Omelia (06-06-2003) |
padre Lino Pedron |
Commento su Giovanni 21, 15-19 Al termine del pasto con i discepoli, Gesù si rivolge a Pietro, chiedendogli una professione d'amore, per affidargli il suo gregge: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" (v.15). Il Cristo per costituire Pietro pastore della Chiesa esige da lui un amore più grande di quello degli altri amici. Nella sua risposta l'apostolo si appella alla scienza divina di Gesù chiamandolo Signore, evitando così la presunzione di considerarsi migliore degli altri. La triste esperienza del rinnegamento, dopo che Pietro aveva protestato di voler dare la vita per Gesù anche se tutti gli altri l'avessero abbandonato (Mc 14,29), ha prodotto il suo effetto benefico. Pietro non si confronta più con gli altri, ma professa con sincerità e semplicità il suo amore per il Signore. Pietro, dopo la sua dichiarazione d'amore, riceve da Gesù il conferimento dell'ufficio pastorale: "Pasci i miei agnelli" (v.15); "Pasci le mie pecore" (vv.16-17). Quindi Pietro è costituito pastore di tutto il gregge, ossia guida spirituale di tutta la Chiesa. I membri della Chiesa appartengono a Cristo: sono i suoi agnelli e le sue pecore. Gesù, prima di lasciare definitivamente questo mondo, costituisce Pietro suo vicario nella missione di guida e di pastore del popolo di Dio. Dopo aver investito Pietro della missione di guida della Chiesa, Gesù gli predice la fine: in vecchiaia l'apostolo sperimenterà la prigione e verserà il suo sangue per il Signore. Gesù ha perdonato Pietro, lo ha riabilitato e ha fatto di lui un uomo nuovo che lo imiterà anche nel martirio. Durante l'ultima cena Pietro aveva affermato di voler seguire subito il Signore, offrendo la sua vita per lui; Gesù però gli aveva replicato che l'avrebbe seguito in futuro. Dopo la sua risurrezione il Signore annuncia a Pietro che questa testimonianza la darà in vecchiaia (v.18). A somiglianza di Gesù, Pietro glorificherà Dio con la testimonianza del sangue versato. Seguire Gesù è andare con lui fino alla morte (v.19). |