Omelia (13-10-2024)
don Lucio D'Abbraccio
La nostra vera ricchezza è Cristo o i beni materiali?

Il Vangelo ci invita all'incontro con il Signore, sull'esempio di quel «tale» che «gli corse incontro». Possiamo immedesimarci in quell'uomo, di cui il testo non dice il nome, quasi a suggerire che possa rappresentare ciascuno di noi. Egli domanda a Gesù come «avere in eredità la vita eterna». Chiede la vita per sempre, la vita in pienezza: chi di noi non la vorrebbe? Ma, notiamo, la chiede come un'eredità da avere, come un bene da ottenere, da conquistare con le sue forze. Infatti, per possedere questo bene ha osservato i comandamenti fin dall'infanzia e per raggiungere lo scopo è disposto a osservarne altri; per questo chiede: «Che cosa devo fare per avere?».
Gesù può veramente garantire un'esistenza felice e la vita eterna, ma per una via diversa da quella che immaginava il giovane ricco: non cioè mediante un'opera buona, una prestazione legale, bensì nella scelta del Regno di Dio quale «perla preziosa» per la quale vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede. Ebbene, la risposta di Gesù spiazza questo giovane. Il Signore, annota l'evangelista, «fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: "Vendi quello che hai e dallo ai poveri"». Il Signore, dunque, chiede di lasciare quello che appesantisce il cuore, di svuotarci di beni per fare posto a Lui, unico bene. Non si può seguire veramente Gesù quando si è legati e appesantiti dai beni terreni. Purtroppo le ricchezze terrene occupano e preoccupano la mente e il cuore. E se il cuore è affollato di beni, non ci sarà spazio per il Signore, che diventerà una cosa tra le altre. Il giovane ricco non riesce a fare questo passo. Malgrado sia stato raggiunto dallo sguardo pieno d'amore di Gesù - «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò» -, il suo cuore non è riuscito a distaccarsi dai molti beni che possedeva. Ecco allora l'insegnamento per i discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». Per questo la ricchezza è pericolosa e - dice Gesù - rende difficile persino salvarsi. L'apostolo Paolo ricorda che «l'avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (cf 1Tm 6,10). Lo vediamo: dove si mettono al centro i soldi non c'è posto per Dio e non c'è posto neanche per l'uomo. Però Gesù non dice che le ricchezze sono cattive, ma che allontanano semplicemente da Dio se non vengono, per così dire, «investite» per il Regno dei cieli, spese cioè per venire in aiuto di chi è nella povertà.
Per giungere alla salvezza bisogna dunque aprirsi nella fede alla grazia di Cristo, il quale però a chi gli si rivolge pone una condizione esigente: «vieni! Seguimi!». Vieni: cioè non stare fermo! Seguimi: ossia, non andiamo dietro a Gesù solo quando ci fa comodo o quando ne abbiamo voglia, ma cerchiamolo ogni giorno; non accontentiamoci di osservare dei precetti, di fare un po' di elemosina e dire qualche preghiera: troviamo in Lui il Dio che ci ama sempre.
I Santi hanno avuto l'umiltà e il coraggio di rispondergli «», e hanno rinunciato a tutto per essere suoi amici. In essi ritroviamo attualizzata l'esperienza di Pietro: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Il loro unico tesoro è in cielo: è Dio.
Il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall'amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cf Mt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cf Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo. Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio. Ci accontentiamo di qualche precetto o seguiamo Gesù da innamorati, veramente disposti a lasciare qualcosa per Lui? Gesù interroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino: siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell'amore? Lo seguiamo davvero o ritorniamo sui passi del mondo, come quel giovane ricco? Insomma, ci basta Gesù o cerchiamo tante sicurezze del mondo? Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: lasciare ricchezze, lasciare nostalgie di ruoli e poteri, lasciare strutture non più adeguate all'annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un po' di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti.
Quel giovane ricco, - dice il Vangelo - «se ne andò rattristato». Perché? Perché si era ancorato ai precetti e ai suoi molti beni, non aveva dato il cuore. E, pur avendo incontrato Gesù e ricevuto il suo sguardo d'amore, se ne andò triste. La tristezza è la prova dell'amore incompiuto. È il segno di un cuore tiepido. Invece, un cuore alleggerito di beni, che libero ama il Signore, diffonde sempre la gioia, quella gioia di cui oggi c'è grande bisogno.
Gesù invita anche noi, come i Santi, a seguirlo per avere in eredità la vita eterna. Lasciamoci conquistare da Cristo, dal suo sguardo pieno d'amore. Maria, Regina dei Santi, susciti nel popolo cristiano uomini e donne pronti ad abbandonare tutto per il Regno di Dio; disposti a far propria la logica del dono e del servizio, l'unica che salva il mondo. Amen!