Omelia (16-09-2024) |
Missionari della Via |
Commento su Marco 8,27-35 Un centurione, cioè un soldato romano pagano, si rivolge a Gesù mediante alcuni anziani dei Giudei, chiedendogli che guarisca il suo servo. Che cosa bella! Questo centurione, capo di un battaglione di un centinaio di soldati, quindi un uomo abituato a co-mandare, si rivolge a Gesù chiedendo di guarire non un suo superiore, non un parente stretto ma un suo servo, un uomo che secondo la mentalità del tempo valeva molto poco, e il suo valo-re gli veniva dato dalla capacità di lavorare! Evidentemente il centurione era uno che amava e rispettava tutti, al punto che aveva costruito pure la sinagoga dei giudei! Ma vi è un altro aspetto di quest'uomo che si evince dal Vangelo: egli manda gli anziani da Gesù non perché non ama scomodarsi ma perché si sente indegno di avvicinarsi a Gesù! Lo si comprende quando Gesù giunge vicino a casa sua e il centurione gli manda a dire: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te...!». Ecco la fede di un pagano che riconosce il Signore al punto da non ritenersi degno di stare vicino a Lui! Mentre una volta la santità era intesa come separazione dagli altri, con Gesù la santità è stare vicino agli altri, farsi carico delle lo-ro sofferenze, farsi ultimo con gli ultimi. Ecco, questo ci aiuti nei momenti difficili a non disperare pensando che il Signore stia lontano, beato in cielo, indifferente alla nostra sofferenza. No, Egli è molto vicino a noi, Egli è accanto a noi. Davanti al suo amore premuroso, chiediamo anche noi la grazia di saperci fare prossimi agli altri, di avere occhi che sanno guardare la sofferenza degli altri, di avere braccia che abbracciano, mani che accarezza-no, cuore che ama! Per riflettere sul nostro modo di misurare la vita degli altri. «Un medico entrò in ospedale di corsa dopo essere stato chiamato per un intervento urgente. Andò direttamente al centro chirurgico, ma nel percorso incontrò il padre del bambino ricoverato. Non appena lo vide, il padre del bambino gridò: "Perché ci ha messo tanto ad arrivare? Non sapeva che la vita di mio figlio è in pericolo? Non ha senso di responsabilità?". Il medico sorrise e gli disse: "Mi dispiace molto, signore, non ero in ospedale e sono venuto più rapidamente possibile non appena ho ricevuto la chiamata. Ora vorrei chiederle di stare calmo perché io possa fare il mio lavoro". "Vuole che io resti calmo?", rispose l'uomo. "Cosa farebbe se fosse suo figlio ad aspettare un intervento? Starebbe calmo? Se suo figlio stesse morendo in questo momento cosa farebbe?". Il medico sorrise di nuovo e rispose: "Faremo tutto il possibile, con la grazia di Dio". Il padre del bambino concluse: "Parlare e dare consigli è facile quando non è lei ad essere coinvolto!" L'intervento durò poco più di un'ora, e alla fine il medico uscì felice: "Grazie a Dio, suo figlio si è salvato!". Senza aspettare la risposta del padre del bambino, il medico guardò l'orologio e andò via correndo. Mentre andava via, disse all'uomo: "Per qualsiasi domanda si rivolga all'infermiera". "Perché è così arrogante?", chiese il padre del bambino. "Non poteva aspettare qualche minuto di più perché gli potessi chiedere qualcosa sulle condizioni di mio figlio?" Il medico se ne era già andato, ma l'infermiera si avvicinò all'uomo e gli disse con le lacrime agli occhi: "Il figlio del medico è morto ieri in un incidente automobilistico. Il dottore era alle pompe funebri quando abbiamo telefonato perché operasse suo figlio. La vita di suo figlio è già stata salvata, ora lasci che il medico se ne vada in pace. È andato via correndo per poter assistere alla sepoltura di suo figlio"». |