrà parlare né di civiltà, né di umanità, finché noi accetteremo (oh! Senza parlarne, beninteso, e facendo tutti gli sforzi per non pensarci!) che alcuni uomini si arricchiscano vergognosamente - e tranquillamente - con la fame e la morte degli altri." (Raul Follereau) Stare dalla parte dei poveri ci vuole coraggio, ma è questione di allenamento... bisogna imparare ad allenarsi spostando il nostro baricentro fisso in noi stessi, verso gli altri, compiendo gesti d'amore... Provaci in questa settimana, imparerai non solo a camminare più spedito ma... a "volare" nella vita spirituale. Auguri. Buona settimana. |