Omelia (03-11-2024)
don Alberto Brignoli
Meno olocausti e sacrifici, e più amore

Spesso sento dire, da gente lontana dalla Chiesa e dalla pratica religiosa, frasi di questo tipo: "Perché mai devo andare in chiesa? Fare del bene agli altri vale molto di più, di fronte a Dio. E se il "modello" sono quei cristiani tutto "casa e chiesa" che poi quando escono dalla messa domenicale si comportano in maniera poco cristiana e anche poco umana verso i loro simili, beh... allora è proprio meglio evitare di seguire il loro esempio!".
Non v'è ombra di dubbio che, la stragrande maggioranza delle volte, affermazioni di questo tipo sono vere e proprie giustificazioni al fatto che non si vuole mantenere una pratica religiosa per pigrizia o per mancanza di fede, e allora qualsiasi scusa è buona. Tra l'altro, è facile giudicare gli altri per qualche loro comportamento non esemplare, per cui un credente è facilmente attaccabile sul suo comportamento, così come del resto anche chi non crede. Bisogna tuttavia ammettere che, come cristiani, simili affermazioni, a volte basate veramente su evidenti fatti di incoerenza da parte nostra, ci interpellano e non ci possono lasciare indifferenti.
E credo che la questione fondamentale sollevata dal Vangelo di oggi sia proprio questa: quella del rapporto tra fede e vita, tra pratica religiosa e comportamento, tra il Credo professato a parole e il Credo vissuto nella carità: in definitiva, come ci ricorda Gesù nel Vangelo, tra il "primo" e il "secondo" comandamento di una fede che era già la fede dell'Antico Israele, ovvero l'amore dovuto a Dio "con tutto noi stessi" e l'amore dovuto al prossimo "come a noi stessi", che rappresentano le due facce di un'unica medaglia, quella fatta del metallo più prezioso che abbiamo a disposizione, l'amore, appunto. E se amore a Dio e amore ai fratelli sono, di fatto, la stessa cosa, separarli o non viverli insieme e in maniera coerente rappresenta una frattura, rappresenta la fine dell'amore stesso.
Purtroppo, però, non parliamo di cose campate in aria o di discorsi puramente teorici: la rottura tra fede e vita, tra fede e amore, è un pericolo sempre in agguato nel nostro cammino dietro al Maestro; e per evitarlo dobbiamo attuare non pochi sforzi, a partire dalle piccole cose di ogni giorno.
Se riteniamo, infatti, che la nostra coscienza di credenti possa sentirsi a posto perché partecipiamo alla Messa domenicale e ai principali momenti liturgici della nostra fede (quegli "olocausti e sacrifici" del Vangelo di oggi), ma poi il nostro atteggiamento verso i nostri fratelli è fatto di giudizi e di pregiudizi, di critiche gratuite, di maldicenze, se non addirittura di calunnie, di condanne sommarie, di fenomeni di esclusione del diverso e addirittura di vero e proprio razzismo, beh... allora è proprio il caso di dire che come cristiani non ci siamo!
Se partecipare a pellegrinaggi verso luoghi spiritualmente suggestivi, con la più grande e intensa devozione possibile, diventa per noi - come è giusto che sia - un momento di forte ricarica spirituale, ma poi il nostro modo di gestire le risorse, l'economia, il salario dei nostri operai, i soldi pubblici e le cose di tutti va da tutt'altra parte rispetto a un'etica profondamente cristiana, c'è qualcosa che non funziona...
Se con la bocca professiamo che "Gesù è il Signore", e magari lo cantiamo e preghiamo con intensità nell'assemblea domenicale, ma poi tornando a casa con la stessa bocca riempiamo di ingiurie la moglie perché è sempre nervosa, il marito perché disordinato, i figli perché non capiscono niente, i genitori anziani che non vediamo l'ora di mettere in qualche struttura perché ci danno fastidio, i colleghi antipatici che ci impediscono di far bene il nostro lavoro, e mettiamoci dentro chiunque ci capiti a tiro tra coloro che non ci vanno a genio, allora è abbastanza evidente che il nostro collegamento tra amore a Dio e amore ai fratelli sia proprio un po' da rivedere...
Per non parlare poi delle questioni di "macro etica", ovvero dei comportamenti di cristiani (o presunti tali) messi in atto su scala pubblica, in ambito civile, sociale e politico; quei comportamenti per i quali da una parte - magari anche in nome di Dio e della nostra fede -si porta sviluppo e promozione umana a favore di molti popoli della terra colpiti da povertà di ogni tipo, e poi non si è capaci - ma sarebbe meglio dire "non si vuole" - prendere le distanze in maniera forte e profetica dalle azioni militari e dal traffico di armi delle grandi potenze economiche che portano a quelle stesse popolazioni l'esatto opposto dell'amore e della carità! Oppure tutte quelle battaglie per la difesa dei valori della nostra tradizione cristiana fatte da cristiani che l'ultima volta che li hai visti in chiesa è stato il giorno della loro Cresima, mentre sono i primi a farsi il segno di croce davanti a una telecamera... alla faccia della coerenza!
E badate bene che queste non sono affermazioni semplicistiche e scontate che lasciano il tempo che trovano: qui di semplicistico c'è solo il nostro atteggiamento di cristiani "all'acqua di rose", capacissimi a conformarci con quelle due o tre cosette "di chiesa" fatte per sentirci a posto in coscienza! Non basta! Se allo scriba che nel Vangelo arriva a fare questa bellissima affermazione: "Amare Dio...e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e sacrifici", Gesù risponde con una frase lapidaria: "Non sei lontano dal Regno di Dio", cosa direbbe il Maestro oggi a noi, cristiani che ci lamentiamo delle chiese vuote, ma non ci interroghiamo affatto sul perché siamo diventati così poco credibili agli occhi del mondo?
Vogliamo anche noi ritornare ad avvicinarci al Regno di Dio e a riscoprire la nostra fede? Ripartiamo da qui, visto che amare i fratelli così come diciamo di amare Dio è qualcosa che tutti, ma veramente tutti, siamo in grado di poter fare!