Omelia (13-10-2024)
diac. Vito Calella
Incontrare Cristo nella vita dei più poveri e sofferenti

Signore, la tua grazia ci preceda e ci accompagni...
Nella preghiera della "colletta" abbiamo fatto una bella richiesta: «Signore, la tua grazia ci preceda e ci accompagni e ci renda attenti a perseverare nel fare il bene». La grazia che ci precede e ci accompagna è la ricchezza più grande di tutti i beni materiali di questo mondo, che noi cristiani identifichiamo nel dono dello Spirito Santo. «L'amore di Dio, riversato nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,5b) «supera ogni conoscenza e ci riempie della pienezza di Dio» (Ef 3,19). Con l'invocazione dello Spirito Santo e della sua luce divina, ciascuno di noi può centrare la propria vita sul mistero della morte e risurrezione di Gesù e riconoscere che «egli è il Signore» 1Cor 12,3b; Fil 2,11), il Signore della nostra vita e della storia dell'umanità. Il nostro «spirito di sapienza, che ci dà prudenza» (Sap 7,7), ci porta ogni giorno a scegliere, liberamente e con gioia, di avere Gesù Cristo come unica «via, verità e vita» (Gv 14,6), «pastore e guida delle nostre anime» (1Pt 2,24).
Che bello poter dire, insieme all'apostolo Paolo: «Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti» (Fil 3,8-11).
Che bello, se ciascuno di noi potesse dire, illuminato dal brano del libro della Sapienza 7,7-11: «Cristo morto e risuscitato è il fulcro centrale della mia vita e lo Spirito Santo è la gratuità dell'amore divino che mi permette di perseverare nella la pratica del bene, cioè nel compiere opere di carità nell'ambito di tutte le mie relazioni, nel rispetto degli altri e nella cura rispettosa di tutte le specie della natura. Preferisco questa "sapienza cristiana" più del mio conto in banca, più dei miei beni materiali, più delle persone più care e amate. Voglio avere un cuore distaccato, spossessato di tutto ciò che è materiale e di tutte le mie relazioni più significative, perché il mio unico attaccamento è in Cristo e la mia unica ricchezza interiore è lo Spirito Santo. Questo vale "più della salute e della bellezza, più della luce del sole" (Sap 7,10)».
Che bello sarebbe riprendere in mano il salmo 89(90) nella nostra preghiera mattutina, come coppia, come famiglia, come comunità religiosa o sacerdotale e rinnovare ogni giorno l'opzione della vera sapienza: «Saziaci al mattina con il tuo amore, esulteremo e gioremo tutti i nostri giorni! Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio! La tua bontà, Signore e Dio nostro, scenda abbondantemente su di noi e ci guidi. Rendici la gioia, nonostante i giorni in cui ci hai afflitti e gli anni in cui abbiamo visto il male, perché sappiamo che "tutto coopera al bene per coloro che ti amano" (Rm 8,28). Aiutaci a santificare il nostro lavoro quotidiano, affinché diventi fruttuoso con opere buone di gratitudine a favore del prossimo e di tutta l'opera della creazione»
È una lotta interiore fino all'ultimo respiro della nostra esistenza terrena!
L'ideale è chiaro. La realtà della vita è diversa. Tra il dire e il fare c''e di mezzo il mare!
Non riusciamo a sperimentare con coraggio che "Tutto è dono e nulla ci appartiene"!
Non riusciamo a perseverare «cercando il regno di Dio e la sua giustizia» e sperimentare, di fatto, che «tutto il resto ci sarà dato in abbondanza» (Mt 6,33).
Non riusciamo veramente a lasciare tutto per seguire Gesù e servire i poveri, sapendo che «chi avrà lasciato casa, fratelli, sorelle, madre, padre, figli, campi, per amore di Gesù e del Vangelo, riceverà il centuplo adesso, in questo la vita - casa, fratelli, sorelle, madri, figli e campi, con le persecuzioni - e, nel mondo futuro, la vita eterna» (Mc 10,29-30).
È difficile mettere in secondo piano il proprio progetto di vita, andare oltre gli ideali della cultura contemporanea occidentale, che motivano la fatica di ogni giorno: dare un futuro dignitoso ai propri figli, avere successo nella propria professione, avere uno stipendio ben remunerato, essere un perfetto consumatore dei beni disponibili sul mercato, avere una casa propria, un'auto di lusso, espandere la propria attività economica, accumulare denaro sul conto bancario.
È difficile intraprendere il progetto di vita di voler conoscere e amare Gesù per farlo conoscere e amare da tutti, mettendosi a servizio in un'attività pastorale della comunità e incontrando Cristo presente nei più poveri e sofferenti, lasciandosi illuminare dalla mensa della Parola e rafforzare dalla comunione eucaristica della celebrazione domenicale del giorno del Signore.
Ci ha rattristato apprendere che quell'uomo ricco, fedele e devoto, osservante dei dieci comandamenti, praticante la religione gudaica di quel tempo, non riusciva a convertirsi davanti allo sguardo profondo e tenero di Gesù e davanti alle parole provocatorie del Maestro che gli chiedeva di «vendere tutto quello che aveva, darlo ai poveri, per avere un tesoro nel cielo, e, poi metteri alla sequela di Gesù» (Mc 10,21)
Quelle parole impegnative, pronunciate da Gesù, penetrarono nella mente e nel cuore di quel ricco! Erano «la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; capace di penetrare fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto» (Eb 4,12-13).
Quel ricco era troppo attaccato alle sue ricchezze! Gesù, davanti ai farisei anch'essi amanti del denaro, disse: «Nessuno può servire a due padroni. Infatti, o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si attaccherà al primo e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e il denaro» (Mt 6,24 // Lc 16,13).
Le dure parole di Gesù nei confronti dei ricchi sono davvero come una spada a doppio taglio che interroga la coscienza degli avidi: «Quanto è difficile entrare nel Regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio!» (Mc 10,24).
Dello stesso tono sono le parole che troviamo in 1Tm 6,7-10: «Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell'inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti».
Incontrare Cristo nella vita dei più poveri e sofferenti
Siamo di fronte ad una lotta interiore. O scegliamo di centrare la nostra vita in Gesù Cristo morto e risuscitato e ci lasciamo condurre dallo Spirito Santo per promuovere le buone opere di carità, condividendo ciò che abbiamo e siamo e ringraziando per i segni concreti della divina provvidenza; oppure scegliamo ad attaccare nuovamente il cuore ai beni materiali e agli affetti familiari, difendendo le nostre conquiste e i nostri interessi.
Per vincere questa lotta non basta la nostra fedeltà al banchetto della Parola e dell'Eucaristia, saziando la nostra mente e il nostro cuore di questo duplice Pane di vita eterna. Il nostro essere membra del corpo ecclesiale di Cristo sulle strade del mondo ci chiede di incontrare Cristo nella vita dei più poveri e sofferenti.
Loro ci evangelizzano e ci donano quella gioia profonda e quel coraggio della radicalità evangelica per aver «seguito Gesù, condividendo con loro tutto quello che abbiamo e che siamo» (Mc 10,21). In questo incontro esistenziale con i più poveri e sofferenti, sperimentiamo già la nobiltà di appartenere al Regno di Dio e questa è già anticipazione della pienezza della vita eterna che sperimenteremo in piena comunione con Dio e con i santi dopo la nostra morte.