Omelia (20-10-2024)
don Andrea Varliero
La ballata del potere

Che figura! Tre anni di cammino insieme, tre anni di parabole, di catechesi, di guarigioni; tre anni di fastidi e di avversari, tre anni di amicizia, e non aver capito nulla di Lui. Ricominciare da zero: il Vangelo è una sublime presa in giro a tutti i nostri deliri di onnipotenza, perché noi, un giorno, forse, potremo cambiare. Due di loro, due fratelli intraprendenti, chiedono di poter stare seduti sulla poltrona comoda del potere, uno a destra e uno a sinistra: meglio di così non si potrebbe. Una garanzia. E gli altri dieci impietriscono, rimangono senza parole, si stracciano le vesti, si inalberano: la loro frustrazione e indignazione sta unicamente nel non aver avuto il coraggio di aver chiesto prima la stessa cosa, si vedono superati nella corsa al potere; è l'invidia a farli indignare.
Il Maestro del desiderio vive l'infinita pazienza a ricominciare, con i discepoli e con tutti noi. Li prende con sé e si siede al loro livello, ancora una volta. Non mortifica né i due intraprendenti fratelli, né i dieci indignati moralisti. Riprende il filo del senso: non può essere sempre così. Non può sempre funzionare unicamente a sete di potere. Non può essere che la storia conosca unicamente l'ingranaggio oliato del potere forte. La ballata del potere, del dominare. Posso testimoniare che in questi cinquant'anni di vita ho visto il potere cambiare: sempre meno partecipazione, sempre meno momenti di condivisione, sempre meno piazze vive, sempre meno sale civiche, sempre meno assemblee: abbiamo delegato, non abbiamo più tempo. Abbiamo lasciato fare, ci siamo stancati; ci hanno deluso, abbiamo ripetuto dentro di noi che non serve a nulla. E così il potere si è concentrato in sempre meno mani, si è fatto discreto, educato e invisibile, e per questo più difficile da riconoscere. Talmente silenzioso e educato da diventare guerra e violenza, arroganza e non rispetto delle giuste sedi, dei giusti modi, del giusto dialogo, dei diritti calpestati. La ballata del potere: in ogni ambito, da quello della politica a quello della Chiesa, da quello dell'informazione a quello della scienza, dal lavoro alla finanza.
«Tra voi non sia così»: è la terza volta che lo ripete. Tra voi non sia così, che i rapporti umani siano segnati da un contratto: ritornare al sogno delle nostre esistenze, essere una sola carne. Tra voi non sia così, che la vita diventi una casa da incubo dove ho stipato ogni cosa, ma sono rimasto vuoto dentro, un giovane ricco triste. Tra voi non sia così, nel piccolo o grande fazzoletto di potere che sono chiamato a gestire. Ricominciare a servire, ricominciare dal catino della lavanda dei piedi. E dalle sue parole imparo che un servo non è uno schiavo; un servo non è uno che si lascia sfruttare; un servo non è un illuso; un servo non è un umiliato. Un servo è libero e responsabile della propria vita: ama quello che fa, cerca il bene dell'altro, senza dimenticarsi di se stesso. Vivere servendo gli altri, invece che servirsi degli altri: questo ci indica il folle e alieno galileo, perché gli altri possano fiorire, possano avere più vita quando ci incontrano. Metterci al servizio della felicità di chi ci è stato affidato è il potere più bello. L'ho incontrato questo essere al servizio della felicità degli altri? Sì, posso testimoniare che l'ho incontrato: nel volto di una consacrata quando ero ragazzino, nel volto di un missionario, nel volto di un giovane uomo diventato amministratore del comune, nel volto di un medico che non guardava l'orologio, nel volto di un sacerdote che è rimasto come un punto fermo, nel volto di una coppia che si è resa casa accogliente. Volti che ringrazio, volti che, anche senza saperlo, mi hanno indicato che «Tra voi non sia così».
Tutti abbiamo un piccolo o grande fazzoletto di potere, fossero anche solo i fornelli di casa. Tutti abbiamo la possibilità di vivere questo Vangelo: possiamo imparare e iniziare a gioire del bene degli altri, a valorizzare i loro talenti, a metterli in condizione di sentire di essere amati e a dar loro possibilità di sperimentare la gioia. Quel collega, quello sposo, quel confratello, quel figlio, quella sorella: li sto facendo fiorire o li sto umiliando? Mi sto servendo di loro, oppure sto servendo alla loro felicità? «Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione, prenderei proprio quel catino colmo d'acqua sporca. Girerei il mondo con quel recipiente ad ogni piede cingermi l'asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell'ateo, del drogato, del carcerato, dell'omicida. di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego. In silenzio, finché tutti abbiano capito, nel mio, il Tuo amore» (Magdalene Delbrel).