Omelia (01-09-2024) |
diac. Vito Calella |
Custodire e praticare la Parola di Dio con l' aiuto dello Spirito Santo Custodire la Parola L'obiettivo dell'incontro orante con la Parola di Dio è custodirla nella nostra mente e nel nostro cuore, sia quando siamo riuniti in un'assemblea liturgica come popolo di Dio, sia quando ci riuniamo in piccole fraternità o centri di ascolto, sia quando preghiamo da soli nel nostro spazio di preghiera a casa. "Custoridre la Parola" significa "dedicare tempo alla lectio divina". Questo metodo di preghiera ci aiuta a rispettare il testo biblico, poiché siamo invitati a leggere e rileggere, a meditare, approfondire, consultare altri commentatori, senza mai smettere di invocare lo Spirito Santo. Ricordiamo il testo del Deuteronomio che invita ad ascoltare e custodire la Parola: «Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme... Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo. Le osserverete dunque, [...] perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli» (Dt 4,1a.2.6a.c). Ricordiamo anche quanto abbiamo ascoltato attraverso l'apostolo Giacomo: «Sappiate, miei cari fratelli, che ciascuno deve essere disponibile all'ascolto... Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza» (Gc 1,19a.21b). Dopo l'incontro orante con la Parola di Dio, affrontiamo gli impegni della vita quotidiana e ci relazioniamo con gli altri. I versetti della Bibbia custoditi nella mente e nel cuore sono pronti a illuminare i passi della nostra vita e ad orientare le nostre scelte secondo la volontà di Dio, poiché non ha senso memorizzare la Parola di Dio senza metterla in pratica. Praticare la Parola di Dio Ricordiamo il testo del Deuteronomio che invita a mettere in pratica la Parola: «Metterete in pratica i comandamenti» (Dt 4,6b). Ricordiamo anche quanto abbiamo ascoltato attraverso l'apostolo Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Giacomo 1,22-25). Il Salmo 14 inizia con una domanda: «Signore, chiunque abiterà nella tua casa e sul tuo monte santo, abiterà» (Sal 14,1). Prosegue offrendo un elenco di dieci buone azioni e conclude dicendo: «Colui che agisce in questo modo rimarrà saldo per sempre» (Sal 14,5c). È possibile controllare i nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici? Come vorremmo ascoltare, custodire nella mente e nel cuore la Parola di Dio e praticarla in ogni ambiente della nostra vita quotidiana per qualificare le nostre relazioni secondo «amore gratuito, gioia e pace, magnanimità e benevolenza, bontà e fedeltà, mitezza e dominio di sé» (Gal 5,22-23a)! Ci sentiamo condizionati dalla radice del male che risiede nei nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici e corriamo il rischio di scoraggiarci di fronte alle ripetute incoerenze e difficoltà. La Parola di Dio, attraverso l'apostolo Giacomo, ci mette in guardia dal pericolo di lasciarci dominare dal nostro egoismo, nonostante le nostre buone intenzioni e buona volontà: «Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all'ira. Infatti l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia [...] Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana» (Gc 1,19-21.26). I farisei e i dottori della legge, esperti che conoscevano la Parola di Dio, educatori del popolo di Dio, confidavano troppo nella buona volontà umana, sforzandosi di memorizzare e mettere in pratica i 613 comandamenti e precetti della Legge di Mosè, scritti nei primi cinque libri della Bibbia. Costringevano la gente a fare la stessa cosa, dando eccessiva importanza ai precetti della purezza esteriore del corpo. Chiunque non osservasse le regole puritane veniva giudicato peccatore e poteva essere castigato da Dio. Gesù criticò quella fiducia assoluta nella capacità dell'iniziativa umana di poter vivere una vita nella purezza esteriore ed interiore, come insegnavano i farisei e i dottori della Legge, che giudicavano chi era giusto e chi era peccatore. L'apostolo Giacomo, di cultura ebraica, scriveva ai suoi ascoltatori: «Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo» (Gc 1,27 ) L'esortazione dell'apostolo Giacomo è una grande sfida: chi può, infatti, privilegiare nella propria vita l'opzione per i più poveri e sofferenti e non lasciarsi contaminare dal mondo? La radice del male è dentro di noi, è il nostro egoismo! Ognuno di noi, nonostante la buona volontà e i nostri sforzi per ascoltare e mettere in pratica la Parola di Dio, può diventare peccatore, perché, ci avverte Gesù: «dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo» (Mc 7,21-23). Come possiamo vigilare e controllare i nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici? Invocare incessantemente lo Spirito Santo per perseverare in Cristo Troviamo una risposta nella Parola di Dio, attraverso la lettera dell'apostolo Giacomo, che ci dice: «Ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c'è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature». (Gc 1,17-18). Il buon regalo e il dono perfetto che vengono dall'alto sono la Santissima Trinità che accompagna ogni passo della nostra esistenza. In primo luogo, Dio Padre discende in nostro favore con la luce eterna della sua misericordia e della sua fedeltà. Nonostante le nostre debolezze, incongruenze e incoerenze, continuiamo ad essere suoi figli amati e Dio Padre confida nella possibilità concreta di poter rispondere alla sua proposta di alleanza eterna. Per rispondere alla sua proposta di alleanza, l'incontro orante con la Parola di Dio ci fa scoprire il buon regalo e il dono perfetto della missione del Figlio e dello Spirito Santo per la salvezza delle nostre esistenze, dipendenti dalle forze negative del nostro egoismo. L'incontro orante con la Parola di Dio ci fa scoprire «il buon regalo» di Gesù Cristo, Figlio di Dio, nostro salvatore. Egli è la definitiva «Parola di verità», «Verbo fatto carne e venuto ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), che culminò la sua missione con l'evento salvifico della sua morte e risurrezione. Centrando la nostra vita nel mistero pasquale, possiamo sperimentare di essere generati a una vita nuova, grazie al «dono perfetto» dello Spirito Santo, riversato nei nostri cuori. La presenza divina dello Spirito Santo dentro di noi, che viene in aiuto delle nostre debolezze (cfr Rm 8,26), ci aiuta a vigilare sul pericolo costante di far prevalere la forza dei nostri istinti, sentimenti e pensieri egoistici, vincendo questa lotta interiore. Lo Spirito Santo trasforma il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo, donandoci l'Eucaristia come medicina che ci salva e come forza di comunione per continuare a camminare, facendo della nostra corporeità vivente un'offerta di amore gratuito (cfr. Rm 12,1-2). Invochiamo continuamente lo Spirito Santo, affinché la nostra disponibilità all'ascolto e alla pratica della Parola di Dio sia sempre sostenuta dalla sua azione, perché «è per grazia che siamo stati salvati, mediante la fede. E questo non viene da noi: è un dono di Dio! Non viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene» (Ef 2,8-9). |