Omelia (01-09-2024) |
don Nicola Salsa |
Andare al cuore della fede (Mc 7,1-8.14-15.21-23) Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate Ci può persino far sorridere che i farisei si preoccupino per una cosa quasi marginale ai nostri occhi. Si son presi la briga di fare tanta strada per poter dire questa cosa su cui noi stessi rimaniamo perplessi, ma è lo stesso evangelista a spiegarci che in realtà questa cosa era un aspetto radicato nella cultura dei farisei, cioè tra coloro che all'interno della popolazione giudaica si definivano come i più osservanti della legge di Dio. - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, Tutti questi riti acquistano per così dire un valore scaramantico con la pretesa di volersi tenere lontano il male. Ne vediamo anche attorno a noi, nella convinzione che il "male" sia sempre attorno a noi in agguato e cerchi delle porte per poterci attaccare. Si ha quindi la visione di un mondo che deve essere controllato, tenuto a bada, nel quale le cose avvengono perché non siamo stati attenti e non abbiamo fatto abbastanza. Alla fine il rischio di questa visione del mondo è quello di chiudersi in se stessi, di ritagliarsi un mondo piccolo piccolo ma controllato e misurato. quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Dopo questa lunga premessa finalmente i farisei fanno questa domanda, si rifanno ad una autorità più grande e risuonano le peggiori parole che si possano dire..."Si è sempre fatto così". Ci si rifà a ciò che è conosciuto e ciò che è rassicurante. Quante tradizioni nell'arco dei secoli abbiamo aggiunto nelle nostre chiese, devozioni al limite della magia o riti popolari che hanno affinità più con il paganesimo che con il Vangelo o pratiche pastorali che abbiano fatto nostre e che forse appartengono al passato. Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Gesù cita la parola del profeta e ci richiama all'ipocrisia come al peccato peggiore, ci richiama alle "troppe parole", forse ai tanti nostri discorsi vuoti e inconcludenti. È proprio vero anche oggi, quando davanti a tante cose che non vanno ci si perde in mille verbosità, ma come contrastare tutto questo? Gesù ci richiama al cuore che deve avvicinarsi, dentro questo marasma di parole, il silenzio diventa il più grande antidoto. La ricerca di un rapporto intimo e personale con Dio che tocca in noi le corde più profonde, questo invito ad andare al cuore è un invito a guardare a ciò che è essenziale. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Preghiamo Dio che ci aiuti a fare tutto, ad arrivare ovunque e dimentichiamo di ascoltare la risposta: "Rimetti al centro il comandamento del Signore", Ama Dio con tutto te stesso. Non è forse di questo che abbiamo più bisogno? Di andare al centro di noi stessi, lì dove Gesù ci parla. Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». Così distratti e preoccupati dal mondo e dalle cose che ci capitano, perdiamo di vista l'essenziale. È un invito a essere guardiani dei nostri pensieri, non per limitarci ma per essere consapevoli di ciò che il mio cuore vive e prova, quanto tempo perdiamo a stare alla periferia di noi stessi. E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo». Un elenco che è un ventaglio ampio del male che possiamo fare, tra tutti questi mi sorprende l'ultimo, la stoltezza. Non sembrerebbe una colpa così grave ma ci dice molto di più, stolto è colui che non riconosce la Verità, che si sostituisce a essa. Stolto è colui che si rifiuta di dirsi la verità, che rifiuta di accettare i propri limiti e ne rimane schiacciato. Stolto è chi rifiuta la verità che Dio è l'unico che ti possa salvare e perdonare. Questo vangelo ci invita a guardarci dentro, a riconoscere il nostro essere anche persone meschine, deboli e imperfetti, a riconoscere che con le nostre scelte possiamo cambiare in bene o in male il mondo che ci circonda,
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