Omelia (10-11-2024)
don Antonino Sgrò
Il Signore guarda il cuore

Gesù è un Maestro che ama insegnare la verità di Dio e dell'uomo, senza mai rinunciare ad essa, specialmente quando viene mistificata da coloro che dovrebbero custodirla e manifestarla. È questo l'attentato peggiore alla verità, lo scandalo prodotto da chi, per il ruolo religioso o civile che ricopre, la rende inaccessibile a molti, indicando una via diversa o del tutto opposta. In questi casi, i primi ad essere ingannati sono proprio coloro che hanno tradito la verità, perché lontano da essa c'è solo l'illusione di stare bene. Qual è l'illusione degli scribi, oggetto dell'invettiva di Gesù? Quella di fondare l'esistenza sullo sguardo ammirato degli altri verso la loro vita e non sullo sguardo di Dio. Se vivi per essere visto, quando qualcuno non ti noterà, morirai. E come fai a non curarti di ciò che il Signore può pensare di te? E come puoi perennemente fuggire da te stesso per evitare di ascoltare la voce della coscienza che inevitabilmente ti ricorda la grande menzogna che stai perpetuando? Eppure per gli scribi è più forte il bisogno di ricevere scampoli di gloria mondana, facilmente conseguibile considerato il loro ruolo di guide della vita religiosa e arbitri di quella civile del popolo. «Guardatevi», dice Gesù, ossia non credete alla sincerità del loro cuore, ma anche non pensate di imitarli, perché il rischio maggiore è cercare di risollevarsi da una situazione di minorità assumendo lo stesso stile ingannevole di chi sta in un posto superiore. Quanti poveri, diventati ricchi, hanno fatto peggio dei ricchi, e quanti rivoluzionari, giunti al potere, hanno agito più crudelmente dei dittatori! Gli scribi dovrebbero sapere che il Signore è il difensore delle vedove, invece è proprio su queste che si accanisce la bramosia, perché approfittano del loro bisogno per farsi pagare lauti compensi in cambio di consulenze giuridiche.
Il riferimento alle vedove costituisce la parola gancio per introdurre la seconda parte del racconto, la cui protagonista è proprio una vedova al tempio. Si trova di fronte alla sala del tesoro, in cui si aprivano tredici buche per le varie offerte. Secondo l'uso del tempo, il sacerdote doveva dichiarare ad alta voce l'entità del denaro, che veniva introdotto nell'apposita fessura e cadeva nella stanza sottostante attraverso una condotta metallica. Possiamo immaginare lo sguardo compiaciuto di chi versava somme importanti e sentiva risuonare il rumore delle monete lungo la tubazione. Anche qui si cerca lo sguardo dei presenti, ma quello di Gesù si posa su una povera vedeva. Solo Lui la coglie, perché solo Cristo nota il piccolo e quanto di grande si nasconde nel suo cuore. «Due monetine», mentre avrebbe potuto trattenere una, che rappresentano ‘tutta la sua vita'. Anche se altri hanno gettato di più, «hanno gettato parte del loro superfluo»; ella invece ha dato tutto, non ha pensato alla propria sopravvivenza, affidandosi completamente alla Provvidenza. Il Maestro attraverso l'esempio della vedova insegna che non importa la quantità data, ma il cuore che ci metti. Ricordo il cuore e la schiena ricurva che metteva un suora al Cottolengo perché le lenzuola dei malati fossero senza pieghe e non procurassero loro alcun fastidio: sembra nulla, ma senza cuore non cogli certi dettagli che fanno stare bene l'altro.
La domanda che spesso porta l'uomo ad essere autocentrato è: a me chi ci pensa? In mancanza, reale o presunta, di qualcuno che si prenda cura di lei, la gente crede di dover badare prima a se stessa e poi agli altri. La logica di Gesù è opposta e invita chi vuole seguirlo ad anteporre Dio e il prossimo al proprio bene. Ciò suppone l'accettazione di un vuoto momentaneo, perché per poter ricevere da Dio ti devi prima svuotare di ciò che ti appartiene, donandolo. Il problema è che tanti non sopportano i vuoti di beni o di affetti e li riempiono con le prime cianfrusaglie che trovano; la vita è così in balia della confusione o del nulla. Gesù addirittura sulla croce si svuota anche della percezione della presenza del Padre, consegnandosi totalmente a noi. Ecco perché la donna è qui figura di Cristo: entrambi si svuotano di tutto e danno la vita.
Meglio essere guardati dal Padre con uno sguardo eterno perché nel dono totale della vita ci siamo conformati al Figlio, che essere guardati dagli uomini ma subito dopo dimenticati perché, calati i riflettori di quel momento, siamo caduti nell'oblio. La vedova è anche figura della Chiesa, che dovrebbe scegliere sempre la povertà di risorse e stili e mai lasciarsi tentare da manie di ricchezza e potere.