Omelia (10-11-2024) |
don Andrea Varliero |
Non il poco o il tanto, ma il tutto Io, Gesù, ho imparato: la vita mi ha insegnato l'alfabeto di Dio. Tra tutti, tra religiosi e discepoli, tra farisei e apostoli che mi hanno tirato il mantello per sedere ai primi posti, tra rinnegamento e tradimento, tra folla e solitudine, ho imparato soprattutto dalle donne. Sono loro ad avermi dato la possibilità di andare fino in fondo, loro mi hanno aperto orizzonti infiniti, loro mi hanno compreso capace di arrivare fino al volto inaudito del Padre, fino alla Croce. Senza di loro non sarei riuscito, senza di loro non mi sarei compreso pienamente, né come uomo, né come fratello, né come figlio, né come sposo dell'umanità, né come Gesù Cristo. Quando ho incontrato quella donna anziana con perdite di sangue, proprio lei mi ha indicato che sono io lo Sposo e la cura. Quando mi ha guardato in volto quella donna straniera dalla voce insistente, con il cuore colmo di coraggio e di dolore per la figlia malata, lei mi ha indicato il mondo di fuori, che io sono oltre il confine, abbraccio per tutti i popoli. Quando, senza guardarmi negli occhi, quella donna, entrata furtiva nella sala, ha versato sui miei piedi il profumo e lo spreco; quando, scandalizzando tutti attorno, mi ha asciugato i piedi con i suoi capelli, lei mi ha consacrato Messia, profumo di Dio. E oggi, in questo martedì della Settimana Santa, a due giorni dalla Pasqua, appena entrato in questo mercato che è il Tempio, dopo che ho messo in guardia di fare attenzione alla maschera che abita dentro di noi, davanti alla stanza del tesoro, dove si gioca il rapporto con Dio e il soldo, è questa vedova a indicarmi il senso. Tutti gettano, tutti donano qualcosa a Dio, poco o tanto: perché lo fanno? Forse per essere ammirati, forse per essere visti, forse perché portano nel cuore l'intima pretesa di comperarsi anche Lui. Guadagnarsi la sua fortuna, ottenere la sua salute, che si dimentichi di noi e ci lasci in pace, meritarci qualcosa, non si sa mai. Quando mormoro nel mio cuore: «Che male ho fatto per meritarmi tutto questo da Te», quando ho l'intima pretesa di essermi «guadagnato» il riconoscimento e la felicità, sto ripetendo quello stesso gesto di tutti: compro qualcosa, getto qualcosa, dono qualcosa. In questo mondo di apparenze, in questo mondo in cui il vestito, la piazza, il primo posto nell'assemblea, dove anche il più intimo gesto come la preghiera rischia di divenire uno straordinario palcoscenico, in questo mondo di Narcisi allo specchio, osservate lei. Nessuno l'ha notata, nessuno ha posto attenzione a quella vedova, ultima tra gli ultimi. Tredici casse delle offerte, tutto gridato a voce alta, tutto amplificato, tutto esasperato, ieri come oggi. Tra tutti, lei è stata gesto fondamentale: tutti hanno gettato qualcosa, hanno donato qualcosa, sono stati generosi, anche di molto. Lei no, lei non ha gettato qualcosa: lei ha gettato tutto, lei ha donato tutta l'intera sua vita. Tra tutti, unicamente questa vedova ha donato tutto, si è affidata completamente, è arrivata al punto più bello, sincero e autentico del Vangelo. Ha amato fino in fondo, è andata laddove nessuno di noi ha il coraggio di arrivare, fino al dono. Abbiamo bisogno sempre di un'uscita di sicurezza, ci sembra di aver dato abbastanza, abbiamo paura di lasciarci coinvolgere fino in fondo: lei no, ha scritto con un gesto da poco l'alfabeto del dono totale. Lei, senza dire una parola, ha vissuto il gesto immenso, il miracolo più straordinario di tutto il vangelo, l'insegnamento più forte, la parabola più vera: l'icona dell'autentico dono, il simbolo della gratuità e della follia dell'amore. È così che imparato la via della Croce: grazie a questa donna ho imparato il dono, ho avuto la forza e il coraggio di entrare nel dono della Pasqua, di affidarmi completamente a Dio. Quel gesto dichiara: ti amo Signore, non ho paura di perdermi. Ripete, come gli anziani di casa nostra: sono nelle tue mani, ti voglio bene. C'è un mondo di discrezione, il nascondimento e di totalità in lei, che porto con me. Così termina il Vangelo, questo è l'ultimo gesto di tutto il Vangelo di Marco; domani parlerò in parabole, sulla fine dei tempi: non addormentatevi mai; giovedì entrerò nella Passione, nel dono. L'intero vangelo, tutta la lieta notizia, l'ho imparata da questa povera vedova, donna senza nome né volto. Il dono più bello, il dono di amare senza se e senza ma, amare senza pretese, amare in perdita. Se tu mi chiedi in questa vita cosa ho fatto, io ti rispondo ho amato, ho amato tutto. Grazie, donna, che mi parli di Dio: non il poco o il tanto, ma il tutto. |