Omelia (12-02-2006)
don Mario Campisi
Il tocco di Dio

Gli insegnamenti del brano evangelico di questa domenica si sviluppano in tre direzioni pastorali. Guarendo il lebbroso Dio mostra di essere vicino all'uomo: dunque il cristianesimo deve annunciare sempre e soltanto un Dio misericordia e di amore. Dalla guarigione risulta anche che Dio non fa distinzione di persone: dunque neppure la comunità cristiana la deve fare. Il lebbroso, guarendo, diventa annunciatore dell'amore di Dio del quale ha fatto esperienza: il cristiano che fa la medesima esperienza diventa anche lui un evangelizzatore.

E' il primo miracolo che l'evangelista Marco ci descrive per intero: si tratta della guarigione di un lebbroso. Il lebbroso era l'emarginato per eccellenza, escluso dal popolo di Dio: "Impuro, impuro", doveva gridare il lebbroso da lontano, in modo che nessuno gli si accostasse (Lv 13,45).

Gesù "adiratosi" di fronte a queste situazioni contrarie al Vangelo e contro ogni prescrizione della legge, "lo toccò". Così quello che per la legge era immondo, escluso dalla società, diventa puro, anzi Gesù stesso lo invia ai sacerdoti del tempio "a testimonianza contro di loro". Essi infatti sono i custodi della legge, che distingue il puro dall'impuro, il santo dal profano, il giusto dal peccatore. Con l'avvento di Gesù è caduto il muro divisorio della legge, perché Dio, il Santo, il Puro, il Giusto, si è fatto in tutto solidale con noi, purificandoci dai nostri peccati e aprendoci la strada che conduce a Lui.

La fede nel Vangelo di Cristo fa cessare quindi la divisione della legge e, i sacerdoti, non ne sono più i custodi. Solo la fede di questo emarginato può farsi incontro a Gesù e solo in questo "morto civile" si può manifestare la gloria di Dio. Come solo dalla morte di Gesù ci sarà data la vita. Noi non siamo ancora in grado di capire questo. Lo fu, però, il lebbroso. Egli sarà il primo apostolo: cominciò subito a "predicare" e divulgare la "parola" (tÕn lÒgon).

Ciò indica per noi che il Vangelo, nella Chiesa, allora come oggi, viene proclamato da chi non conta, da chi è escluso, perché "Dio ha scelto la cose ignobili e disprezzate del mondo e quelle che non sono per ridurre a nulla quelle che sono" (1Cor 1,28). Il Vangelo ci viene sempre proclamato dai poveri e dagli emarginati con la loro stessa situazione di vita. Ecco perché noi saremo solo in grado di testimoniarlo autenticamente quando saremo in quella stessa situazione, come individui e come comunità. E' infatti la croce di Cristo la nostra salvezza.

Il tentativo di Marco consiste nel portarci all'identificazione di tutti quegli emarginati del suo Vangelo, toccati dalla grazia di Dio tanto da capirne il dono, sperimentando in sé la gloria della risurrezione.

C'è un mostro, il cui nome è "sistema". Esso è un tutto, di cui i singoli uomini sono come la rotellina di un gigantesco ingranaggio, la cui unica ragione d'essere è far funzionare il "sistema".

Questo "sistema" tende ad integrare tutti quelli che sono disposti a lasciarsi condizionare. Ma rifiuta tutti gli altri che non servono ad esso. La logica del "sistema" è infatti quella della autoconservazione e del suo sviluppo. Nasce allora la schiera degli emarginati, che, come il lebbroso del Vangelo, sono costretti a vivere ai margini della società: uomini che sono dei rottami e delle larve; profeti che gridano al vento; esseri che la società ha messo nella pattumiera dei rifiuti. Non è sempre conveniente uccidere un uomo fisicamente, quando lo si può uccidere socialmente e moralmente.

C'è, per esempio, un sistema economico basato sui valori esclusivi della produzione e del consumo: vale solo chi produce e consuma, diversamente si è messi ai margini dell'economia.

C'è un sistema sociale fondato sulla gerarchia dei ruoli di prestigio: chi occupa un ruolo basso nella società è subito emarginato dai quartieri alti e borghesi, dal centro della città e confinato alla periferia, nei cosiddetti quartieri popolari.

Ci sono sistemi politici, totalitari e dittatoriali, che esigono una sottomissione assoluta: l'uomo che desidera la libertà è combattuto e perseguitato come un comunissimo delinquente.

Ci può essere un sistema religioso che, chiuso alla novità di Dio, ha fatto della legge, dei riti e delle dottrine un assoluto.

Ci può essere un sistema ecclesiastico integrista e oppressivo perché non tollera e non ammette quelle realtà che non sono al suo servizio o repressivo perché emargina il profeta che lo richiama alla fedeltà al Vangelo e il rinnovatore che cerca di aprirlo alla storia e in genere chiunque preferisce obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (At 4,19).

Ora il Vangelo è per gli emarginati. Ecco perché gli emarginati, come il lebbroso del Vangelo, diventano la voce che annunciano la parola di Dio.

Gesù Cristo stesso è stato crocifisso fuori della città, emarginato dal sistema religioso come un bestemmiatore, rifiutato dal sistema politico come un sovversivo. Ma l'emarginazione – sottratta al potere del sistema – può diventare una forza rivoluzionaria e sovversiva del sistema stesso di potere. L'emarginato così è nella condizione di pronunciare la Parola, far risplendere la verità e quindi condannare il sistema stesso.

Cristo è sistematicamente presente in questa zona di frontiera, che è il dolore, dell'esistenza umana. La sua presenza è continua lotta contro il male e il limite, naturale o imposto dagli uomini. Là dove c'è male o imperfezione, là il cristiano è chiamato ad agire. Una pastorale della sofferenza e dell'emarginazione è fondamentale nell'impegno cristiano.

La lotta al male e alle ingiustizie non è, però, sufficiente se non conosce l'aspetto positivo dell'amore, della misericordia, della fiducia e della ricostruzione. Non basta solo strappare spine e rovi. Occorre anche piantare fiori ed alberi da frutto perché il deserto in cui vive oggi l'uomo possa ri-diventare quel giardino dell'Eden in cui ri-sentire la voce di Dio e con il quale passeggiare serenamente.