Omelia (01-11-2024) |
don Lucio D'Abbraccio |
La santità non è per pochi eletti ma per tutti! La festa odierna ci fa celebrare le meraviglie che Dio ha operato nella vita dei Santi e soprattutto ci fa comprendere che seguire Cristo e il suo Vangelo pienamente è possibile. Per un cristiano, seguire Cristo e fare la volontà del Padre è fonte di gioia. I Santi, nonostante le loro fragilità e debolezze, hanno cercato, durante il loro pellegrinaggio terreno, di vivere ogni giorno il Vangelo e, come Gesù stesso ci ha insegnato, a fare la volontà di Dio. Vivere ogni giorno la Parola del Signore e fare la sua volontà è fonte di gioia. Nell'antifona d'ingresso si legge: «Rallegriamoci tutti nel Signore, in questa solennità di tutti i Santi». Ebbene sì! Tutti dobbiamo rallegrarci nel Signore perché questa è una gioia schietta, limpida, corroborante, quale quella di chi si ritrova in una grande famiglia dove sa di affondare le proprie radici e da cui trarre la linfa della propria vitalità e della propria stessa identità spirituale. La prima lettura, tratta dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo, ci trasporta, in termini fortemente immaginosi, nel mezzo della corte celeste, «in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello», in un contesto di straripante esultanza e di vasti orizzonti. Qui incontriamo «una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». Ed e già questo un dato consolante, che dà respiro alla nostra anima, poiché ci viene assicurato che siamo in molti a far festa. Quando un giorno un tale chiese a Gesù: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», egli non rispose direttamente; tuttavia, pur ricordando la necessità di «entrare per la porta stretta», proseguì: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (cf Lc 12,23-24.29). Ebbene, noi oggi siamo immersi col nostro spirito tra questa innumerevole folla di Santi, di salvati, i quali, a partire dal «giusto Abele» (cf Mt 23,35), fino a chi forse in questo momento sta morendo in qualche parte del mondo, ci fanno corona, ci fanno coraggio, e cantano tutti insieme un poderoso coro di gloria a colui, che i salmisti chiamano a ragione «il Dio della mia salvezza» (cf Sal 25,5) e «il Dio della mia gioiosa esultanza» (cf Sal 43,4). In effetti, in questo giorno, in cui viviamo con particolare accentuazione la vivificante realtà della comunione dei Santi, dobbiamo tenere fermamente presente che all'inizio, alla base, al centro di questa comunione c'è Dio stesso, che non solo ci chiama alla santità, ma pure e soprattutto magnanimamente ce la dona nel sangue di Cristo, vincendo così i nostri peccati. Ecco perché i Santi dell'Apocalisse - annota l'apostolo Giovanni - «gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all'Agnello"», e poi «si inchinano con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: "Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen"». Anche noi dobbiamo sempre cantare al Signore un inno di gratitudine e di adorazione, come fece Maria col suo "Magnificat", per riconoscere e proclamare gaudiosamente la magnificenza e la bontà del «Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce... e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore» (cf Col 1,12-13). La festa di tutti i Santi, perciò, ci invita anche a non ripiegarci mai su noi stessi, ma a guardare al Signore per essere raggianti (cf. Sal 34,6); a non considerare le nostre povere virtù, ma la grazia di Dio che sempre ci confonde (cf Lc 19,5-6); a non presumere delle nostre forze, ma a confidare filialmente in colui che ci ha amati quando ancora eravamo peccatori (cf. Rm 5,8); ed anche a non stancarci mai di operare il bene, perché in ogni caso la nostra santificazione è «volontà di Dio» (cf 1Ts 4,3). Il racconto evangelico, invece, ci ricorda un aspetto essenziale della nostra identità cristiana e del costitutivo della santità. Le beatitudini pronunciate così solennemente da Gesù si collocano, da una parte, in antitesi con alcuni valori che sono invece onorati dal mondo e, dall'altra, nella prospettiva di una sorte futura e definitiva, in cui le situazioni vengono ribaltate. Esse stanno o cadono tutte insieme; non se ne può estrarre una sola e coltivarla a scapito delle altre. Tutti i Santi sono sempre stati e sono contemporaneamente, anche se in varia misura, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati a causa del Vangelo. E così dobbiamo essere anche noi. In più, sulla base di questa pagina evangelica, è evidente che la beatitudine cristiana, come sinonimo di santità, non è disgiunta da una componente di sofferenza o almeno di difficoltà: non è facile essere o voler essere poveri, miti, puri; né si vorrebbe essere perseguitati, neppure per causa della giustizia. Ma il regno dei cieli è per gli anticonformisti (cf Rm 12,2), e valgono anche per noi le parole di san Pietro: «Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio, riposa su di voi» (cf 1Pt 4,14). Oggi molte persone si recano al cimitero per far visita ai loro cari defunti. Ebbene, questa visita ci invita a meditare anche sulla nostra sorte futura mentre ciascuno pensa ai propri cari, che già ci hanno preceduti nel segno della fede e dormono il sonno della pace. La seconda lettura biblica, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, si esprime così: «Noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato». C'è dunque uno scarto fra ciò che già siamo e ciò che ancora saremo, cioè, in un certo senso, tra ciò che siamo noi e ciò che già sono i nostri trapassati. Tra questi due poli si colloca la nostra attesa e la nostra speranza, che va ben oltre la morte, perché la considera soltanto come un passaggio per incontrare definitivamente il Signore e per essere «simili a lui, perché lo vedremo così come egli è». Tutti, allora, siamo chiamati alla santità. I Santi e le Sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, delle persone lontane, irraggiungibili. Assolutamente no! I Santi e le Sante sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra, hanno sperimentato la fatica quotidiana dell'esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino. Da ciò si comprende che la santità è un traguardo che non si può conseguire soltanto con le proprie forze, ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta a essa. Quindi la santità è dono e chiamata, è una vocazione comune di tutti noi cristiani. Impariamo dai Santi la forza della perseveranza, l'abbandono fiducioso alla volontà di Dio, la docilità all'azione dello Spirito Santo. Un gigante della santità, san Giovanni Bosco, a chi gli domandava le regole per diventare santo rispondeva: «essere sempre allegri; confessione, comunione eucaristica e preghiera; fare bene il proprio dovere, aiutare gli altri». Chiediamo a Maria, Regina di tutti i Santi, affinché ci aiuti a fare nostri questi suggerimenti e a non stancarci di invocare i Santi, nostri amici in cielo. Amen! |