Omelia (23-11-2024)
Missionari della Via


Il gruppo dei sadducei, uomini politicamente influenti, non credeva nella risurrezione; per dirla con una battuta, la religione serviva a vivere bene "nell'aldiqua" visto che per loro non c'era nessun "aldilà". Nell'assurdo caso esposto, presentano ironicamente la risurrezione come se fosse il semplice prosieguo di questa vita. Dalla risposta di Gesù prendiamo due punti. Primo: la risurrezione dei morti è tutt'altra cosa: appartiene ad un ordine totalmente nuovo, impossibile da immaginare perché di un'altra categoria. Nel mondo futuro non ci saranno più né moglie né marito, perché il matrimonio è una realtà meravigliosa relativa a questo mondo, via di santificazione per la felicità dei coniugi e la procreazione dei figli. Uniti a Gesù, la vita eterna sarà una vita piena, beata, che non conoscerà più né lutto né affanni né sofferenza e la felicità eterna sarà fatta di amore vero, quello che bramiamo in questa vita.

Secondo: che la risurrezione esista e che in Dio ci riconosceremo tutti lo testimonia Dio stesso! Nell'episodio del roveto ardente, Dio si rivela a Mosè come il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che erano già tutti morti. Ma se dopo la morte non esistessero più, che senso avrebbe che Mosè presenti Dio come il loro Dio? Per questo Gesù ricorda: Dio è il Dio dei vivi, non dei morti. Che bello: in Dio ci riconosceremo. Ricorderemo chi siamo stati gli uni per gli altri, riconosceremo senza ombra di invidia i pregi e i meriti degli altri, il ruolo che hanno avuto per la nostra salvezza (chissà a quante persone diremo grazie per le loro preghiere e sacrifici per noi!), vedremo la divina bellezza nascosta che c'era negli altri. Questa è la nostra fede: la fede nel Dio dei vivi, non nel Dio dei morti. La fede nel Dio che per amor nostro si è fatto uomo per vincere la morte e proporre anche a noi, nella fede in Lui, la stessa vittoria: «io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Che il Signore illumini i nostri cuori e ricolmi di speranza soprattutto coloro che stanno attraversando il dolore del lutto, perché possano ritrovare in Lui, Signore della vita, consolazione e pace.

Ritagliamoci un momento formativo, attingendo dal Catechismo della Chiesa Cattolica
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1002 Se è vero che Cristo ci risusciterà «nell'ultimo giorno», è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d'ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla risurrezione di Cristo.

1003 I credenti, uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipano già realmente alla vita celeste di Cristo risorto, ma questa vita rimane «nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3). Nutriti del suo Corpo nell'Eucaristia, apparteniamo già al corpo di Cristo. Quando risusciteremo nell'ultimo giorno «allora» saremo anche noi «manifestati con lui nella gloria» (Col 3,4).

1006 «In faccia alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo». Per un verso la morte corporale è naturale, ma per la fede essa in realtà è «salario del peccato» (Rm 6,23). E per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua risurrezione.

1007 La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della vita. Questo aspetto della morte comporta un'urgenza per le nostre vite: infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza.

1008 La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura e della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell'uomo. Sebbene l'uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato.

1009 La morte è trasformata da Cristo. Anche Gesù, il Figlio di Dio, ha subìto la morte, propria della condizione umana. Ma, malgrado la sua angoscia di fronte ad essa, egli la assunse in un atto di totale e libera sottomissione alla volontà del Padre suo. L'obbedienza di Gesù ha trasformato la maledizione della morte in benedizione.

Il senso della morte cristiana

1010 Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). «Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui» (2 Tm 2,11). Qui sta la novità essenziale della morte cristiana: mediante il Battesimo, il cristiano è già sacramentalmente «morto con Cristo», per vivere di una vita nuova; e se noi moriamo nella grazia di Cristo, la morte fisica consuma questo «morire con Cristo» e compie così la nostra incorporazione a lui nel suo atto redentore.

1011 Nella morte, Dio chiama a sé l'uomo. Per questo il cristiano può provare nei riguardi della morte un desiderio simile a quello di san Paolo: «il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo» (Fil 1,23); e può trasformare la sua propria morte in un atto di obbedienza e di amore verso il Padre, sull'esempio di Cristo.

1012 La visione cristiana della morte è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel cielo».

1013 La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è «finito l'unico corso della nostra vita terrena», noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. «È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta» (Eb 9,27). Non c'è «reincarnazione» dopo la morte.

1014 La Chiesa ci incoraggia a prepararci all'ora della nostra morte («Dalla morte improvvisa, liberaci, Signore»: antiche Litanie dei santi), a chiedere alla Madre di Dio di intercedere per noi «nell'ora della nostra morte» («Ave Maria») e ad affidarci a san Giuseppe, patrono della buona morte. «Laudato si', mi' Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullo homo vivente pò skappare. Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda nol farà male» (San Francesco).