Omelia (13-10-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Il salto di qualità Da notare che questo interlocutore che nel vangelo di Marco resta nell'anonimato, si getta ai piedi di Gesù non appena riesce ad averlo di fronte. Un po' come l'emorroissa che incontra in Signore faccia a faccia dopo avergli toccato veste ed essere stata guarita dal suo male o come il lebbroso che, scoprendosi guarito, corre subito a buttarsi ai suoi piedi in segno di gratitudine (Lc 17, 15 - 16). Nell'incontro di cui alla pagina odierna invece lo sconosciuto che interloquisce con il Signore gli si butta davanti innanzitutto per esternargli un atto di fede: lo chiama Maestro buono. Gesù ribatte che solo Dio è buono. Ma appunto perché quello vedeva in lui il Cristo, il Dio fatto uomo, lo definisce "buono": tu sei il Dio buono fatto uomo per noi. Poi, anziché esprimere un ringraziamento o chiedere un miracolo o una grazia, vuol sapere come raggiungere la vita eterna. Possiamo affermare che vuole unirsi a Gesù nell'amore e che è consapevole che la cosa si può fare. Deve aver vissuto appieno il suo discepolato mostrandosi sempre attento alla sua Parola di sapienza per cui adesso lo chiama "maestro" e vorrebbe conciliare la sua formazione con la vita nel continuo rapporto con Gesù nell'amore. In fine dei conti la vita eterna è questo. E' vivere in armonia con Dio perennemente, congiungersi con Dio in un rapporto indissolubile che solo l'amore di Dio può concedere, anche se dal canto suo la corrispondenza dell'uomo deve meritarlo. E tale rapporto prosegue anche oltre la vita terrena, in quella dimensione di gloria che noi chiamiamo paradiso, dove la nostra vita in Dio non potrai mai cessare. Ma cosa occorre per guadagnare questa vita, questa comunione con Dio che persiste anche oltre la vita presente? Gesù ricorda che esistono dei criteri di condotta grazie ai quali possiamo amare Dio nel prossimo, specialmente nel più bisognoso e grazie ai quali siamo certi di poter appagare costantemente il desiderio di Dio che ci è connaturale. Sono i percorsi dell'amore, che vanno ben oltre le prescrizioni scritte dei Comandamenti. Quelli per i quali non solamente non commetto adulterio, ma amo la donna che Dio mi ha messo accanto, donandomi tutto a lei. Non mi contento di non uccidere, ma tratto con amore e con riguardo ogni fratello. L'interlocutore sconosciuto deve aver fatto esperienza di questi criteri di vita che anticipano il paradiso fin dalla giovinezza, come lui stesso dice. Deve averne sperimentato l'efficacia e la promessa, ma ancora non riesce a capacitarsi di cosa possa condurlo alla vita piena e definitiva e solamente il Maestro può sciogliergli questo enigma. Gesù a un certo punto guarda negli occhi questa persona con amore e con ammirazione, perché davvero comprende che lui da sempre ha osservato ogni prescrizione divina con vero amore e abnegazione, senza mai smentirsi e capisce che può fare un "salto di qualità". Comprende cioè che può andare oltre la mediocrità e dare il meglio di se stesso con una speciale consacrazione: "vendi tutti quello che hai e dallo ai poveri; poi vieni e seguimi." Gli propone cioè di spogliarsi di tutte le certezze materiali, delle sostanze, delle proprietà e delle garanzie che, anche se legittime sotto certi versi, potrebbero distoglierlo dal proposito della comunione piena reale con lui e per ciò stesso anche con il Padre. Gli sta chiedendo di privarsi di tutti i suoi beni per avere solo Dio come sommo bene e di elargire tutte le sue sostanze a chi manca del necessario. Gesù lo ha appena guardato con amore e con ammirazione e confida che lui non ha difficoltà a fare questo "salto" speciale. E a questo punto subentrano gli ostacoli e le difficoltà, che sono dati dalla ricchezza e dall'opulenza materiale. Non dalla ricchezza in quanto guadagno o proprietà, ma dall'idolatria consolidata di ogni proprietà e di ogni guadagno. La ricchezza insomma come attaccamento ai beni di consumo fino a conformare se stessi con quello che si possiede. La ricchezza interpretata come finalità e non come mezzo. Paolo dirà successivamente che l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali e di tutte le devianze (1Tm 6, 10 - 11) e che la fede e la giustizia sono la via della vera gioia. Il che è vero. In questo momento però l'attaccamento al denaro è lesivo alla comunione con Dio nell'amore, perché il denaro quando è idolatrato e finalizzato a se stesso, diventa l'antitesi dell'amore. Non per niente Gesù altrove dice che occorre decidersi nella scelta: "o Dio o Mammona con tutte le sue ricchezze e lo sfarzo. (Mt 6, 24). La triste conclusione della vicenda mi ricorsa la vocazione alla vita religiosa e ai candidati alla consacrazione speciale da suore o da frati, che per l'appunto comporta la scelta di Dio nella forma totalizzante, amato con cuore indiviso e stimato come valore unico e assoluto. Per ciò stesso richiede anche la rinuncia affettiva ed effettiva ai beni e alle proprietà con il voto di povertà. Ad esso può corrispondere fedelmente solo chi è affrancato dalle presunte sicurezze economiche ed è pronto anche a rinunciare a tutto pur di guadagnare Cristo. Per dirla con Paolo, "considero tutte cose come spazzatura al fine di guadagnare Cristo"(Fil 3, 3 - 8). C'è stato chi alla fine ha deciso di abbandonare il seminario perché propenso verso le ricchezze che aveva conquistato. Non ci si rivolge qui tuttavia ai soli candidati alla vita religiosa, ma anche a chi abbia scelto Cristo da semplice battezzato: occorre che valichiamo il confine della mediocrità e del lassismo, per puntare al "di più", all'eroismo dei veri consacrati. Una scelta che la Prima Lettura di oggi ci descrive come sapienziale perché scaturente dallo stesso Dio amore che ci vuole tutti alla comunione con sè. |