Omelia (31-08-2024) |
Missionari della Via |
Se pensassimo che il centro della parabola sono il quantitativo dei talenti ricevuti falliremmo il bersaglio. Gesù nel consegnarci questa parabola vuol "svegliarci", ricordandoci del molto, anzi, del moltissimo che Dio ha messo nelle mani di ciascuno di noi, perché possiamo farlo fruttificare. Il "talento" di cui si parla nel Vangelo non è la capacità personale (tipo cantare, disegnare, fare sport...) ma un bene enorme che ci viene consegnato; infatti il talento in quel tempo corrispondeva a circa 34 kg di oro. E il talento non è un possesso personale ma un dono del padrone, fuori metafora di Dio. Dunque, a tutti noi Dio dona beni enormi: la sua parola, i sacramenti, la comunità... e poi anche capacità personali, certo. Il punto è: cosa ne sto facendo? Li sto mettendo a servizio o sto usando tutto per me? In fondo colui che ha nascosto il talento ha preferito - vuoi per paura, vuoi per disinteresse - pensare a sé. Quante volte possiamo correre il rischio di sotterrare i doni di Dio. Quante volte falliamo in amore, perdiamo occasioni perché preferiamo ripiegarci su di noi, fare quello che lì per lì ci va... Peggio ancora, se anziché seminare amore nei cuori, diffondiamo tristezza, malumore, rabbia... Ci farà bene lasciarci interpellare da questa parabola che ci sprona a vivere non "in difesa", attanagliati dalla paura di sbagliare, ma con generosità, desiderosi di fare del nostro meglio per lasciare tracce belle nei cuori e nella storia. In fondo, potrebbe essere una bella domanda nell'esame di coscienza serale: oggi, che segni ho lasciato nei cuori delle persone che ho incontrati? Scarabocchi o tracce d'amore? |