Omelia (12-02-2006) |
Omelie.org (bambini) |
Carissimi bambini, domenica scorsa abbiamo visto che Gesù vuole che diciamo a tutti che Lui ci ama, e vuole che accompagnamo queste parole con i nostri gesti di amore verso gli altri. Oggi Gesù compie un gesto di amore verso un uomo malato di lebbra. Sapete che cosa è la lebbra? Chi me lo sa dire? La lebbra è una malattia terribile, che esiste ancora oggi nei paesi poveri del mondo e fa morire. È una malattia contagiosa, perciò chi è malato di lebbra viene mandato via, lontano da tutti. È una malattia che a poco a poco mangia il corpo, e la persona diventa molto brutta da guardare. Che cosa vuole dirci Gesù con questo Vangelo? • La buona notizia è prima di tutto questa: Gesù, che è Dio, può guarire qualsiasi malattia... Non solo può farlo, ma anche vuole farlo! ["Se vuoi, puoi guarirmi" – "Lo voglio, guarisci" cf Vg]. Quando ci sentiamo male, ci sentiamo malati, possiamo pregare Gesù con tanta fiducia e dire come il lebbroso del vangelo: "Se vuoi, puoi guarirmi!", convinti che Lui ci ama tanto e può e vuole guarirci. È importante questo.. Molti malati smettono di pregare perché pensano o che Gesù non può guarirli o che Gesù non vuole guarirli. I grandi chiedono a Gesù di guarire da una malattia ma non pregano con sufficiente fiducia e si scoraggiano facilmente quando sembra che non succeda niente. Così lasciano perdere, oppure si arrabbiano con Gesù e gli dicono le parolacce perché pensano che Gesù sia cattivo, pensano che sia stato Gesù a farli ammalare. Il Vangelo ci dice invece che Gesù può guarirci! Ma soprattutto Gesù vuole guarirci! Perché Gesù ci ama ed è venuto a salvarci dal male. • C'è però un significato più profondo contenuto nel vangelo... La lebbra, l'orribile malattia che Gesù può e vuole guarire, è il peccato. [Cfr. salmo responsoriale] Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato. Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno. Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» e tu hai rimesso la malizia del mio peccato. Il peccato, infatti, è contagioso come la lebbra, e fa morire le persone dal di dentro. Il peccato è come il marcio che comincia da un punto della frutta e finisce per guastare tutto quello che tocca. Il peccato fa diventare la persona brutta, come uno "zombie"... le fa sbiadire la sua immagine e somiglianza con Dio. Gesù ci guarisce dalla lebbra del peccato attraverso la confessione. Quando ci mettiamo in ginocchio dentro il confessionale davanti a Gesù, presente nel sacerdote, Gesù in persona perdona le nostre colpe e ci guarisce con il suo amore. La vera lebbra è il peccato: l'egoismo, l'orgoglio, la cattiveria, la sporcizia delle parole, dei pensieri, delle azioni. • L'ultima cosa che Gesù vuole dirci e ci raccomanda nel Vangelo è di non scartare nessuno. Gesù ci insegna a tendere sempre la mano, ci insegna che guarire qualcuno è anzitutto accettarlo con le sue imperfezioni, amarlo anche quando ci sembra brutto, magari perché dorme per strada, o perché ha un difetto fisico, o perché è un malato mentale... A tutti possimao regalare almeno un sorriso che permette di avere speranza, fiducia. Ma questo si può fare solo se Gesù ed io siamo uniti. Il lebbroso e la cura del sorriso Un giovane medico si trovava in un lebbrosario in un'isola del Pacifico. Un incubo di orrore. Solo corpi deformati, disperazione, ferite orrende. Eppure, in mezzo a tanta tristezza, un anziano malato conservava occhi sorprendentemente luminosi e sorridenti. Soffriva nel corpo, come i suoi infelici compagni, ma dimostrava di essere contento, e aveva molta dolcezza nel trattare gli altri. Incuriosito da quel vero miracolo di vita, nell'inferno del lebbrosario, il giovane medico volle cercarne la spiegazione: che cosa mai poteva dare tanta forza di vivere a quel vecchio così colpito dal male? Lo seguì, di nascosto. Scoprì che, immancabilmente, allo spuntar dell'alba, il vecchietto si trascinava al recinto che circondava il lebbrosario, e raggiungeva un posto ben preciso. Si metteva a sedere e aspettava. Non era il sorgere del sole che aspettava. Né lo spettacolo dell'aurora del Pacifico. Aspettava fino a quando, dall'altra parte del recinto, spuntava una donna, anziana anche lei, con il volto coperto di rughe, gli occhi pieni di dolcezza. La donna non parlava. Lanciava solo un messaggio silenzioso e discreto: un sorriso. Ma l'uomo si illuminava a quel sorriso e rispondeva con un altro sorriso. Il muto colloquio durava pochi istanti, poi il vecchietto si rialzava e trotterellava verso le baracche. Tutte le mattine. Una specie di comunione quotidiana. Il lebbroso, alimentato e fortificato da quel sorriso, poteva sopportare una nuova giornata e resistere fino al nuovo appuntamento con il sorriso di quella donna. Quando il giovane medico gli chiese chi fosse, il lebbroso gli disse: "E' mia moglie!". E dopo un attimo di silenzio: "Prima che venissi qui, mi ha curato in segreto, con tutto ciò che riusciva a trovare. Un medico le aveva dato una pomata. Lei tutti i giorni me ne spalmava tutta la faccia, tranne un punto sufficiente per appoggiare le sue labbra e darmi un piccolo bacio... Quando mi hanno preso e mi hanno portato qui, lei mi ha seguito. E quando ogni giorno la rivedo, solo da lei so che sono ancora vivo, solo per lei mi piace ancora vivere". |