Omelia (22-09-2024) |
padre Antonio Rungi |
Prese un bambino e lo indicò come esempio di umiltà Il Vangelo di questa venticinquesima domenica del Tempo ordinario è un testo fondamentale, importantissimo per capire la missione di Cristo tra gli apostoli, nella Palestina e soprattutto per la comprensione del tema della salvezza dell'umanità. Gesù, infatti, dice il testo del Vangelo, stava attraversando la Galilea ed era diretto verso Gerusalemme. In questo suo camminare, peregrinare, precisa il vangelo di Marco, voleva che nessuno sapesse dove andava. Cioè ci tiene al nascondimento, ci tiene al silenzio, non vuole stare esposto, non vuole farsi pubblicità o propaganda. Cammina e basta, chi lo incontra lo incontra. Non è che anticipa la sua presenza in un luogo per chiedere la partecipazione di persone. Gesù è spontaneo, decide di volta in volta ciò che può fare, ovvero fare quello che vuole, dove andare. Inoltre che cosa fa nel suo itinerario? Continua a percorrere da una zona all'altra della Palestina, insegnando ai suoi discepoli. Camminando insegnava, Gesù è un pedagogo in tutti i sensi, un ottimo Maestro. C'è appunto un cammino che è finalizzato alla perdita di tempo, al passeggio e un cammino che è finalizzato all'approfondimento di un discorso. Quante volte noi con gli amici facciamo questo, camminando parliamo e approfondiamo delle tematiche, affondiamo le questioni più importanti. Cosa diceva Gesù mentre camminava? Gesù conferma ciò che già aveva detto in precedenza, parla dell'imminente sua passione e morte in croce: "Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani egli uomini e lo uccideranno. Ma una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà". Il nucleo fondamentale della fede, che Gesù cerca di trasmettere agli apostoli, è che lui morirà sulla croce per salvarci, ma dopo tre giorni risorgerà. Quindi annuncia la sua Pasqua di morte e Risurrezione. Essi però non capirono queste parole e avevano un timore di interrogarlo. Chiaramente di fronte a un annuncio così sconvolgente i discepoli hanno paura di domandare al Maestro il significato di quelle sue affermazioni. Non discutono con il Gesù di questa problematica molto importante e centrale anche del loro discepolato, ma tra di loro parlano di altro. Giunsero, quindi, a Cafarnao (probabilmente nella casa di Pietro) e quando fu in casa Gesù chiese loro di che cosa stavano parlando, discutendo lungo la strada. È Gesù che chiede ai discepoli perché facevano silenzio, mentre lui parlava delle cose che riguardavano la sua persona. I discepoli non rispondevano, però stando a distanza e parlando tra di loro, si scambiavano qualche idea. Cosa stavano dicendo tra di loro lungo la strada lo si capisce in casa di Pietro. Avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. È un po' il tema dominante dei nostri ragionamenti, dei nostri discorsi. Per la mentalità pagana e mondana si è grandi e importanti se si ha più soldi, potere, chi è più incisivo nella politica, nella chiesa, chi condiziona la vita degli altri. In poche parole subentra l'orgoglio, la presunzione di essere migliore degli altri. Dopo aver ascoltato ciò che avevano detto, cioè avevano discusso del chi era il più grande tra di loro nel gruppo dei dodici, Gesù si siede e chiama a sé i dodici, ai quali dice senza mezze parole: "Se uno vuole essere il primo sia l'ultimo e il servitore di tutti". Molto chiaro. L'affermazione è nella logica del Vangelo, nell'etica evangelica, soprattutto ha attinenza con gli insegnamenti del Signore. L'ultimo deve essere il primo e il primo deve essere l'ultimo, cioè in poche parole bisogna invertire la tendenza: se si vuole essere veramente il primo, non bisogna comandare, ma obbedire, non spadroneggiare sugli altri, ma servire gli altri. Sei il primo nel momento in cui ti metti al servizio dell'altro, sei il primo se sei un uomo di carità, una donna di carità, veramente espliciti il tuo servizio con amore, passione e competenza e non ti ergi come il migliore, l'assoluto. Qui entra in gioco, purtroppo, quello che capita a tutti noi: la superbia, l'orgoglio, la presunzione. Gesù risolve la questione di chi è più grande, facendo un gesto molto bello e significativo, tipico del comportamento del Maestro: prese un bambino lo pose in mezzo a loro e abbracciandolo disse: fatevi bambini, cioè piccoli, umili e semplici per entrare nel regno del Padre mio. Dio è umile al punto tale che si è abbassato alla nostra condizione umana. Accogliere questo invito e ritornare ad essere bambini, significa fare un'operazione di conversione del nostro cuore all'umiltà e al servizio. |