Omelia (01-09-2024)
don Antonino Sgrò
Dio non è assente dove è presente il cuore

Quando «dal di dentro escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi», significa che il cuore umano si è allontanato da Dio. Forse Cristo non è stato sconfessato pubblicamente, forse si continua a frequentare la comunità di fede, ma il cuore ha preso irrimediabilmente le distanze da Gesù. È quanto accade ad esempio a Giuda, che nell'episodio dell'unzione di Betania consumerà il suo distacco dal Maestro, iniziato probabilmente già prima, quando, invece di chiedergli luce su quel messianismo diverso, si confrontava solo con se stesso e covava malessere e rabbia. I medesimi pregiudizi li costruiamo noi quando pensiamo e facciamo le cose da soli, senza il Signore, fino ad elevare muri contro cui sbattiamo. Imparare a fare le cose con Gesù è l'unico modo per camminare sulla via del bene. Bisogna però partire da dentro, da quel luogo in cui si prendono le decisioni, in cui stabilisci chi vuoi seguire e chi vuoi essere. Bisogna partire dal cuore e scegliere a chi consegnare il cuore. È l'organo che pompa sangue, trasmette vita, ed è lì che noi decidiamo a quali propositi dare vita, se quelli malvagi o le ispirazioni di bene che vengono dal Signore.
L'interrogativo che farisei e scribi rivolgono a Gesù sul comportamento dei discepoli che non si attengono alle più rigide tradizioni e «prendono cibo con mani impure», obbedisce alla logica di un dire e fare religiosi senza coinvolgimento del cuore. Perché mai mangiare senza aver adempiuto a una serie interminabile di riti di purificazione potrebbe rendere indegno l'uomo davanti a Dio? Chi stabilisce la dignità di una persona? Se a farlo è un suo simile, e non un principio superiore che risulta iscritto nella stessa natura umana, entriamo nel regno dell'arbitrario, col rischio, come ci ha insegnato la storia, di produrre abomini e genocidi. Scribi e farisei si erano ormai appiattiti su una religione fatta di norme rituali asfissianti, la cui trasgressione incuteva il timore di non essere graditi a Yhwh. Cristo invece propone una fede che tenga sempre in contatto l'interiorità con l'esteriorità; la più grande integrazione che il Signore ci invita a compiere è proprio quella tra i sentimenti che abitano dentro di noi e le scelte concrete che operiamo. Da soli non è possibile, perché il rischio di sacrificare cuore o testa, cuore o comportamenti, è elevatissimo.
Si tratta di accettare la sfida di una vita che, nonostante tenda al bene, è insidiata dal male. Forse il nemico più grande è la pretesa che la possibilità del male non ci sia. Tuttavia la purezza davanti a Dio è un dono che viene fatto al cuore che desidera essere purificato e non ha paura di guardare in faccia il male, come ha fatto Cristo. Il male non va sfidato, ma riconosciuto e affrontato con le armi evangeliche che di volta in volta lo Spirito fornirà.
La purezza o l'impurità di un gesto sono sempre date dal fatto che esse siano a favore o contro l'uomo. È questa l'unica discriminante. È difficile coltivare pensieri perfettamente puri e liberi da qualsiasi forma di egoismo, in quanto anche dietro il più grande filantropo si potrebbe annidare una personalità narcisista. La differenza è data dalla ricaduta di un'azione sulla vita del fratello. Se generiamo vita e gioia, ciò significa che il nostro fare è puro, anche se imperfetto; se vi è perfezione formale ma non sappiamo guardare in faccia il prossimo e d esprimere sentimenti di tenerezza, allora non siamo ancora purificati. Ricordo una certa durezza con cui un'educatrice preparatissima cercava di indottrinare i ragazzi di un gruppo ecclesiale: non cavava molto da loro; quando invece riusciva a togliere i panni della docente inflessibile e scherzava amabilmente, era molto ascoltata e sapeva essere un punto di riferimento importante. La purezza parte allora dall'intenzione e si esprime nella relazione; non guarda all'involucro delle cose e si preoccupa solo di non congelare il cuore. Dio non è assente dove è presente il cuore, dove persiste anche un flebile battito che canta la passione per la vita e per i volti che la costituiscono. Se poi un cuore che ama prende qualche strafalcione, la confidenza nella misericordia di Dio sarà la giusta cura.
«Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro». La purezza è anche solidità rispetto alle influenze esterne che non devono impressionarci: non possono avere potere sulla parte più vera di noi, dove risuona la voce dello Spirito e si decide a chi appartenere. Chi sceglie Cristo diventa dunque più forte, pur nella debolezza della sua storia personale.