Omelia (17-11-2024) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Oggi e quaggiù, per domani lassù Argomenti abbastanza complessi ci sta proponendo la liturgia di oggi, che si concentra su pagine catastrofiche e di natura apocalittica. Parlando con Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea mentre si stava ammirando la struttura architettonica del tempio di Gerusalemme, Gesù infatti inizia a parlare della futura distruzione dello stesso tempio del quale "non rimarrà pietra su pietra"(Mc 13, 1- 4), delineando ai suoi interlocutori una serie di eventi catastrofici quali l'avvento di falsi profeti, l'incedere di terremoti e altri eventi cosmici e la persecuzione ostinata dei credenti in Cristo. Quanto alla fine del tempio, essa effettivamente avverrà nel 70 d. C, accompagnata dalla persecuzione dei cristiani ad opera di Nerone; si tratta quindi di una profezia storica, collocata in un determinato periodo, ma essa allude anche ai "tempi ultimi", quando la nostra storia presente avrà un epilogo e una fine. Il venir meno degli elementi grandiosi della creazione, come il cedere delle stelle e della luna, che sono sempre stati ben visibili all'uomo che ne ha fatto sempre uso per se stesso, accompagneranno il procedere di questo epilogo finale. Anche Daniele annuncia un evento storico nel cap 12 del suo libro, con la venuta del "principe" Michele. Si riferisce infatti alla giustizia di Dio contro coloro che avevano oppresso e conculcato i Giudei, come il terribile Antioco IV Epifane e i vari regni di Persia e di Egitto. Vi è stata insomma una "grande tribolazione" per il popolo di Dio, simboleggiata con 1290 giorni, ma finalmente essa si tramuterà nella giustizia e nella gioia per il popolo assediato. Ciò nondimeno, i versi di Daniele annunciano anche i tempi del giudizio finale divino, quando il "principe" darà a ciascuno secondo i suoi meriti e vi darà la resurrezione finale per i santi, che torneranno alla vita per un giudizio di gloria e per i reprobi, che saranno definitivamente distrutti. Anche Daniele preannuncia quindi il "figlio dell'Uomo" Gesù Cristo, che al suo ritorno raccoglierà attorno a sé gli uomini dispersi. Seppure il linguaggio di queste pagine si mostri terrificante, il suo messaggio invita alla fiducia e alla speranza: ci sarà infatti una fine per il male che attualmente opprime gli uomini, una ricompensa finale per coloro che si saranno mantenuti fedeli e una retribuzione definitiva degli empi. Il giudizio finale non cambierà le sorti di quel giudizio particolare che avremo ricevuto già al momento della morte (Paradiso, inferno, purgatorio) ma indicherà il trionfo definitivo e universale di Dio e della sua giustizia, riaffermando il valore di ciò che era stato costituito come sano e genuino e che l'umanità ha voluto distruggere. A giudicare l'uomo sarà il Dio che in Gesù Cristo è stato giudicato dall'uomo. Se l'uomo gli ha usato persecuzione, ingiuria e maldicenza, lui ha usato all'uomo amore e misericordia nell'assistenza degli oppressi, dei poveri e degli ammalati. Se l'uomo a giudicato Gesù con ostinata cattiveria fino alla morte, lo stesso Gesù al momento finale ci giudicherà non senza l'amore e la misericordia e quello che realizzeremo sarà semplicemente un incontro, un'esperienza di gioia e di gloria, sempre che noi non abbiamo voluto preferire la severità del giudizio per esserci ostinati al male e al peccato. L'incontro finale con Gesù non può che essere nel segno della misericordia, avendoci egli usato misericordia all'estremo, fino ad escludere ogni misericordia per sè. Gesù per amore si è fatto uomo, sempre nell'amore ci ha accompagnati e sostenuti, per amore ci ha riscattati dal peccato e ci ha elevati a figli di Dio. La misericordia e la bontà sono gli elementi di grazia di cui usufruiamo al presente, mentre lui è con noi tutti i giorni. Incontreremo insomma il Cristo che abbiamo già incontrato al presente, quale fautore di riscatto dai peccati. Ora lo vediamo in maniera confusa, come attraverso uno specchio (1Cor 13, 12); alla fine dei tempi lo vedremo invece nel massimo del suo fulgore e della sua trasparenza. Al presente esercitiamo la fede e coltiviamo la speranza; domani vedremo Lui così come egli è. Saremo sottoposti certamente a un giudizio, ma non verrà omessa la misericordia da parte di colui che nella Croce ci ha usato misericordia e a cadere nella condanna saranno tutti coloro che semplicemente si saranno autoesclusi dall'amore e dalla sua misericordia. Dio giudicherà i vivi e i morti e ciascuno raccoglierà secondo la vita che avrà condotto su questa terra. Vi saranno fra gli uomini coloro che avranno perseverato nel bene e saranno salvati definitivamente regnando per sempre con Cristo; altri che avranno preferito il male al bene avranno firmato la propria condanna in eterno. Resta fermo che il Cristo del tempo finale non sarà un Dio vendicativo, ma il fautore della misericordia che ha dato luce al riscatto e alla salvezza. L'attesa del giudizio finale quindi non ci incute timore e non costringe nessuno a vivere nell'apprensione e nello sgomento; piuttosto dovrebbe rincuorarci a vivere in pienezza il tempo presente consapevoli che lo stesso Signore Risorto è presente già adesso in mezzo a noi, in una forma certamente misteriosa, ma pur sempre certa ed effettiva. Siamo esortati a rinnovare di giorno in giorno il dono della fede e a motivare sempre più la speranza affinché possiamo farci forte di questa presenza operando oggi nella prospettiva del domani. Siamo chiamati ad esercitare la creatività e l'abnegazione per costruire già al presente la nostra storia, senza perdere la speranza nella constatazione del male e dell'orrore che tendono a deviarci, vincendo il male con l'arma del bene e realizzando una società e un modo pacifico per una pacifica convivenza già nell'oggi, prima ancora che in vista della fine. La vita presente in rapporto al futuro del giudizio è nel segno della speranza, dell'apertura e della fiducia che nel Signore Risorto è possibile costruire ciò che sarà ben pronto e innalzato nell'incontro finale e di cui intanto avremo goduto al presente in una vita migliore. Lavorare oggi per non dover arrossire domani (S. Giovanni Boso) |