Omelia (06-10-2024)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Gen 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16

Riprendendo la domenica precedente: essenziale, per un cristiano, è comprendere quale rapporto egli ha con Dio, chiarire nel piano divino la missione alla quale egli è stato destinato.

Giustamente scriveva, a Rivière, Paul Claudel: "Il n'y a science que par l'unité, il n'y a dialectique que par le Oui et le Non, et qui retire le Verbe détruit la Perole", ossia una Parola che non segue la mentalità e la logica del mondo, che penetra in tutto l'essere umano ed esige decisioni assolute, che illumina e salva, chiede sacrificio, distacco dagli schemi dell'uomo "carnale".

Da questa conoscenza, e dal modo come egli si inserisce nel disegno divino, dipende tutta la sua vita individuale e sociale. La descrizione della Genesi si sviluppa gradualmente in una meravigliosa didattica.

Si rileva anzitutto che l'uomo, ma non le cose create e gli esseri viventi, è solo. Non bastava all'uomo a superare questa sua solitudine: il contatto con la natura, il presiedere e dominare le creature a lui inferiori e lo stesso compito di imporre nomi, cioè di collaborare all'azione creatrice di Dio, assegnando alle creature viventi un nome rispondente al loro servizio. Ma tutto questo non bastava e allora il pensiero di Dio: "Non è bene che l'uomo sia solo. Voglio fare un aiuto che gli sia simile", dice il Signore. E per dare all'uomo un aiuto trae del suo profondo essere "la donna".

L'apparizione della donna è descritto in modo solenne, in un rapporto interpersonale, di pari dignità spirituale e di pari missione nel presiedere il mondo: "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolto all'uomo, una donna e la condusse all'uomo. Allora l'Uomo disse: "Questa volta essa è carne della mia carne, e osso delle mie ossa. La si chiamerà Donna perché dall'Uomo è stata tolta. Per questo l'uomo abbandonerà suo padre sua madre e si un'unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. "La donna, aiuto dell'uomo, sarà la sua innamorata, sposa e madre".

Sappiamo che, se si vuole conoscere cosa fece e disse Gesù sull'unione sponsale, non c'è da fare altro che leggere i quattro Vangeli. Forse abbiamo anche letto o udito che qualche rarissimo passo di Cristo, ci è stato conservato altrove, come per esempio quel versetto: "C'è più gioia nel dare, che nel ricevere", che si legge, citato da San Paolo(Atti degli Apostoli).

Alcune di queste "perle" si trovano anche nei cosiddetti Vangeli apocrifi e negli scritti dei Padri della Chiesa. Eccone due, che hanno particolare attinenza con il Vangelo, con il messaggio evangelico di oggi. "A un tale che chiedeva: quando verrà il regno di Dio? Gesù rispose: "Quando due saranno uno". E un altro giorno Gesù dichiarò: "L'amore non dice: questo è mio, ma dice: questo è tuo." DUE in un UNO, mantenendo il mio IO con il tuo TU in una condivisione di NOI.

Ed ecco, più o meno nello stesso periodo 200 d.C., abbiamo la celebre lettera a Diogneto che parla dei cristiani quando si sposano: "I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il territorio, né per la lingua, né per il vestito... Si sposano come gli altri e hanno figli, ma non abbandonano i neonati, vivono nella carne, ma non secondo la carne; passano la loro vita sulla terra, ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il tenore di vita superano le leggi". Fu così che i coniugi cristiani seppero, e sanno, andare in controtendenza e fecero diventare questo tipo di matrimonio un ideale appetibile e un modello concretamente praticamente. È la strada che i discepoli di Cristo sono chiamati a percorrere di nuovo oggi: "Annunciare la bellezza del matrimonio cristiano attraverso esperienze autentiche, credibili, attraenti".

Per questo occorrono sposi e genitori maturi nell'amore, capaci di quella fedeltà per cui si sta insieme, non perché non ci si può separare, ma perché ci si vuole veramente bene.

Quando si conclude un rito di matrimonio, o meglio al momento del congedo delle "nozze", verrebbe da dire agli sposi: "Andate in pace, ma non mettetevi l'animo in pace: andate a portare a tutti la bella notizia dell'amore "in Cristo", quello umile, quello che non si stanca di ricominciare ogni mattina, capace di fiducia, di sacrificio; l'amore del Cantico dei Cantici, di un uomo e di una donna che sanno ridirsi ogni giorno, fino all'ultimo giorno: "ti amo non perché ho bisogno di te, ma: ho bisogno di te perché ti amo".


Revisione di vita

Come singolo, come coppia, come famiglia, come comunità, riesco a vivere nel quotidiano la semplicità dell'amore, scandito dall'io, con il tu, in un noi, affidandosi fiduciosi al progetto che Dio ha per noi?
Mariagrazia e Claudio Righi di Pisa.