Omelia (05-10-2024)
Missionari della Via


La piccolezza ci rende capaci di capire, vedere e percepire tutto ciò che ci circonda in maniera diversa. I discepoli stessi erano richiamati da Gesù a questa condizione di semplicità che poteva farli rallegrare dell'opera di Dio e cogliere la beatitudine nella loro vita.

Il potere, la violenza, la sopraffazione è il rifugio degli incapaci. Invece tutti coloro che sono realmente grandi, sanno cogliere la bellezza della piccolezza, che apre le porte all'intervento di Dio, Colui che è realmente grande. Perciò facendo entrare lo Spirito di Dio, ciò che è piccolezza è vera grandezza!

«Lo Spirito sceglie il piccolo, sempre, non può entrare nel grande, nel superbo, nell'autosufficiente. Non sono coloro che sanno tante cose di teologia o gli "enciclopedisti" della teologia (a ricevere lo Spirito Santo). Sanno tutto, ma sono incapaci di fare teologia perché la teologia si fa in ginocchio, facendoci piccoli. E dunque, il vero pastore sia sacerdote, vescovo, papa, cardinale, chiunque sia, se non si fa piccolo, non è un pastore. Piuttosto è un capo ufficio. E questo vale per tutti. Da quello che ha una funzione che sembra più importante nella Chiesa, alla povera vecchietta che fa le opere di carità di nascosto. La piccolezza è grande, è capacità di rischiare perché non ha niente da perdere. San Tommaso d'Aquino dice così, la sintesi è così: "Non spaventarsi delle cose grandi non spaventarsi, andare avanti; ma nello stesso tempo, tenere conto delle cose più piccole, questo è divino". Un cristiano parte sempre dalla piccolezza. Se io nella mia preghiera mi sento piccolo, con i miei limiti, i miei peccati, come quel pubblicano che pregava in fondo alla chiesa, vergognoso: "Abbi pietà di me che sono peccatore", andrai avanti. Ma se tu credi di essere un buon cristiano, pregherai come quel fariseo che non uscì giustificato: "Ti rendo grazie, Dio, perché sono grande". No, ringraziamo Dio perché siamo piccoli» (papa Francesco).