Omelia (01-11-2024)
padre Gian Franco Scarpitta
Tutti ne siamo invitati

Il paradiso è la nostra meta definitiva. Man mano che procede la vita su questa terra siamo orientati verso una patria celeste (Fil 3, 20), che siamo incoraggiati a raggiungere dal Signore Gesù Cristo, che non ci ha lasciati soli in questa vicenda terrena, ma che è andato a "prepararci un posto", perché dove lui si trova, ci troviamo anche noi. (Gv 14). La nostra vita si svolge così all'insegna della speranza di un traguardo glorioso e definitivo, che sia antitetico alla macabra realtà del secolo presente.
Oggi siamo esortati ad accentuare il nostro percorso da pellegrini su questo mondo, sostenuti e incoraggiati dalla certezza che il paradiso non è vuoto. Vi è una grossa schiera di eletti che in esso gode l'eternità della visione beatifica e della gloria definitiva. Essi non vivono il paradiso come un luogo fisico, solitamente rappresentato dalle nostre iconografie quale la pacifica convivenza di angeli e di esseri aureolati che popolano cirri e nuvole. Non riguarda il paradiso il "muro di cinta" (questa l'origine del nome) che contorna un grande giardino lussureggiante di fiori. Così la Bibbia descrive in effetti il giardino dell'Eden prima del peccato di Adamo ed Eva, ciò tuttavia non per darcene una descrizione topografica, ma per fornirci di esso un'idea simbolica. Per paradiso si intende piuttosto una dimensione ancora più perfetta, tanto meravigliosa ed entusiasmante da sfuggire ai parametri delle nostre descrizioni. Una realtà talmente perfetta da rendersi incompatibile con qualsiasi tipo di archetipo di questa terra.
Il paradiso è infatti una condizione di gloria definitiva ultraterrena, di pace e di gioia indefinita perenne, nella quale tutti si è chiamati alla comunione gloriosa con Dio nella quale ci riconosceremo anche gli uni gli altri. Paradiso è l'eternità che ha avuto inizio in questa vita e che avrà il suo profilarsi al di fuori del nostro corpo mortale. Non un luogo, quindi, ma una situazione di perenne gloria, pace nella comune perfezione che ci renderà familiari con Dio e fra di noi. Paolo descrive di averne fatto esperienza come di un "Terzo cielo" e di un luogo ineffabile, nel quale udì parole incomprensibili alla ragione umana (2Cor 12, 1 - 4).
Oggi siamo rallegrati dalla certezza che il paradiso interessa un innumerevole quantità di fratelli e di sorelle che ci hanno preceduti e che ivi ora ci attendono vivendo la vita piena. Essi vengono denominati i "santi", identificabili in coloro che oggi veneriamo come degni dell'onore degli altari, ma anche di tante altre anime elette che hanno meritato la definitiva gloria beatifica e adesso intercedono per noi mentre ci vengono presentati come modelli di vita e di fedeltà.
Di questi personaggi ve ne sono di illustri, di famosi, di rinomati ed esaltati nei calendari e dalle agiografie, ma anche di tanti altri che sono stati condannati al dimenticatoio o dei quali non si conosce nulla. Taluni sono definiti "beati", perché legittimati ad un culto solamente locale; altri "venerabili" o "servi di Dio", il cui culto è cioè autorizzato a livello locale. Tantissimi ve ne sono fra coloro per i quali non è iniziato alcun processo di canonizzazione, eppure godono allo stesso modo della gloria di Dio e della grande visione beatifica.
Oggi la Chiesa ci invita a venerarli tutti in un'unica celebrazione, perché nessuno di essi venga da noi trascurato e perché si riconosca in codesti personaggi la varietà dei doni del Signore e degli innumerevoli carismi e talenti che hanno sempre edificato e sostenuto la Chiesa. La compagine dei numerosi santi ci ragguaglia infatti della figura di missionari, di contemplativi, di studiosi, di uomini e donne dediti alla carità, eremiti, speculativi teologi, mistici, operatori sociali... Tutti incarnando ciascuno un aspetto dell'unico Sano per eccellenza, Cristo Signore, che a sua volta è Il Perfetto come il Padre.
Il termine "santo" significa "riservato", consacrato e insignito di particolare appartenenza a Dio. E appunto il Santo Gesù Cristo chiama anche noi tutti all'acquisto della medesima gloria per mezzo della condotta pura e integerrima: "Ad immagine del Santo chi vi ha chiamati, siate Santi anche voi in tutta la vostra condotta"(1Pt 1, 15). Siamo invitati a fuggire le aberrazioni e la peccaminosità del tempo presente per vivere l'eroismo della perfezione e guadagnare l'eternità. Siamo chiamati a costruire un sistema di vita congro corrente oggi e quaggiù, per poter viverne i frutti domani e lassù. Siamo chiamati a non accontentarci della mediocrità e del conformismo fin troppo facile alla realtà effimera e caduca, ma a valicare le frontiere per andare oltre ciò che costituisce il nostro ordinario e a vivere l'eroismo del "di più" rispetto agli altri.
Siamo insomma invitati a partecipare della immensa qualità di gloria del Signore Gesù, rendendoci conformi a lui e alla sua "immagine". Siamo chiamati tutti, per vocazione, ad essere santi, cioè perfetti e consacrati.
Anche per noi si ravviva la speranza di poter raggiungere la medesima patria nei cieli dove sono giunti questi nostri fratelli e siamo sollecitati dal fascino del Signore Gesù Cristo, della sua figura, del suo stile di vita e del suo messaggio. La conformità a Cristo è garanzia di acquisto della santità e per ciò stesso anche della salvezza. L'esempio e la virtù dei "santi" che veneriamo ci sono di ulteriore sprone e ci sollecitano a rivalutare il meglio di noi stessi, a mettere a frutto ciascuno le proprie risorse, a vivere ciascuno secondo la sua vocazione specifica per costruire al presente la realtà del Regno e per goderne la bellezza dei frutti nell'eternità.