Omelia (29-09-2024) |
don Alberto Brignoli |
L'esclusiva del cristiano? L'amore... Le tre letture di oggi, apparentemente così diverse tra loro, in realtà ci offrono un messaggio comune: nessuno può pensare di essere talmente "ricco" - sia materialmente che moralmente, ovvero "pieno di sé" - da potersi sentire superiore a Dio e agli uomini. E questo, perché Dio è capace di mettere il suo Spirito nel cuore di chiunque egli voglia, e non nel cuore chi pensa di poter avere l'esclusiva su Dio e sull'umanità. Dio può togliere a chiunque la ricchezza di cui si sente investito per farne parte a chi ha poco o nulla; addirittura, nella prima lettura, intervenire a togliere "parte dello Spirito che era su Mosè" e a distribuirlo sopra i settanta anziani che lo accompagnavano nel governo del popolo del deserto. Di fronte a questo, l'uomo di fede, come Mosè, accetta il piano di Dio e si augura, senza gelosie, che questo piano si compia sempre di più, e che lo Spirito del Signore possa rendere profeti tutti quanti nel popolo. L'uomo che si sente ricco solo di se stesso, come dimostra di essere Giosuè, rimane sdegnato ed è "geloso" per questa scelta di Dio. Ma il problema non è la scelta operata da Dio: è l'atteggiamento dell'uomo ricco e pieno di sé che non funziona. Ed è un atteggiamento tra noi molto più diffuso di quanto si possa pensare, soprattutto tra noi che ci diciamo credenti e che ci mettiamo al servizio di Dio nella Chiesa... Quante volte anche noi, come Giosuè, rivendichiamo con orgoglio di fronte a Dio di voler essere gli unici depositari della fede, gli unici a parlare di Dio con esattezza e verità, gli unici a individuare i cammini e le strade giuste per arrivare a Dio, di fronte invece a un mondo da noi ritenuto caotico, pluralista, o addirittura privo di Dio? E abbiamo la pretesa di rivendicare questo sulla scorta della nostra vecchia amicizia con Dio, che - proprio come Giosuè - serviamo e veneriamo "fin dalla nostra adolescenza", e che per questo motivo riteniamo debba avere per noi un occhio di riguardo in più. Altrimenti rischia di diventare un Dio poco serio e poco credibile, proprio perché dà spazio e pari opportunità a tutti, anche a chi - a nostro avviso - non si merita nulla. Oppure, quante volte basiamo la nostra fortuna e la nostra felicità su un'altra ricchezza, molto meno interiore, convinti che "senza i soldi non puoi fare nulla, mentre se hai i soldi puoi fare tutto"? Non è una novità che la Parola di Dio, prima ancora dell'apostolo Giacomo, si scagli in maniera forte e feroce contro uno dei peggiori peccati in cui l'uomo credente può incorrere nei confronti di Dio, ovvero l'idolatria del denaro, attraverso la quale giungiamo a credere che ci sia qualcosa di più potente della sua onnipotenza. L'avidità, l'avarizia, la cupidigia del denaro è uno dei peccati tra i più abietti, perché ha la pretesa di monopolizzare Dio, di assoggettarlo alle proprie capacità, soprattutto economiche, convinto che, come si comprano le cose degli uomini, così si possono comprare pure le cose di Dio... E ancora: quante volte nel nostro vivere la fede assumiamo atteggiamenti di superiorità, di sufficienza, e ci permettiamo di "monopolizzare" le cose di Dio interpretandole a nostro piacimento, e soprattutto sbattendole in faccia agli altri, soprattutto ai più piccoli, a coloro che fanno fatica a vivere con coerenza la loro fede, facendoli quindi sentire ancor più "nullità" di ciò che già si sentono? Chi già fa fatica a vivere una vita di fede - perché magari la vita lo ha messo a dura prova e sente che Dio è distante dalla sua esistenza - non può certo dirsi edificato e stimolato a intraprendere un cammino di fede, vedendo gli atteggiamenti di "sufficienza" e di "superiorità" di certi cristiani... E non si tratta solamente dei tanti scandali eclatanti che molti membri della Chiesa hanno commesso lungo i secoli della sua storia. Una fede e una morale vissute magari in maniera integerrima, senza ombre, ma con senso di disprezzo e di superiorità nei confronti di tutti, allontanano dall'incontro con Dio più che non una fedeltà a Dio zoppicante, fatta di continui sbagli e di riprese, di incoerenze e di tentativi di riscossa, ma che, nonostante ciò, manifesta un cuore genuinamente attaccato a Dio perché rispettoso del cammino di fede dei più piccoli. I piccoli e i poveri non ci chiedono di essere santi e perfetti, ma semplicemente di essere onesti e misericordiosi nei loro confronti. Anche Gesù, oggi, non scherza con le affermazioni forti: ci invita a essere "radicali", nel "tagliare", nello "smetterla" con questi atteggiamenti che allontanano i più piccoli da Dio. L'immagine della mano, del piede e dell'occhio che vanno "tagliati e cavati" dal corpo è l'invito - per noi "cristiani perfetti" - a prendere coscienza che le nostre opere (la mano), i nostri cammini (il piede) e i nostri sguardi giudicanti sulle persone e sulla realtà (l'occhio) non possono mai essere occasione di scandalo, ossia non possono mai permettersi di creare senso di inferiorità, senso di nullità, senso di inadeguatezza in coloro che noi riteniamo diversi, incoerenti, senza fede, immorali, mentre in realtà sono solamente dei "poveri", dei "piccoli", che non pretendono da noi se non una testimonianza di carità, di affetto, di misericordiosa vicinanza. I piccoli non ci chiedono nulla, se non di fare quello che spesso anche loro, senza accorgersi, fanno con noi: dar loro un bicchiere d'acqua per spegnere la loro sete delle cose di Dio. E non guardiamo con timore e sospetto a chi parla di Dio come facciamo anche noi, ma in modo diverso dal nostro; di chi vive una fede come noi, ma diversa dalla nostra; di chi ama Dio e i fratelli come noi ma diversamente da noi: prima di tutto, perché nessuno di noi, per quanto cristiano impegnato da anni in una comunità o in un gruppo, può pretendere di avere l'esclusiva su Dio; e poi, perché lo Spirito di Dio, quando parla di Dio, non farà mai del male a nessuno. |