Omelia (17-11-2024)
Missionari della Via


Siamo quasi alla conclusione dell'anno liturgico e Gesù ci parla delle cose ultime, "escatologiche", relative alla fine. Chiariamoci: noi rischiamo di leggere questo Vangelo in modo catastrofista, come se il centro fosse una fantascientifica distruzione di tutto. Gesù invece mette l'accento sulla dimensione gloriosa, proprio per liberarci da questo affanno. Egli ci fa capire che quando tutto è sconvolto e sta per finire, proprio lì arriva Lui per fare qualcosa di meraviglioso!

Gesù nel Vangelo ci parla in primo luogo del compimento della sua vicenda personale: da una situazione di tribolazione, ovvero la sua passione e morte, si passa ad una meravigliosa novità, la sua risurrezione! Gli eventi descritti sono segno di un capovolgimento della sorte: è finito un mondo e se ne inaugura uno nuovo; è finito il mondo del male e della morte e inizia il mondo di Dio, il regno dell'amore! Teniamo conto che quando si parla di fine del mondo, noi pensiamo subito alla fine di tutto; ma nella Bibbia si ragiona con categorie diverse, più concrete. Spesso per fine del mondo si intende la fine di un mondo particolare, di una epoca precisa, di una cultura. Poi Gesù apre le nostre menti al compimento della storia e del cosmo intero, di cui non annuncia tanto la distruzione, quanto il compimento: alla fine dei tempi, quando tutto sta per distruggersi e finire, proprio lì si vedrà il Signore glorioso venire sulle nubi per fare una cosa meravigliosa: trasfigurare tutto il creato e renderlo eterno, separando definitivamente il bene dal male. Non parliamo, dunque, della fine del mondo, ma del fine del mondo! Questo ci riempie di gioia e non ci deresponsabilizza in un vago: "vabbè che poi c'è il paradiso". Al contrario, ci impegna nella responsabilità: sappiamo che il mondo di Dio è amore, giustizia, pace, libertà nella verità e che alla fine tutti i germogli di bene saranno portati a compimento da Lui; dobbiamo dunque impegnarci per costruire ogni giorno un pezzetto di cielo in noi e fuori di noi!

Questo ci dice qualcosa di importante anche per la nostra esperienza quotidiana di Dio. Si è parlato di un tempo di tribolazione che porta al venir meno del sole e della luna: nella creazione questi astri sono posti da Dio per regolare il giorno e la notte; erano l'orologio degli antichi e rappresentano i punti di riferimento sicuri nella vita. Quando non c'è più il sole vuol dire che il tempo sta finendo, che i punti di riferimento stanno venendo meno. Quante volte proprio quei momenti di tribolazione in cui sembra crollare tutto, in cui quelle cose che per noi erano fondamentali vengono meno, sono le nostre grandi occasioni per incontrare il Signore che ci viene incontro e far esperienza di Lui! La tribolazione può essere un luogo dove crollano le false certezze, dove uno inizia a chiedersi cosa vale e cosa no, dando più importanza a cose prima ritenute banali e viceversa. Dobbiamo imparare l'arte di valorizzare le situazioni della vita, guardando a ogni cosa come a un nuovo punto di partenza: questo è vivere in uno stato pasquale, in cui si va alla novità, al compimento, anche attraverso rinunce e perdite che sono in realtà distacchi da qualcosa per passare a qualcosa di più grande: al Padre e al suo infinito amore. È vero dunque: «Cielo e terra passeranno». Quando la vita viene toccata e tutto traballa, io devo sapere a chi guardare, chi c'è dietro a tutto, chi è l'unico che resta, che è eterno, che mi sa parlare davvero, le cui parole non passano. Tutto passa, solo Dio resta! Dunque: cosa conta davvero? Conta avere una relazione vera con Lui, il solo che ci dà l'eternità, che è più importante del sole, della luna, dei nostri progetti. Ricordiamolo: Dio ha sempre qualcosa di più grande da darci. Il problema non è se le cose finiscono, ma se stiamo passando alle cose nuove ed eterne!

PREGHIERA

Signore, spalanca le porte del mio cuore e infondi in me la tua gioia e la tua speranza.