Omelia (15-11-2024) |
Casa di Preghiera San Biagio FMA |
Commento su 2Gv 1,3-9 Come vivere questa Parola? La liturgia di oggi ci propone la seconda lettera di S. Giovanni apostolo. L'autore è un certo "presbitero", identificato nella figura dell'evangelista Giovanni che scrive ad una certa "Signora eletta", probabilmente ai credenti di una comunità cristiana dell'Asia Minore. Più che di una lettera vera e propria, si tratta di una breve missiva, poco più di un biglietto, che vuole donare la raccomandazione più calda e fervente dell'apostolo a mettere in pratica il comandamento dell'amore: l'amore di Dio Padre, l'amore di Gesù Crocifisso, che l'uomo deve nutrire in se stesso e irradiare nella comunità dei propri fratelli nella fede, nella pacifica convivenza dei popoli. Questo è il distintivo del credente. Al termine della nostra vita saremo giudicati sull'amore, sul nostro servizio dei fratelli. Amare significa uscire da sé, distaccarsi dalle proprie sicurezze umane, dalle comodità mondane, per aprirsi agli altri, specialmente a chi ha più bisogno; significa mettersi a disposizione dei fratelli e sorelle, con ciò che siamo e ciò che abbiamo. Questo vuol dire amare, come cita sempre l'apostolo Giovanni, non a parole ma con i fatti e nella verità (1GV 3,18). Serve però attenzione alla presenza dei "seduttori", "i quali non confessano che Gesù Cristo è venuto nella carne": questi sono gli "anticristo". Amare Cristo significa, inoltre, dire di no ad altri ‘amori' che il mondo ci propone: amore per il denaro, per il successo, la vanità, per il potere. Queste strade ingannevoli ci allontanano dall'amore del Signore e ci portano a diventare talvolta egoisti, narcisisti e prepotenti. Amare come ci ama il Signore vuol dire apprezzare la persona che ci sta accanto e rispettare la sua libertà, amarla così com'è, gratuitamente.
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