Omelia (25-08-2024) |
don Alberto Brignoli |
Con o senza di te È da più di un mese, ormai, che Gesù è rinchiuso nella sinagoga di Cafarnao, cercando di dialogare con i suoi interlocutori. Ma non è facile, perché c'è veramente una varietà tale di persone che riuscire a farsi capire da tutti è davvero un'impresa! C'è gente che è solamente incuriosita dai suoi modi di fare e dai segni prodigiosi che egli opera, anche perché spesso - come in questo caso - permettono loro di riempirsi lo stomaco senza particolari difficoltà; quando poi si passa dalle cose materiali ai discorsi, ai dibattiti approfonditi e alle discussioni, la cerchia degli uditori si fa decisamente più ristretta. Come dice un'espressione cinematografica, mutuata dal mondo popolare: "Passero che ha mangiato vola via: la gente ti ascolta ed è gentile con te solo quando le sei utile!". E quanto è vero anche nella nostra vita di ogni giorno... C'è, in realtà, un gruppo di persone che accetta e ascolta Gesù anche quando fa un discorso un po' più impegnativo, e fa pure lo sforzo di cercare di capirne il senso. Magari si irrita un po', quando lo sente definirsi "più grande di Mosè", oppure in possesso di "un cibo che non perisce", soprattutto se paragonato con la manna mangiata nel deserto dai loro padri... quelli sì che erano persone toste, per cui meglio non toccarli! E poi, passi tutto, ma quando Gesù, nel suo discorso, si permette di offrire la sua carne e il suo sangue come cibo e bevanda di vita eterna, allora le cose cominciano a complicarsi. Se poi, di fronte alla richiesta - anche un po' scocciata - di poterli aiutare a comprendere questo linguaggio un po' duro, i suoi discepoli si sentono rispondere da lui che "tra loro ci sono alcuni che non credono", ovvero che sono gente senza fede, beh, allora... ciao, Gesù! Discepoli sì, ma fino a un certo punto! Se lo sforzo di cercare di comprenderlo viene ripagato in questa maniera, molto meglio andarsene via e andare alla ricerca di qualcuno un po' più comprensibile e soprattutto accondiscendente. Non c'è mica solo Gesù che parla di Dio: si può vivere bene la propria fede anche senza quella radicalità che il Maestro esige! A questo punto il Maestro, nella sinagoga di Cafarnao, rimane quasi da solo. Si guarda intorno, forse sconcertato, e si accorge che dei cinquemila che aveva sfamato sono rimasti solamente i più affezionati, gli amici veri, quelli che vivevano con lui da qualche anno e lo seguivano lungo tutte le strade della Palestina. Erano lo "zoccolo duro", i "Dodici", quelli su cui avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco... cosa succede se perde pure quelli? E qui, Giovanni sembra introdurre un elemento che descrive bene la natura umana di Gesù: il Maestro, infatti, sembra andare "in crisi". Proprio come capita a ognuno di noi, quando ci diamo da fare in tutti i modi per portare avanti un progetto, tra mille fatiche e mille problemi, e poi, quando la lotta si fa dura e sembra essere giunto il momento decisivo, ci ritroviamo da soli, privi di sostegno anche dalle persone che dovrebbero esserci più vicine. Gesù, però, conosce bene il cuore degli uomini, e dal momento che sa fin da principio chi si fida di lui e chi no, e soprattutto di chi si può fidare, non si fa certo abbattere da questo momento difficile. Le crisi, lo sa bene, si superano con atteggiamenti forti, con scelte radicali, con domande decisive. E lancia la sfida proprio ai fedelissimi, ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Adesso non si può più giocare a cincischiare. Siamo al bivio: o torni sul lago di Galilea a pescare o prosegui il cammino e vai con lui verso Gerusalemme. Questa domanda mette i Dodici ancor più in crisi di quanto vi si trovi lui. Mi domando che cosa si saranno chiesti di fronte a quella domanda: andiamo via? E dove andiamo? Cosa torniamo a fare? Che prospettive concrete abbiamo? Qualcuno che ama profondamente il Maestro, per fortuna, c'è ancora. E sa che le parole giuste da dire in quei momenti non sono fatte di risposte, ma di silenzi nei quali lasciar risuonare i propri interrogativi. E infatti, Pietro se ne esce non con una risposta, ma con un'altra domanda: "Signore, da chi andremo?". Una domanda che vale più di una risposta, perché non chiede "dove" andremo, ma "da chi" andremo. Pietro ha capito perfettamente che, anche in questo momento di crisi profonda, seguire il Maestro non significa andare da qualche parte, raggiungere un obiettivo o fare qualcosa di importante, ma significa "stare con lui". Non conta "dove andare" o "cosa fare" (come facciamo spesso nelle nostre comunità noi preti, che nei momenti di crisi pensiamo subito a costruire o a ristrutturare qualcosa, così la gente ci dice "bravi" e ci viene dietro), bensì "con chi" andare. Proprio come si fa con un gruppo di amici, quando si propone un'attività o un'uscita. La prima cosa che chiediamo, di fronte a un invito che ci viene rivolto, è: "Ma chi c'è? Chi viene?". E in base a quello scegliamo se andare o no, indipendentemente dalla bellezza del luogo o della proposta. Andare da una parte o dall'altra è indifferente: con chi andarci, non lo è più. Ecco cosa vuole dire seguire Gesù: aver capito che ciò che conta è stare con lui, facile o meno che sia, piacevole o no che possa rivelarsi la meta. "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna". Del resto, da chi andiamo, oggi, ad ascoltare parole di vita, in questo mondo di ciarlatani che vivono di palcoscenici, di riflettori, di telecamere, di social e di passerelle? "Non posso vivere con o senza di te", dice il ritornello di una bellissima canzone in inglese che non parla di Dio (così credo, almeno, anche se il suo autore, da buon irlandese, è un cattolico DOC), ma insegna una cosa vera: che non è la stessa cosa, vivere "con" o "senza di te". Occorre scegliere, e scegliere di stare "con", per poter vivere. Al termine di questa parentesi agostana con il Vangelo di Giovanni, siamo al bivio della fede: con Dio o senza di lui? |