Omelia (04-09-2024)
Missionari della Via


«La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei». Quanta premura, tenerezza e attenzione vi è in coloro che intercedono presso Gesù per la suocera di Pietro. E noi? Possiamo dire di essere attenti alle difficoltà, alle sofferenze degli altri? Preghiamo per loro? Spesso mi capita di constatare, con tristezza, la grande difficoltà che vi è in giro nel farsi prossimi. Viviamo in un'epoca di grande indifferenza. A volte preferiamo non guardare i deboli, i fragili, perché ci scomodano, perché sono un rimprovero alle nostre coscienze; e così preferiamo voltarci dall'altra parte finendo per anestetizzare la nostra coscienza. La TV mostra in continuazione situazioni di sofferenza ma vi è il vetro dello schermo che ci impedisce di entrare in empatia, di provare compassione. Abbiamo alzato uno schermo tra noi e i sofferenti, uno schermo ha finito per raffreddare i nostri cuori. Cerchiamo di rompere questo schermo di indifferenza per incominciare ad amare, perché non saremo giudicati sui peccati che abbiamo commesso ma sull'amore che avremo saputo donare!

Chiediamoci: oggi verso che ci siamo messi in cammino?

E questa domanda impariamo a farcela ogni giorno!

«Gesù entra in casa di Simone e Andrea, dove "subito" (bella di nuovo l'urgenza, la pressione degli affetti) gli parlano della suocera con la febbre. Ospite inatteso, in una casa dove la responsabile dei servizi è malata, e l'ambiente probabilmente è in disordine. Grande maestro, Gesù, che non si preoccupa del disordine, di quanto di impreparato c'è in noi, di quel tanto di sporco, dell'aria un po' chiusa delle nostre vite. E anche lei, donna ormai anziana, non si vergogna di farsi vedere da un estraneo, malata e febbricitante: lui è venuto proprio per i malati. Gesù la prende per mano, la rialza, la "risuscita" e quella casa dalla vita bloccata si rianima, e la donna, senza riservarsi un tempo, "subito", senza dire «ho bisogno di un attimo, devo sistemarmi, riprendermi» (A. Guida) si mette a servire, con il verbo degli angeli nel deserto. Noi siamo abituati a pensare la nostra vita spirituale come a un qualcosa che si svolge nel salotto buono, e noi ben vestiti e ordinati davanti a Dio. Crediamo che la realtà della vita nelle altre stanze, quella banale, quotidiana, accidentata, non sia adatta per Dio. E ci sbagliamo: Dio è innamorato di normalità. Cerca la nostra vita imperfetta per diventarvi lievito e sale e mano che solleva. Questo racconto di un miracolo dimesso, non vistoso, senza commenti da parte di Gesù, ci ispira a credere che il limite umano è lo spazio di Dio, il luogo dove atterra la sua potenza»

(p. Ermes Ronchi).