Omelia (16-11-2024) |
Missionari della Via |
Commento su Luca 18,1-8 La parabola di oggi contiene un insegnamento importante: «La necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (v. 1). Dunque, non si tratta di pregare qualche volta, quando mi sento, quando mi va. No, Gesù dice che bisogna «pregare sempre, senza stancarsi». E porta l'esempio della vedova e del giudice. Da un lato abbiamo un giudice, che «non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno» (v. 2). Era dunque un giudice iniquo, che faceva i suoi interessi e non seguiva la legge. Dall'altra parte abbiamo una vedova, una donna che a quel tempo poteva essere facilmente calpestata, essendo sola e indifesa. Di fronte all'indifferenza del giudice, la vedova non si scoraggia, ma ricorre "all'arma dei piccoli": l'insistenza. Ella prega il giudice presentandogli ininterrottamente la sua richiesta di giustizia. E proprio con questa perseveranza raggiunge lo scopo. Il giudice, infatti, non la esaudisce per misericordia o per senso di giustizia, ma per togliersela di mezzo: «Dato che questa vedova mi dà fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi» (v. 5). Come ci ha fatto notare papa Francesco (Udienza del 25 maggio 2016): «Da questa parabola Gesù trae una duplice conclusione: se la vedova è riuscita a piegare il giudice disonesto con le sue richieste insistenti, quanto più Dio, che è Padre buono e giusto, «farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui»; e inoltre non «li farà aspettare a lungo», ma agirà «prontamente» (vv. 7-8). Per questo Gesù esorta a pregare "senza stancarsi". Tutti proviamo momenti di stanchezza e di scoraggiamento, soprattutto quando la nostra preghiera sembra inefficace. Ma Gesù ci assicura: a differenza del giudice disonesto, Dio esaudisce prontamente i suoi figli, anche se ciò non significa che lo faccia nei tempi e nei modi che noi vorremmo. La preghiera non è una bacchetta magica! Essa aiuta a conservare la fede in Dio, ad affidarci a Lui anche quando non ne comprendiamo la volontà. In questo, Gesù stesso - che pregava tanto! - ci è di esempio. La Lettera agli Ebrei ricorda che «nei giorni della sua vita terrena Egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (5,7). A prima vista questa affermazione sembra inverosimile, perché Gesù è morto in croce. Eppure la Lettera agli Ebrei non si sbaglia: Dio ha davvero salvato Gesù dalla morte dandogli su di essa completa vittoria, ma la via percorsa per ottenerla è passata attraverso la morte stessa! Il riferimento alla supplica che Dio ha esaudito rimanda alla preghiera di Gesù nel Getsemani. Assalito dall'angoscia incombente, Gesù prega il Padre che lo liberi dal calice amaro della passione, ma la sua preghiera è pervasa dalla fiducia nel Padre e si affida senza riserve alla sua volontà: «Però - dice Gesù - non come voglio io, ma come vuoi tu» (Mt 26,39). L'oggetto della preghiera passa in secondo piano; ciò che importa prima di tutto è la relazione con il Padre. Ecco cosa fa la preghiera: trasforma il desiderio e lo modella secondo la volontà di Dio, qualunque essa sia, perché chi prega aspira prima di tutto all'unione con Dio, che è Amore misericordioso. La parabola termina con una domanda: «Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (v. 8). E con questa domanda siamo tutti messi in guardia: non dobbiamo desistere dalla preghiera anche se non è corrisposta. E' la preghiera che conserva la fede, senza di essa la fede vacilla! [...] ed è nella preghiera che sperimentiamo la compassione di Dio, che come un Padre viene incontro ai suoi figli pieno di amore misericordioso». |